Cerchi Dio? È al concerto dei Florence + The Machine

Si sono appena consumate le due date italiane dei Florence + The Machine, a Bologna e Torino. Delle molte cose che ci sarebbero da dire, ce n’è intanto una su cui dovete fare fede come premessa se volete capire davvero quello che vi racconterò: quello che ho visto è molto di più di un concerto.

Avevo già avuto occasione di assistere ad un loro live nel 2016, a Bologna, nel tour di How Big How Beautiful. Ebbene, dopo tre anni ed un altro nuovo disco di successo, High As Hope, la soddisfazione una volta fuori dal palazzetto è la stessa. Ma forse anche di più.

I Florence + the Machine hanno infatti due grandi pregi essenziali: la coerenza identitaria, anche nello sviluppo della propria personalità musicale negli anni. Ma soprattutto, Florence Welch, l’oltredonna.

È inutile fingere altrimenti. Certo, il palco è minimal, c’è una meravigliosa arpa, i giochi di luci sono eleganti, tutto è giusto. Ma il vero spettacolo è lei, la inglesissima trentaduenne pallida dai capelli rossi. Dal primo momento in cui poggia i piedi, rigorosamente scalzi, sul palco a quando se ne va, tutto diventa magia. Basta un minimo di sensibilità, non serve nemmeno essere i fan numero uno della band. Semplicemente la sua presenza impregna l’aria di Spirito. Tanto è lo stupore spontaneo, tanta la grandezza, che più volte mi sono letteralmente ritrovata a bocca aperta, o peggio con le lacrime agli occhi – e no, non sono una di quelle persone che piange ai concerti.

Abito di un giallo chiaro, lungo, fluttuante, trasparente, rigorosamente Gucci (da qualche anno lei è una delle muse della casa di moda italiana). I lunghi capelli rossi sciolti, liberi, selvaggi. Apre bocca e l’atmosfera si trasforma. Dimentichi di sapere i testi delle canzoni e rimani muto ad ascoltare, come se ti stesse raccontando una verità che non avevi mai sentito prima e che ora ti sconvolge. La sua voce di un candore accecante mentre parla, si trasforma in un muro del suono quando canta, che ti lascia lì impalato, vestito di pelle d’oca. Ma soprattutto, comincia anche a ballare.

E se il canto sembrava già provenire da un’altra dimensione, nel momento in cui si aggiunge la visione del suo corpo che danza, muovendosi nello spazio come fatta d’aria, assumi incontrastabilmente la certezza che Florence Welch ha a che fare col divino. Una strega buona che ti porta al suo sabba e ti convince a liberarti insieme a lei. Che ti costringe a mettere via that fucking phone per saltare durante Dogs Days Are Over, che ti chiede di tenere la mano a chi ti sta accanto e di abbracciarlo, di dirgli che gli vuoi bene, che ti chiede “do you believe in love?”.

Attraverso la forza gravitazionale sprigionata dalla sua presenza – scenica e umana – Florence ti trascina nella sua dimensione incantata, fatta di amore cosmico, libertà e sentimento.

E probabilmente la cosa migliore, è che vuole trascinare proprio te. Mi spiego meglio. Se c’è qualcosa di davvero complesso da compiere in quanto artista, davanti a migliaia di persone, è trasformare il momento globale del concerto in un’esperienza personale per ognuno dei presenti. Far sentire ciascuno parte di qualcosa. Riuscire davvero a comunicare, trasmettendo tutto quello che hai da dare a chi ti sta ascoltando. Ed è una capacità che va oltre il talento di chi sta sul palco. È un dono, che va trasmesso con sincerità. E Florence Welch ce l’ha tutto.

Non è un caso che al di là di qualunque cosa si è potuta vedere o sentire, il momento più assurdo ed emozionante dello show è stato quando lei, come se nulla fosse, scende dal palco per andare tranquillamente nel parterre. A contatto con tutta la gente che cercava impazzita di sfiorarla, di guardarla da vicino. Un po’ per sincerarsi che fosse vera, un po’ per avere la sensazione di portarsi a casa un pezzetto di un essere così oltre. E lei, così avvolta, quasi soffocata dalla massa informe che le ruotava letteralmente attorno, cantava. Impeccabilmente perfetta, sempre. In qualsiasi esternazione.

Tirando le somme finali.

andate a vedere un concerto dei Florence + The Machine. Non importa quanto vi piacciano, se poco, un po’, affatto o moltissimo. Andate ad un loro concerto soltanto per immergervi in questa atmosfera che ho cercato di descrivervi. Per innamorarvi dell’amore, della sofferenza, per togliervi il devil on your back e danzare liberi. Se un Dio esiste, in qualche modo ieri era lì dentro al Pala Alpitour, tra tutti i presenti. E probabilmente era proprio dentro Florence Welch.

Andate a un concerto dei Florence + The Machine. Quando? Il 30 agosto, a Milano Rocks.

 

1 Comment

  1. Samy 21/03/2019 at 10:18 am

    Pensa, la prima cosa che ho pensato appena finito il concerto di Bologna è stata proprio questa; LEI è DIO.


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