Tota: vi spiego come è nato “Senzacera”

Il 29 gennaio esce per Grifo Dischi “SENZACERA”, primo album da solista di TOTA. Uno tra i nomi più interessanti della giovane scena indipendente. Il titolo dell’album racchiude la sintesi dell’iter artistico che ha condotto Tommaso a questo disco.

Si è presentato al pubblico con dei live voce e chitarra ripresi nella sua cameretta a Bologna. Pubblicando le prime canzoni su Instagram e YouTube, senza molte pretese; per poi portarle live arrivando all’apertura di nomi come Gazzelle, Carl Brave x Franco126, Galeffi, Mudimbi e Cimini. Date in tutta Italia, da Milano a Roma, con il suo primo concerto da main artist a Bologna.

Cielocasa” è la sua prima uscita su Spotify: una raccolta delle sue canzoni più ascoltate su YouTube più qualche inedito, completamente chitarra e voce. Da questi brani si evince subito la sua attenzione nella scelta delle parole e delle rime più giuste, con una voce malinconica che parla delle sue esperienze vissute, dalla vita di studente universitario ai rapporti umani.

Da giugno 2018 entra a far parte della scuderia Grifo Dischi con cui inizia a lavorare al primo disco. A settembre esce Oggi non mi importa niente, primo singolo estratto. Il 29 gennaio esce SENZACERA, suo primo album.

Ciao Tota, partiamo dal titolo del tuo nuovo album in uscita il 29 Gennaio. Si chiama “Senzacera”, ti va di spiegarmi il perché?

Ciao a tutti e ciao a Le Rane. Già due anni fa mi ero detto che un mio ipotetico e futuro e impossibile album lo avrei chiamato Senzacera. È una parola che ho scoperto appunto due anni fa leggendo un libro e mi è subito rimasta impressa e mai avrei immaginato che questo album sarebbe diventato realtà, e invece eccoci qui.

Nell’antica Roma gli artisti usavano la cera per coprire gli errori delle loro sculture. La scultura era molto popolare e non tutti gli artisti erano di alta qualità, quindi quelli meno qualificati usavano versare la cera nelle crepe del marmo per nascondere i difetti. Gli artisti più abili non avevano bisogno di ricorrere alla cera e per assicurarsi che in giro si sapesse che le loro opere erano di qualità, le contrassegnavano con la dicitura “sine cera”. Quindi se una scultura era perfetta, si diceva che era senza cera, sincera.

Quindi è nata la parola Senzacera, tutto attaccato perché mi piaceva di più. Senzacera perché è così che vedo i miei personaggi, le persone che mi hanno girato intorno negli ultimi due anni. Le vedo perfette, nonostante tutto, nonostante tutto il male o il bene, le vedo finalmente libere di comportarsi con me come meglio credono. Ci sono anche personaggi e storie inventate da me. Perfetti anche loro. L’unico non perfetto alla fine sono io, completamente coperto di cera, ma senza tutta la cera che mi sento addosso forse non sarebbe mai nato questo disco.

Molte delle tue canzoni sono nate nella tua cameretta a Bologna. Quanto ti ha influenzato questa città e da cosa hai tratto maggiormente ispirazione?

Bologna è la città della mia vita. La città in cui ho amato, ho odiato e ho pensato, sbagliando, di amare. É dove ho vissuto per 5 anni e in cui ho pensato a giorni alterni che niente avesse senso e viceversa. É la città che ringrazio perché mi ha dato la chitarra, la musica, le persone, le parole e dopo un po’ mi ha anche insegnato che posso farcela benissimo da solo.

Sono otto traccie ed otto storie diverse. Se dovessi scegliere la traccia che maggiormente parla del mondo di Tota, quale sceglieresti?

Penso che “Oggi non mi importa niente” rappresenti la consapevolezza che ho raggiunto ora, o l’illusione della consapevolezza, non lo so e forse preferisco non saperlo. Penso di aver finalmente capito che vivere con il dubbio di qualsiasi cosa sia e debba essere una costante di tutto nella mia vita, perché deve essere così. Perché in fondo il continuo raggiungimento della felicità non è altro che un salto verso la successiva felicità, e così via, e così via ancora. In fondo a me della felicità non me ne importa niente, non ho proprio voglia di saltare per una cosa del genere, anche perché finora ha finito sempre per farmi più male di prima.

Mi piace molto conoscere la genesi delle canzoni. Parliamo di “Gennaio”, di cosa parla e cosa vuoi trasmettere a chi ti ascolta?

Gennaio è la prima canzone che ho scritto con la chitarra, tra il dicembre del 2015 e il gennaio del 2016, e ironia del destino verrà pubblicata proprio nel periodo in cui l’ho finita di scrivere due anni fa. Ero in un momento abbastanza strano e difficile, uscivo da una relazione lunghissima e in un modo inaspettato entravo direttamente in un’altra relazione. La canzone parla di questo, di trovarsi in mezzo a due fuochi e di non saperli gestire. Ma non saperli gestire proprio per niente.

Da una parte ero distrutto dalla fine della mia relazione storica, distrutto soprattutto per aver fatto male ad un’altra persona, e la cosa era accentuata perché ero consapevole di non poter fare a meno di farle così male, perché la mia vita chiedeva altro in quel momento, e dovevo pensare a me stesso, o almeno così sentivo. Dall’altra parte stavo entrando in qualcosa di completamente nuovo e che non avevo mai provato prima. Insomma alla fine il risultato era che non ci capivo niente e ho deciso di lasciare via la razionalità e fare quello che mi capitava, senza pensarci, anche se ora penso sia stato solamente un modo egoista per sfuggire alle mie responsabilità, un diversivo per non pensare se quello che stavo facendo fosse giusto o meno. Io facevo.

La canzone è questo, un lento processo di liberazione che termina con la frase finale ripetuta tre volte “e finalmente Bologna è più mia”, perché questo è quello che sentivo. A chi mi ascolta voglio solo raccontare delle cose, senza imporre niente, è semplicemente quello che ho vissuto io. In Gennaio c’è tutto, ci sono riferimenti a un rapporto sessuale, ci sono io che lascio e che vengo lasciato e che vengo preso in giro e ignorato e che per un attimo mi sento perso, ma perso bene.

Se non avessi fatto il cantautore, cosa saresti diventato?

Innanzitutto la parola “cantautore” la vedo come un oceano pieno di cose che ho sempre paura ad affibbiarmi. Ho paura di non esserne all’altezza e rispondo sempre che ci provo, faccio del mio meglio insomma. Inoltre sto terminando i miei studi universitari quindi diciamo che ho molte strade aperte. L’unica cosa che so è che le canzoni le scriverò sempre, non è ancora uscito il mio primo disco e in quest’ultimo mese ne ho praticamente già scritto un altro. Per ora mi godo il momento, i concerti e le canzoni, anche perché sarà la mia prima serie di concerti della mia vita, concerti seri e organizzati. Devo ancora scoprire se ne sarò all’altezza, vi farò sapere.

“Oggi non mi importa niente, voglio andare al mare. Forse ho visto troppa gente, non so più parlare. Poi la lavatrice è finita, meglio che stendo tutto prima che venga sera”, così canti in “Oggi non mi importa niente”, quarta traccia del disco. Racconta di uno spaccato di vita quotidiana, di una promessa…

Quella canzone parla di una serena rassegnazione. Una completa accettazione di essere semplicemente quello che sono, niente di meno ma soprattutto niente di più. Nel ritornello faccio anche una promessa, ma è una promessa che prende ancora più valore proprio perché non potrò mai realizzarla. Non riuscirò mai a farti vedere le stelle da vicino, non ne sono in grado, non ce la faccio. Però ci provo, questo te lo giuro, è la promessa in sé per sé che rende tutto più grande proprio per la sua natura di promessa. E in quando promessa rimane irraggiungibile, ma è bello dirlo.

In “Lacrimogeni” dici che “sognare è un privilegio”. Qual è il tuo sogno nel cassetto?

Il mio sogno, per quanto malato possa sembrare, è che i miei figli siano fieri delle mie canzoni, un giorno. Non so neanche se figli ne vorrò o ne avrò mai, ma ho questo pensiero che mi gira nella testa ogni tanto, di nascosto, e mi viene a trovare come fosse la cosa più bella che mi potrebbe capitare nella vita. Non so spiegarmelo neanche io, ma penso questo a volte.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Ho a malapena i progetti presenti, figuriamoci quelli futuri, per adesso mi godo le cose belle che mi sta dando la musica, e i concerti che ci saranno dopo l’uscita del disco. Mi godo le persone, e chiedo alla chitarra di non chiedermi mai il divorzio perché non saprei cosa fare ecco.

Un saluto per i lettori di Le Rane…

Ciao amici de Le Rane, è stato un piacere e ci vediamo il 29 Gennaio con l’uscita del disco. Se ci sentiremo ancora vuol dire che sarà andato tutto bene. A presto! Spero.

Foto in copertina di Marco Previdi

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