13 dischi del 2024 che avremmo dovuto approfondire, ma…

…questa discografia corre talmente veloce che non abbiamo tempo di scrivere neanche dei dischi che durante l’anno ci sono piaciuti di più. E forse, a pensarci, 13 dischi sono anche pochi.

Questo articolo nasce, quindi, da una presa di coscienza.

Durante il corso di un anno le uscite discografiche raggiungono numeri esorbitanti. Noi cerchiamo di restare sul pezzo provando ad ascoltare quanta più musica possibile e fare di conseguenza una cernita basata sul nostro giudizio. Capita così che di mese in mese si allunghi sempre più, sul foglio di lavoro condiviso, la lista di dischi potenzialmente candidati per un approfondimento, una recensione o un’intervista. Avendo molti di noi una vita e un lavoro altro da quello di giornalisti musicali, molto spesso non si fa in tempo a scrivere di un disco e depennarlo dalla lista che subito ne abbiamo aggiunti altri tre o quattro. Così passano i mesi e invecchiando si accumulano dischi, spesso molto belli, che non siamo riusciti a trattare.

A volte prendendo al volo occasioni come i tour oppure i singoli che dopo mesi si aggiungono alla tracklist di un lavoro completandolo, riusciamo trattare dischi che avevamo lasciato in cantiere. Sarà il caso di Cesare Cremonini, di Liberato, di Cosmo, della Rappresentante di lista e non solo, che hanno pubblicato nel 2024 e che tratteremo nelle prossime settimane singolarmente.

Invece, in altri casi è davvero difficile recuperare. Per questo abbiamo messo mano alla nostra lista e abbiamo deciso di scrivere questo articolo: ci piangeva il cuore sapere che su Le Rane non ci fosse traccia di questi dischi; E soprattutto ci tenevamo a dirvi che questi 13 dischi sono davvero belli nel loro genere e vi consigliamo caldamente di ascoltarli, magari andando ai concerti dove molti di questi trovano la loro dimensione ideale.

13 dischi che

Delicatoni – “Delicatronic”

Le prime parole che vengono in mente ascoltando questo disco, regalo di fine anno targato Delicatoni, sono delicatezza e amore, cura e danza, aggregazione e jazz.

L’intero album è concepito per far ballare le persone, certo, merito dell’uso della musica elettronica che spiana la strada e si mischia a sound via via più jazz o psych-pop, ma anche per far riflettere sul mondo odierno.

I Delicatoni riescono abilmente a toccare temi attuali con franchezza disarmante, promuovendo una mascolinità rinnovata e aggraziata, scevra da machismi e finalmente pronta a ridare valore al processo dell’innamoramento romantico, lento e, a volte, malinconico. Un disco fine e originale, che abbiamo ascoltato più volte per cercare di carpire la ricerca musicale che l’ha ispirato e generato, un disco che porta con sè un bel po’ di good vibes inedite, come non se ne sentivano da un pezzo. Bravi Delicatoni, siamo curiosissim* di assistere al vostro futuro musicale!

Martina Pantarotto

Jesse The Faccio – “dei giorni liberi, del tempo perso”

“Ho scritto questo disco mentre mi sentivo perso nei confronti della mia musica, in spazi di giorni liberi e in quel tempo che da molti è considerato perso”.

Con queste parole Jesse The Faccio ha commentato l’uscita del suo quarto album, “dei giorni liberi, del tempo perso”. Proprio così: tutto minuscolo, dentro un mondo che preferisce invece parlare in capslock, cantare in corsivo e fraintendere i versi che riflettono sulla generale incapacità di guardarsi attorno con curiosità – vedi “gli asterischi al plurale” di Willie Peyote. Cito il più “politico” dei cantanti in gara allo scorso Sanremo perché, anche in questo caso, di politica si tratta. Quante volte guardarsi attorno con curiosità viene considerato tempo perso? Quante altre i giorni perduti a rincorrere un sogno sono visti dai più come liberi, cioè rubati ad un lavoro “più vero”? Nel disorientamento di Jesse ci stiamo dentro tutti. E, ascoltandolo, ne veniamo fuori. Senza smettere di sognare.

Monica Malfatti

Okgiorgio – “ok?”

 “OK” è la locuzione ricorrente in album, title track e tour con cui Giorgio Pesenti, racchiude il suo progetto elettronico, okgiorgio, appunto.

Noto per le sue collaborazioni con artisti, okgiorgio si pone sulla linea (ancora ristretta) dei producer italiani solisti e ci fa capire decisamente cosa sia l’elettronica “POP”, “pop” inteso nell’accezione di arrivare immediatamente alle persone.

Nel 2024 ha pubblicato l’EP ok? che raccoglie un loop di 5 brani labirintici e distopici, il cui contenuto emozionale è clusterizzato nelle emoji dei titoli.

La sua musica parte dalla strumentazione analogica dal vivo, tra cui la chitarra elettrica e da tracce vocali eteree perfino folk, che mixa con produzioni elettroniche e ritmi dance. Con contaminazione di ambient, elettronica e dance okgiorgio è la perfetta alternativa local all’elettropop straniero, emotional clubbing incluso (Fred Again per capirsi).

Lo vedremo quest’estate sperimentare in Europa e voi dateci un ascolto, ok?

Claudia Verini

Her Skin – “every house is haunted”

Her Skin, nome d’arte di Sara Ammendolia, pubblica nel 2024 il nuovo EP “every house is haunted”. Un sussulto di melanconia in cinque tracce, la musicalità perfetta per quegli anni in bilico tra i venti e i trenta. Ogni brano si lega all’altro come a tracciare una visione sognante ed espressiva, volta a mostrare tramite la musica il suo stato d’animo. Sebbene in inglese, le parole non sono un ostacolo per sentire, davvero, ogni emozione dell’artista.

Su Instagram scrive: “every house in haunted” rappresenta uno degli anni peggiori della mia vita, ma sono comunque felice di averne ricavato qualcosa di bello.”

Questo EP è intimo, fragile e estremamente sincero: a volte non serve pogare ma soltanto avvicinarsi a chi sente tutto, tanto, come te.

Virginia Ciambriello

Nervi – “E poi svegliarsi presto”

La cosa più difficile non è certo partire, ma è tornare. Lo canta Nervi in E Poi Svegliarsi Presto, la traccia che conclude e dà il titolo al suo nuovo disco, uscito lo scorso 29 novembre per Pioggia Rossa Dischi/ Believe Digital. All’alba dei suoi quasi 30 anni, Elia Rinaldi, in arte Nervi, ha alle spalle una lunga carriera musicale: un decennio nei Finister, un Premio Buscaglione, una partecipazione a X Factor.

Anni di sperimentazione e ricerca artistica che, lontani dalle pressioni, sono maturati in nuovo dirompente esordio. In E Poi Svegliarsi Presto, esce completamente allo scoperto la sua vocazione cantautorale: protagoniste sono le parole che, come capita sempre con i cantautori, sanno fare male e, insieme, sollevare. C’è una malinconia di fondo, uno sguardo fisso sul dolore e sulle sue mille facce: la solitudine, l’alienazione, la separazione, la mancanza, il senso di vuoto, il senso di colpa. E c’è un racconto intimo e collettivo della generazione dei fuorisede: “Ma stare male ha un valore sociale o è roba per lo psicologo?”, si domanda in STOMALE, cercando una “soluzione radicale” alla dimensione “maniacale” a cui costringono i ritmi impossibili della contemporaneità.

Un tragicpop, come recita la sua bio su Spotify, che si muove agilmente tra melodie al pianoforte e assoli di chitarra elettrica, loop elettronici e ritmi ossessivi, vicino a Ivan Graziani e Vasco Rossi, ma anche a Edda, Motta, Lucio Corsi. “A me piace il disagio sociale, Chi fa la fila per ore, E poi non sa cosa dire, Che è pieno di dubbi ma vuoto di sé”. Un disco da non lasciarsi sfuggire.

Erica Verdecchia

Roberto Casanovi – “Se io sono un pesce, tu che cosa sei?”

Il tramonto è bello anche per il tramonto soltanto / non devo vederci sempre metafore o altro / è una cosa che può distruggermi / può farmi scappare via / ma non posso farci niente se non tutto è una poesia.

Così si conclude Fuori dai denti, pezzo centrale del disco, e mi sembra un ottimo esempio della ruvida brillantezza della scrittura di Roberto Casanovi. Se io sono un pesce, tu che cosa sei? è un album stratosferico, senza mezzi termini. E non è questione di abitudine alla mediocrità musicale che porta a tessere le lodi di dischi che sono semplicemente un po’ meglio. In queste sette canzoni, Roberto Casanovi accoglie chi ascolta nei meandri della sua mente contorta e tortuosa, dove i pensieri si mescolano a fotografie e ricordi, e sono tenuti insieme da parallelismi quasi surreali.

Sono brani (ad eccezione di uno, I locali in cui andavo a suonare, un inaspettato garage punk) di cantautorato lo-fi, bedroom pop con qualche spigolo e qualche distorsione nell’arrangiamento – Casanovi, del resto, suona la chitarra elettrica. Sono storie di cattivi presagi, zone industriali, stazione a Firenze, confini della Lombardia e cuori spezzati. Narrate con una voce così calda e amica che commuove dal primo all’ultimo verso.

È un album triste, che si conclude però con un colpo di teatro che è una rivincita (lo stesso che adottò Frank O’Hara al termine di Mayakovsky, una delle sue poesie migliori): la sensazione, all’improvviso, che qui non tutto ti riguarda, che c’è vita oltre te. Se io sono un pesce, tu che cosa sei? è un disco stratosferico, di quelli che ne puoi parlare per ore ma alla fine forse è meglio stare in silenzio e andarlo ad ascoltare.

Filippo Colombo

Il Solito Dandy – “Sesinepà!”

Sesinepà! è un carosello di immagini e sensazioni, un viaggio che mescola malinconia e leggerezza, rabbia e dolcezza. Ogni traccia è un frammento di vita vissuta, raccontata con ironia e poesia, tra cieli pastello, pedalò e notti insonni. Il Solito Dandy trasforma le incertezze di una generazione in canzoni da ballare e da piangere, in un disco che è al tempo stesso un abbraccio e un pugno nello stomaco.

La verità è che dalla musica ci aspettiamo che ci dica quello che ci vogliamo sentire dire. Che ci consoli, che ci faccia ballare, che ci faccia piangere, sudare e pure che ce le mandi a dire. Da buona Millennial che come il Solito Dandy ha iniziato a pagare le bollette (da poco) ci tengo subito a precisare, ispirandomi al titolo del suo album (che a sua volta si ispira a Magritte) che questa non è una recensione; è più un’ode a chi racconta di quelli che sono troppo giovani per comprare casa e troppo vecchi per sognare ad occhi aperti. E allora se non possiamo sognare non ci resta che cantarcela e sognarcela.

Carmen Pupo

I Hate My Village – “Nevermind The Tempo”

Gli I Hate My Village ormai li conosciamo bene. Il supergruppo formato da Adriano Viterbini e Fabio Rondanini, con Alberto Ferrari e Marco Fasolo, lo scorso ha pubblicato il secondo disco. “Nevermind the Tempo” (piazzato decimo nella nostra classifica dei dischi 2024) è un lavoro attraverso cui liberta espressive e complessità liriche e strutturali vanno a braccetto in una contaminazione che toccando vari generi rifugge ogni incasellamento.

“Un eclettico mix dalle precise geometrie chitarristiche (math e prog altezza Battles), ritmi e fascinazioni africane tuareg rock/desert blues, psichedelia e naturalmente rock in cui trovano posto una molteplicità di sguardi. Poliritmie e groove alieni (Artiminime) ma anche sgrammaticature highlife (Water Tanks), un corpo sonico vivido in cui non viene mai meno lo spirito libero e divertito con il quale è stato prodotto.”

da “SantireAscoltare”
Ascolta “Nevermind The Tempo

Atlante – “Poi Rinascere”

È stato un po’ l’outsiders della nostra classifica di fine anno. Undicesimo classificato, “Poi rinascere” degli Atlante è un disco di una rock band che sperimenta altre vie e altri suoni senza snaturarsi. È un disco maturo che ha quella fondamentale caratterista che ogni buon disco dovrebbe avere: la capacità di non fossilizzarsi su schemi e generi univoci, ma saper attingere a contesti diversi mantenendo salda la propria identità. D’altronde alla musica i confini li attribuiamo noi, altro non sono che linee immaginarie.

“Chitarra, basso e batteria restano l’anima portante e alternative del progetto grazie ad arrangiamenti che tengono bene insieme musica e testo, aspetto che apre anche a possibili futuri esperimenti pop-rock. Le parti strumentali soprattutto in questo disco si irrobustiscono con iniezioni di elettronica che danno maggior vigore al tiro rock. I testi “generazionali” accolgono e raccontano il presente nel suo farsi, tra suggestioni e realtà. Animali Selvatici, Sabbia, Primavera sono canzoni che sintetizzano a pieno questo mood. Dalle pieghe del disco si intuiscono ottime potenzialità live degli Atlante.”

parole di Ernesto Razzano
13 dischi Atlante
Ascolta “Poi rinascere

Family Habits – “People are mosaics”

Una wave che dovremmo (e dovreste) tenere d’occhio con molta attenzione è questa rinvigorita produzione nu jazz itaiana che da qualche tempo sforna dischi belli davvero. Dalle influenze da cui parte Marco Castello, passando da Giovanni Milani, Il Mago del Gelato, Delicatoni, ecc ecc, si crea un lungo corridoio in cui si inserisce uno dei dischi d’esordio più belli del 2024. “People are mosaics” è il primo lavoro del progetto Family Habits. Si tratta di un duo padre / figlio: Ivano Borgazz pianista e compositore con decenni di carriera alle spalle noto principalmente nella scena jazz collabora con suo figlio Mark, un musicista e cantante attivo principalmente nella scena musicale londinese.

Influenze e background diversi: i Family Habits sono la prova tangibile di come si contaminano e influenzano due generazioni lontane, di come la musica sappia annodare i fili di esperienze apparentemente distanti. Una riunione di famiglia, un incontro, in cui ognuna delle due parti aggiunge un pezzo del mosaico attingendo dalla propria esperienza.

People Are Mosaics è un disco che riflette sul concetto di identità: gli elementi che ci rendono quello che siamo sono vasti e quasi infiniti, e la totalità dei momenti che viviamo, attraverso diverse condizioni di vita che rivelano aspetti unici di noi arriva a definire la persona che siamo e ciò che abbiamo da condividere con il mondo.

da SkyTg24

Whitemary – “New Bianchini”

New Bianchini” di Whitemary è un disco dalla vitalità e dall’urgenza pulsanti e straripanti. Nulla di costruito in serie, nessun limite a ciò che viene esondando dall’interno. È un lavoro che trova la sua piena manifestazione nell’esperienza dal vivo, in cui Whitemary sembra una veterana: coinvolgente, magnetica, ti afferra e ti trascina nei sui vortici. Avvolti dalla sua cassa a 4, immersi in quella che è una vera e propria esperienza fisica e collettiva, entriamo in contatto con tutte le sfaccettature dell’artista, con le sue attitudini da autrice sperimentale, le sue venature più pop, e tanto altro.

In questo spazio espressivo elegante dai contorni sfocati, Whitemary mette al centro il movimento secco con cui l’anima si distacca dalla dimensione del desiderio e si consegna risoluta a un proprio disgusto scentrato. Qui tutto è negazione, dubbio, assenza. Dieci tracce di monologo interiore per pensare e ballare, in cui la dance diventa viaggio introspettivo ed esperienza sensoriale.

da OndaRock

Hån – “fuori dalla stanza”

“fuori dalla stanza” è l’Ep con cui Hån debutta in italiano, dopo essersi distinta per le sue produzioni in lingua inglese. Questo lavoro vede la collaborazione con Marco Giudici e Okgiorgio, compagni perfetti per la produzione di Ep che unisce una scrittura di matrice cantautorale a suoni elettronici e contemporanei.

Il ritorno alla lingua madre permette all’artista di aprire le porte a quelle stanze nascoste in fondo al corridoio, un accesso più ancestrale alla sua esperienza personale. Nelle tracce di Hån torna spesso l’immagine della stanza: la camera da letto è un luogo intimo accessibile a poche persone. Proprio per questo è come se fosse un riparo dal mondo esterno. “fuori dalla stanza” è un modo di buttare il proprio sguardo fuori da sé, dopo aver compiuto un lungo percorso dentro di sé. Mettere la testa fuori con più maturità e la consapevolezza di aver riannodato i fili con le proprie radici.

Fitness Forever – “Amore e Salute” 

E infine, un disco che avrebbe meritato un approfondimento era sicuramente “Amore e salute” dei Fitness Forever. Il gruppo formatosi nel 2007 ha visto in quasi vent’anni formarsi intorno a sé un certo culto. Il loro sound è elegante e danza fra attitudini jazz e funk incanalando i sound di artisti come Marcos Valle, Serge Gainsbourg, ma anche Lucio Battisti e Steely Dan; non manca in certi casi l’influenza dalla disco italiana.

“Amore e Salute” fu anticipato dal singolo “A Vele Spiegate”, che vide la collaborazione di Calcutta. Sfarzosi arrangiamenti d’archi, chitarre malinconiche e un groove disco-funk galoppante: insomma, un disco denso, uno di quei casi in cui è difficile trovare le parole giuste e non si può far altro che evocare immagini, ragionare per metafore oppure semplicemente star zitti e lasciarsi trasportare.

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