C’è una cura infinita in questo terzo lavoro di Nularse. Una cura per ogni singola parola e per ogni suono che la accompagna o la precede. Questa cura, questa attenzione, può affascinare ma non deve sorprendere, perché è la scelta e il frutto di un pensiero e di una ricerca, di un percorso esistenziale e musicale, che in queste otto tracce incrociano le strade, andando all’osso, unico modo per raccontare l’intimità e le pulsioni dell’anima, specie se in continua trasformazione, come Nularse ci racconta. Ed è per questo che il titolo, Ospiti, diventa una condizione mai definitiva, mai certa, ma un continuo passaggio, che somma la memoria con il presente, i sentimenti conosciuti che mutano, in osmosi, con quelli che si scoprono, la perenne esplorazione dei nuovi luoghi da abitare che siano fisici o dell’anima.
È un concept in fin dei conti filosofico ma che mantiene una invidiabile leggerezza che lo rende piacevole ed accogliente, capace a sua volta di accoglierci, ospitarci.
Questo percorso lo notiamo immediatamente nell’aspetto testuale, nella costruzione delle frasi, ma l’ascolto ci svela un fondamentale abito musicale e sonoro necessario a vestire questa nuda ricerca esistenziale. Rispetto ai lavori precedenti Physical Law e Sospesi) c’è una maggiore appartenenza al cantautorato pop-rock, meno dosi di elettronica rispetto al passato e più sonorità internazionali negli arrangiamenti.
I titoli stessi rappresentano delle soglie da oltrepassare per conoscere e conoscersi: Lacune, Deserto, L’ombra, Nebbie, Io Non Mi Conosco. In fin dei conti non era facile trovare un equilibrio tra concept impegnativo per contenuti e godibilità per forma e sostanza, eppure Nularse ci è riuscito splendidamente, dando un contributo all’aggiornamento del cantautorato rock di questi anni. Ed è per questo che abbiamo deciso di approfondire questi temi chiacchierando un po’ con lui.

Nularse dovrebbe significare letteralmente rannuvolarsi. È il momento in cui il cielo si copre di nuvole, spesso poco prima di un temporale. La scelta del nome è per fermare quell’attimo così carico di intensità ed energia?
Questo nome l’ho seguito per un po’, e alla fine l’ho trovato. Cercavo qualcosa che, da un lato, richiamasse i luoghi in cui sono cresciuto, e dall’altro avesse una sonorità internazionale, senza però esserlo davvero. È stato allora che il dialetto è venuto in mio soccorso. “Nularse” è un attimo di sospensione che genera attesa e si carica di energia. È un momento in cui la natura si prepara a qualcosa, e in cui tutto è possibile. Questa cosa mi ha sempre affascinato.
Un’altra parola chiave è Ospiti che dà il nome al disco. Ascoltando le tracce si possono tirar fuori diverse sfumature e significati, tutti a partire da una riflessione intima, esistenziale. Siamo ospiti dello spazio e del tempo che significa ospiti di luoghi, di vite, di momenti. Come è stato scrivere questo disco intorno a questo concept?
È stato scritto in un periodo particolare, in cui mi sentivo estremamente momentaneo, effimero, ospite della mia stessa vita. Ma non in senso negativo — al contrario, quasi come un sollievo. Mi dimentico troppo spesso di quanto contiamo poco in questo mondo, e forse, se me lo ricordassi più spesso, vivrei in modo diverso. Credo più sereno. Probabilmente anche i rapporti tra le persone cambierebbero: saremmo tutti più uniti da questa consapevolezza dell’estrema volatilità dell’esistenza. Nello scrivere questo disco, volevo fissare nel tempo proprio questa impressione.
A livello musicale, rispetto ai precedenti, probabilmente in questo disco c’è meno elettronica e una maggiore centralità della voce e degli arrangiamenti pop-rock. A me è sembrata la scelta migliore per far emergere al meglio le belle canzoni che popolano la tracklist, visto che parliamo appunto di un concept più intimo e riflessivo. Tu come hai vissuto la composizione delle musiche?
Sono felice che tu la consideri una buona scelta — lo è stata anche per me! Rispetto ad altri lavori, questa volta volevo asciugare gli arrangiamenti, per sostenere una forma canzone che sento più vicina al cantautorato. Non è stato facile, perché quando vai all’osso, le idee devono essere salde e precise. Mi rendo conto che, insieme ai ragazzi del Black Deer Studio, abbiamo fatto un album “alla vecchia maniera”: ci siamo chiusi in studio per mesi, cercando il momento giusto, la take perfetta, andando all’essenza della musica e della strumentazione. È stato uno dei periodi più belli ed entusiasmanti della mia vita.

C’è una traccia in particolare del disco a cui sei particolarmente legato oppure che ha avuto una importanza nell’indirizzare poi il resto del lavoro?
Per fortuna continuano a piacermi tutte. Diciamo che quella che non mi stanca mai è Lacune, tanto che l’ascolterei sempre. Credo sia stato il primo brano che mi ha fatto capire di voler scrivere un album di questo tipo. È stata proprio la scrittura della canzone a guidarci verso quel tipo di arrangiamento. È stato uno di quei rari casi in cui, appena ascoltato il pezzo, tutti i musicisti hanno avuto la stessa intuizione — tanto che l’abbiamo praticamente arrangiato seduta stante.
Dagli ascolti dei tuoi dischi si percepiscono influenze musicali internazionali, oltre a quelle italiane. Personalmente, in riferimento a queste ultime, ci ho trovato delle piacevoli sorprese che mi hanno in qualche modo ricordato raffinate band pop rock, forse troppo presto dimenticate come Non voglio che Clara o Valentina Dorme, ma per certi versi anche qualche eco di Dente nei testi, magari sbaglio e quindi parlami un po’ tu delle influenze che ti porti dietro, se ci sono.
In realtà, quelli che citi non sono tra i miei riferimenti, però ho notato che spesso mi si associa ad artisti che non fanno parte del mio percorso. Per fortuna — e anche in questo caso — si tratta di nomi che stimo, quindi la cosa mi fa comunque piacere. Mi sento molto legato a un certo tipo di cantautorato italiano degli anni ’70 e ’90 — Dalla, Bersani, Carella, per citarne alcuni. A mio parere, in termini di scrittura, sono tra gli autori più geniali che abbiamo avuto in Italia.
Oltre alle influenze che si ritrovano nella tua musica mi piacerebbe sapere anche quali sono (e sono stati) invece i tuoi ascolti, la musica su cui negli anni ti sei formato.
Ad essere sincero non sono un grande consumatore di musica! Tendo ad appassionarmi a un album e a macinarlo per settimane, anche mesi — non mi piace fare zapping tra le novità del momento. Per questo motivo non sono molto aggiornato sul panorama moderno e, spesso, faccio fatica a trovare riferimenti per i miei brani. Ammetto che a volte lo vivo come un limite, ma per ora va bene così. Detto questo, mi rivedo in lavori come quelli di Andrea Laszlo, I Cani, Giorgio Poi, Marco Giudici… quel tipo di musica indipendente che ascolto da sempre. Ecco, credo che le mie idee arrivino soprattutto da quel calderone musicale.

In passato hai collaborato con un bassista importante come Saturnino. Con chi ti piacerebbe collaborare in futuro?
Con Saturnino è stata un’esperienza davvero divertente! Adesso mi piacerebbe molto avere qualche chitarra di Bob Angelini nei prossimi lavori: lo reputo un chitarrista eccezionale, oltre che una persona di grande cuore. Chissà! Nel frattempo, però, non resto con le mani in mano. Ho appena collaborato con un mio grande amico, Alaska, con cui ho scritto una canzone a cui tengo molto — Fuori dalla Finestra — uscita da poco. E ci sono altre “casette” in costruzione con amici e musicisti che stimo profondamente, come Alessandro Ragazzo, i Velia, Alessandra Nazzaro, Scaramuzza… Lavorare con loro è sempre un’esperienza straordinaria.
Ospiti è un disco musicalmente molto curato, come sarà nella versione live che porterai in giro? In che formazione?
Noi spingiamo forte per la full band! Siamo in cinque: io, Alberto De Lazzari al piano e Francesco Inverno alla batteria (i ragazzi del Black Deer Studio, dove abbiamo arrangiato il disco), Luca Dall’Oro alle chitarre e Alessandro Ragazzo al basso. Una formazione composta da musicisti eccezionali, ma soprattutto da grandi amici — perché abbiamo voglia di divertirci e di portare al pubblico la miglior energia possibile! Abbiamo già alcune date fissate in posti davvero belli: Argo16 a Venezia, Germi a Milano, Off Topic a Torino, Circolo delle Vie Nuove a Firenze… Date un’occhiata per rimanere aggiornati!
Le prime date del tour di Ospiti
11/10 Venezia – Argo16 & Voci sparse (in full band)- 01/11 Firenze – Circolo Vie Nuove
- 07/11 Torino – Off Topic (in full band)
- 13/12 Milano – Germi (in full band)
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