“Nascosti in piena vista”, 5 dischi che ti sei perso a gennaio 2025
“Nascosti in piena vista” è la nostra nuova rubrica in cui vi segnaliamo quei dischi che si perdono nel marasma generale del mercato discografico contemporaneo. Uscirà una volta al mese, non avrà un numero definito di dischi segnalati: questo vuol dire che se per gennaio 2025 i dischi segnalati sono stati cinque, il prossimo mese potrebbero essere anche 2 o 6 o 4: insomma dipende. Certo, non sarà la più originale delle rubriche, ma ci permetterà di parlare di quanti più dischi ci sono piaciuti durante l’anno.
In questo primo numero non troverete “FEMINA” di GINEVRA, probabilmente il disco più interessante uscito a gennaio 2025, per il semplice fatto che lo abbiamo approfondito per bene in questo articolo/intervista. Non troverete “INDI” di Gazzelle, che ha avuto un risalto mediatico non indifferente; non troverete neanche “Acqua Santa” di Francesco Di Bella, lavoro di cui parleremo prossimamente.
L’immagine in copertina è stata creata da ChatGPT e ritrae il caos di una stanza, quella di un accumulatore seriale: un po’ come se fosse la metafora del caos di uscite discografiche da cui siamo investiti ogni settimana. Come cercando aghi nel pagliaio, abbiamo tirato fuori 5 dischi nascosti in piena vista usciti questo primo mese dell’anno.
“Drive-in” dei Lagoona

In “Drive-in”, i Lagoona hanno raccolto con coerenza e maturità un percorso di oltre quattro anni. A partire da VHS, che uscì nel 2020 insieme ai Voina e che è stato inserito nel disco in una nuova versione in solitaria, e 4 AM, altro pezzo del 2020, con un hook che continua a non lasciar scampo anche dopo anni. Non è un disco estremamente originale, con sonorità che ricordano a tratti i FASK, a tratti i Cara Calma, e che rispettano i canoni del pop-rock senza stravolgerli. Tuttavia, è un disco viscerale e sincero, che sa raccontare il disagio senza addobbarlo con metafore o immagini inutili e retoriche.
Un solo featuring, con Giorgieness, che entra magnetica nella seconda strofa di Settembre. Il sax in coda a Quello che resta traccia l’epilogo di un disco intriso di malinconia che a tratti è anche rivalsa. Un disco compiuto e che chiude un cerchio.
Filippo Colombo
“Hazy Days” dei Vanarin

Se cercaste sulla Treccani il significato di “contaminazioni” probabilmente verrebbe fuori “Hazy days” dei Vanarin a titolo esemplificativo. Il numero di esperienze e contingenze musicali che popolano questo lavoro è tale da non poterlo inquadrare in nessuno schema preciso. La band italo-inglese, giunta al terzo disco, è un progetto che parte dallo psych-pop per diramarsi in territori psichedelici, elettronici, nu soul, R&B. Il crossover è unico e crea un sound eclettico davvero godibile, ricercato, che oltrepassa i canoni del pop. Solo una tale contaminazione poteva creare l’hummus giusto per la proliferazione di un vero e proprio inno alla relazione che intratteniamo con noi stessi, alla continua evoluzione cui siamo soggetti. Un disco incredibile, in inglese, da ascoltare tutto d’un fiato.
Dischi Sotterranei, che negli ultimi anni ha messo su un roster tra i migliori in circolazione (Coca Puma, Post Nebbia, Gazebo Penguins, ecc), si conferma una garanzia di qualità. Ascoltate i Vanarin e fatelo dal vivo, uscite dall’oblio della solita solfa mainstream.
Raffaele Annunziata
“Basta che sia fuori città” di Luca coi baffi

L’EP si apre con Non ci sto, un brano che ha il sapore di un epilogo e si chiude con la frase lapidaria: Non nascerò mai più. In Basta che sia fuori Città, Luca coi Baffi oscilla tra il peso delle colpe universali che abbiamo ereditato e la necessità di trovare riparo nell’autenticità. Se all’inizio sembra una resa amara, man mano si svela come un’esortazione silenziosa a riconoscere ciò che davvero conta. I testi, a tratti severi, ci ricordano il valore delle piccole cose e il potere dell’amore, che può diventare una lente capace di filtrare le crudeltà del mondo al di fuori di noi. L’EP si conclude con Sotto le Nuvole, il luogo in cui il cantautore vorrebbe essere sepolto: lontano dai fumi e dal caos della città e vicino invece a ciò che davvero conta – l’essenza stessa dell’esistenza, ritrovata negli occhi di chi si ama.
Luca coi Baffi si (e ci) espone ciò che spesso spaventa, ci lascia un post-it sul frigo per ricordarci di abbandonare il superfluo e prendere un respiro, dove e quando ci pare, basta che sia fuori città…
Marzia Presta
“Santa Rosalia” di Giglio

Un fiore delicato è stato espiantato quasi trent’anni fa dalla Calabria per andare a germogliare altrove. Ma quando nasci in un posto fatto di canti popolari, tarantelle e melodie selvatiche, quelle sonorità ti si cuciono addosso anche a migliaia di chilometri di distanza. Così è stato pure per Giglio, Martina, che nel suo primo EP, “Santa Rosalia“, si traveste da Santa.
Santa Rosalia è la più bella del paese, sembra una Madonna in mezzo alla via, non cerca l’amore su Tinder, non si lascia tentare, ma va in chiesa a mostrare il suo talare. Che penserà suo padre?
In queste righe parafrasate in italiano c’è l’essenza, il profumo di questo fiore che tra ritmi latini e incursioni elettroniche dà vita a un mondo musicale vibrante, dove la sua voce ipnotica danza tra ironia e malinconia, sacro e profano, leggerezza e sensualità.
Insomma, Paese che vai, radici che porti. E Giglio le porta proprio bene, brava!
Carmen Pupo
“Vernissage” di Paul Giorgi

Paul Giorgi è tornato. Uscito dalla selva di Safari, l’artista ascolano ci ospita nel suo Vernissage, titolo dell’album e tema, di fatto, dei brani che lo compongono. Una galleria di dodici dipinti in acrilico presenta così le dodici canzoni scritte e composte da Paul Giorgi e prodotte da Factory Flaws. Pennellate vibranti e plastiche accompagnano l’ascoltatore – o il visitatore – nel mondo fantasmagorico del suo narratore. E varie sono le storie affrescate: diversamente dal disco d’esordio, Vernissage mira all’espressionismo e protagoniste sono le sensazioni rilasciate da ogni traccia, sempre declinate in prima persona dall’autore.
È un indie-pop che non prova gelosie, ma va avanti per la sua strada. Centrale è in tal senso Aiuto, in collaborazione con Davide Amati, tela cubista in cornice battistiana. Ma trascinano anche Fiore, Piramidi e Adriatico. Pulci è senza dubbio la perla nascosta. Bene bene, invece, il singolo più consapevole. Insomma, un vernissage di buon gusto per Paul Giorgi.
Alessandro Triolo
Alcuni dischi bonus che vi segnaliamo se aveste ancora fame di cose nuove: “lineagialla” dei unadasola; “Abbaiare” di Lucrezia; “cosa resta?” di Leanò; “IN TIEMP (ON TIME)” di DINìCHE; “Koinè” di Pellegrino & Zodyaco.
La Redazione
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