Intervistare Maria Antonietta e Colombre è un po’ come uscire con due amici che si sono fidanzati tra loro, e scoprire che, nonostante questo cambio di ruolo, non ti senti per niente escluso, ma il rapporto è quello di sempre. Sono complici, ironici, si conoscono a menadito. Eppure, quando si raccontano, scherzando tra loro, commentando l’uno le risposte dell’altra, utilizzano un codice di linguaggio decifrabile e amico.
“Luna di miele” è il loro joint album, un termine che ultimamente è stato appannaggio della musica rap, e che qui invece è pop, funky, a tratti folk.
Dieci brani scritti in un tempo lunghissimo, dentro i quindici anni della loro relazione, partendo dal primo appuntamento e dallo stupore nel sentirsi compresi, fino a un approdo di maturità che è tutt’altro che la fine. Un disco d’amore in un mondo che va nella direzione opposta.
Un album che inizia con il sole sulla faccia dentro la mia coupé e che termina con la consapevolezza che non so se esisto più, ma so che esisti tu. Dentro c’è lo spleen di cui è carica la discografia di Maria Antonietta, c’è la consueta sorprendente brillantezza compositiva di Colombre. C’è la volontà di prendere questo esperimento artistico per mostrare lati di sé reconditi, con leggerezza, e con la guardia bassa. Perché tanto, accanto a te, c’è il porto più sicuro del mondo.
Ci abbiamo fatto una lunga chiacchierata senza prenderci troppo sul serio, ridendo molto, facendo un po’ di esegesi dei brani e provando a dare una risposta alternativa alla domanda ancestrale della discografia di Maria Antonietta.

Spesso si tende ad abusare del termine “viaggio” per descrivere un disco. Però in effetti “Luna di miele” parte con un brano, “A te“, che racconta un amore adolescenziale, e termina con “Velluto blu“, una consapevole maturità. Quando è nato questo disco, come si evoluto?
Maria Antonietta: sicuramente dentro ci sono finiti molti momenti, effettivamente si è fatto nel corso di tanti anni. Molto concretamente, ci abbiamo lavorato negli ultimi due anni, però parte delle canzoni erano state scritte quindici anni fa, almeno nel loro cuore, come bozze. Molte altre cose che sono finite nel disco sono state esperienze vissute in questi anni condivisi. Effettivamente sì, si è fatto in tanto tempo.
Colombre: in effetti cogli una bella cosa. A te è proprio la prima delle antiche bozze. Velluto blu, per quanto appartenesse a quelle bozze, è l’ultima che abbiamo arrangiato e completato per il disco.
M: hai colto una cosa su cui non avevo riflettuto nemmeno io. Ci è venuto naturale metterle come prima e come ultima.
C: eh sì; Velluto blu è proprio l’ultima di questo viaggio che dura ancora…
M: e che spero duri ancora dopo questo disco.
C: devi sapere che noi siamo sempre meravigliati, ci sembra una farsa che siamo ancora insieme dopo quindici anni. Ci deve essere qualcosa che non va. Eppure continua…
Quanto compromesso artistico avete messo in questo disco rispetto alle visioni individuali?
Maria Antonietta: la parola compromesso non mi piace in generale, nei dischi e nella vita. Secondo me [qui Maria Antonietta si è interrotta dicendo, con ironia, che non voleva parlare solo lei; Colombre l’ha rassicurata che non è così.] è proprio un valore aggiunto condividere la scrittura, la visione, il processo di creazione del disco. È un’altra persona, non coincidete. Però poterlo condividere non lo rende un compromesso, ma una somma di energie.
Entrambi remate verso una visione, che è condivisa, ma non è indebolita. Non è la versione censurata di te stessa, è l’esplorazione di un’altra parte di te stessa. Più che un compromesso, secondo me c’è un potenziamento dentro questo disco. Io mi sono sentita molto libera di mostrare parti di me che nei miei lavori solisti non sono mai uscite. C’è una parte ironica, leggera che fa molto parte di me, ma che non ha avuto molto spazio nei miei lavori fin qui. Paradossalmente, ci vuole più coraggio nel mostrarsi più aderenti a come si è davvero.
Colombre: sì, più che compromesso, la parola è sfida. Fare qualcosa che non avevamo fatto mai. A livello sonoro, anche, trovare una terza via rispetto a come scriviamo e arrangiamo di solito. Qualcosa che andasse in un’altra strada rispetto al passato: questo ci interessava. Ci siamo detti che se avessimo voluto fare questo disco, avremmo dovuto farlo accettando la sfida a livello sonoro e di immagine. C’è questo lato ironico, divertente, cazzone. Non è mai semplice, soprattutto se sei una persona riservata. Stai mostrando quello che succede in casa a tutti quanti, stai lavando i panni sporchi in pubblico!
Questa per me era la sfida del disco. Solo averlo fatto, è un grandissimo risultato. Volevamo metterci in gioco verso questa terza via che potesse riassumerci e farci esplorare cose nuove. Alla fine, è questa la cosa più interessante in queste attività: ricercare nuovi modi di raccontare qualcosa. Volevamo raccontare i sentimenti che ci sono nella vita in mezzo. Di solito si canta dell’inizio e della fine di un amore: noi abbiamo cantato della vita che sta in mezzo tra l’inizio e, come si chiama…
M: …la fine.

C’è una frase, qualcosa del disco, che ha scritto l’altro, e che, quando lo avete sentito, avete pensato che fosse esattamente quello che volevate dire nel disco, ma non eravate riusciti a scriverlo da soli? Io ho un’idea, ma per ora non ve la spoilero.
Colombre: io quello che ho notato, al di fuori di una frase che ora non mi viene in mente, è che Letizia ha scritto magari delle cose che ho cantato io, ed è incredibile come abbia capito perfettamente cosa potevo cantare in quel momento. Mi ha capito nel profondo con le parole di una canzone. Poi, a livello di frase… a te viene in mente qualcosa, Leti? Io ho un vuoto.
Maria Antonietta: non ti ricordi niente, forse non lo abbiamo scritto noi il disco! Beh, sicuramente un ritornello come quello di Gomma americana – scoppia, scoppiamo io e te, un’altra volta, quanto ci costa esistere. Lì dentro c’è una bella dose di esistenzialismo, se no non saremmo noi. Quanto ci costa esistere: è una cosa profondamente vera, pesante, terribile.
C: però c’è anche il gioco scop(p)iamo…
M: dove alcuni capiscono qualcos’altro, ma non era affatto l’intenzione.
C: o forse invece proprio sì, per dare sfogo a questa via diversa che ci potesse mettere in comune.
M: hai unito ironia e pesantezza, alla fine.
C: in una canzone che ha un ritornello molto pop, che nelle nostre cose non avevamo mai fatto così, per quanto io pensi di fare musica pop. A livello sonoro, c’è stata proprio questa via diversa. Sì, te la appoggio Leti.
Da persona che ha consumato la discografia di Maria Antonietta, sentire, in “Giornata perfetta“, la frase “insieme a te ho imparato che mi sento meglio, ma più tenera, e non ho bisogno di sfidare tutti” mi ha fatto molto riflettere. La persona artistica Maria Antonietta è una ragazza che vuole sfidare tutti, vuole essere riconosciuta intelligente, penso a “Saliva”, “Ossa“… mentre questo è un lato completamente diverso, opposto.
Maria Antonietta: questa è una frase a cui sono molto legata, mi fa piacere che l’hai colta. È esattamente il pensiero che sta dietro al disco. Quando condividi la vita con la persona che ami, hai questo privilegio. Senti che puoi permetterti di non sfidare tutti, puoi essere più tenera, con la guardia più bassa. Puoi essere meno sulla difensiva, che è una cosa che spesso ho fatto. Invece, in questo disco, guardia bassa! La tentazione di diventare dei muri di cemento armato c’è sempre, se no il mondo ti distrugge. Ma in questo disco, guardia bassa.
In questo disco, c’è poca religione. Al di là dell’immagine di Maddalena nel deserto in “Gelato con la panna” non ci sono altri riferimenti. È per un diverso grado di slancio verso il sacro di Colombre, o la religione che c’era da cantare è stata cantata in passato e qua era il tempo di altro?
Colombre: sì, non è per mancanza di spiritualità o fascinazione per i personaggi religiosi. Ci sono storie incredibili nella Bibbia, pensa alla discografia di Dylan, che è immersa nella Bibbia. Non è per quello. Questa terza via, perché ci potesse riassumere entrambi nel lavoro testuale e sonoro, implicava che sì, mettiamo quello che siamo, ma con un occhio di bue che illuminasse un altro punto diverso. È per quello che un certo tipo di Maria Antoniettismo o di cose che ho scritto io in passato non sono entrate.
Alla fine, il senso profondo del disco è il voler parlare d’amore, perché il mondo intorno a noi è molto complicato. E noi pensiamo che questo sentimento a volte banalizzato, a volte immerso nella retorica, possa essere molto forte. Un’arma per combattere lo schifo che siamo costretti a vedere al telegiornale, sui giornali, sui social, al bar. Il motore di tutto è stato questo sentimento, e dentro questo sentimento un certo tipo di misticismo ne è uscito, per forza di cose.

E il modo che avete trovato per raccontare questo amore è tutt’altro che retorico. Penso al video di “Signorina buonasera“, in cui uscite di casa e tutte le persone che incontrate hanno l’aspetto dell’altro… secondo me rende il sentimento quasi mistico.
Colombre: sì, quella è un’ossessione di Letizia che lascio a lei commentare, è un suo feticcio. Voleva fare questa cosa e ho detto, ok, facciamola…
Maria Antonietta: è una cazzata, ma credo sia comprensibile a chiunque sia innamorato. Quando ti senti giù, quando ti senti non brillante, non vorresti uscire di casa ma devi farlo… Ecco, ogni volta che mi sento così, penso, quanto sarebbe bello se uscissi, perché devo uscire nel mondo, e tutte le persone che incontro, dal fruttivendolo, al tassista, al banchiere, all’addetto alle poste, fossero te, così che io non mi devo sforzare, posso stare a guardia bassa…
C: perché tu sei pazza!!!
M: dai, è un sentimento puro…
C: hai ragione, è un sentimento puro, tenero.
M: e quindi gli ho detto, dai, facciamolo, travestiti da tutte le persone.
C: e secondo te, Filippo, a una richiesta del genere, potevo dire di no?
Io però mi sono emozionato, giuro.
M: ti ringrazio!
Se aveste dovuto mettere una cover l’uno dell’altra nel disco, quale avreste scelto?
Colombre: lei ha scritto questa canzone che sta nel suo ultimo disco, Viale Regina Margherita, che secondo me è un pezzo devastante. Poi non è detto che un pezzo così non possa essere suonato dal vivo, faremo degli scambi di canzone nostre nei concerti, con una nuova veste. Se avessi dovuto mettere una canzone tua…
Maria Antonietta: io sono in crisi, datemi Spotify!
C: vedi, non te le ricordi.
M: me le ricordo, ma ti vorrei valorizzare. Tu tessi le mie lodi, io ci penso nel frattempo.
C: è difficile perché io le sue canzoni me le sento addosso. Le ho dato una mano ad arrangiare i pezzi, se pensi a Deluderti o a Sassi, prodotto con mio fratello Marco. Forse sì, Viale Regina Margherita, perché non c’entro niente con quella canzone.

Infatti stavo per dire, una canzone estranea a te.
Maria Antonietta: io scelgo Dimmi tu. C’è un sacco di funky, un linguaggio che appartiene a Giovanni e che mi affascina. Non l’ho mai integrato nelle mie cose. E poi è una super love song!
Nell’ultima intervista che ho fatto con Maria Antonietta, abbiamo appurato che, a differenza di quanto canta in “Con gli occhiali da sole“, scrivere canzoni non rende migliori. Scriverle insieme ha reso la vostra relazione migliore?
Maria Antonietta: quest’esperienza, ci ha resi migliori?
Colombre: a parte la retorica, tutte le esperienze ti rendono migliori. È una frase del cavolo, ma è vera.
M: uscire insieme da due anni di vita condivisa, lavoro condiviso, scrittura condivisa… è stato totalizzante. Uscire insieme da questo tipo di esperienza a me pare che ha ulteriormente testato la nostra relazione.
C: non è semplice per niente fare qualcosa di così profondo con la persona che ami. Ne siamo usciti vivi. Fortifica, direbbe un vecchio frate o un anziano. La nonna direbbe “se non ti distrugge, ti fortifica”. Quindi, fondamentalmente, sì.
COLOMBRE & MARIA ANTONIETTA TOUR 2025
- 15 novembre – Senigallia (AN) – Mamamia
- 20 novembre – Torino – Hiroshima Mon Amour
- 21 novembre – Milano – Circolo Magnolia
- 28 novembre – Bologna – Locomotiv Club
- 29 novembre – Roma – Largo Venue
- 30 novembre – Firenze – Viper Theatre
No Comment! Be the first one.