Il duetto di Giorgia e Annalisa vince la serata delle cover? Grazie ma no grazie
Grazie ma no grazie: mai brano fu più calzante per reagire alla proclamazione della classifica di ieri. La quarta serata del Festival, dedicata alle cover e ai duetti – che quest’anno, fortunatamente, fa gara a sé e resta al di fuori della competizione principale – è stata vinta da Giorgia e Annalisa con Skyfall di Adele. Subito dietro, Lucio Corsi e Topo Gigio, e Fedez con Marco Masini. Ai piedi del podio, Olly con Goran Bregovič e la Wedding & Funeral Band (l’unica cosa che abbiamo salvato è la citazione di Complesso del primo maggio di Geppi Cucciari) e Brunori SAS con Dimartino e Riccardo Sinigallia.

Nel caso delle vincitrici, selezionare Skyfall come brano, potendo attingere dall’intero catalogo della storia della musica italiana e internazionale, è di per sé una scelta bizzarra. Ma del resto, è un brano asettico, che non richiede interpretazione o emotività. Anzi, offre la possibilità di districarsi tra vocalizzi gratuiti e scale vocali, chiamando una facile standing ovation con il minimo dello sforzo. Sia chiaro: le abilità canore di Giorgia e Annalisa sono strabilianti. Intonazione millimetrica, precisione, una gioia per i fonici dell’Ariston che hanno seguito estasiati la prova. aa loro, è stata in linea con questo Festival, che scorre lineare, ordinato, pulito, seguendo al secondo i ritmi della scaletta senza lasciare nulla al caso. La musica, però, è un po’ più bella quando è imprevedibile.
Restando nell’ambito dei duetti al femminile, crediamo quindi sia stata decisamente migliore la performance di Serena Brancale ed Alessandra Amoroso, nella loro interpretazione di If I Ain’t Got You, che insieme a Skyfall è stata l’unica canzone in lingua inglese ad essere presentata.
Vittoria a parte
Ma ieri sera abbiamo anche assistito ad uno spettacolo capace, al contempo, di farci ridere di gioia e piangere di commozione. Stiamo parlando del duetto fra Lucio Corsi e Topo Gigio, tanto atteso quanto criticato, o perlomeno guardato con una certa titubanza. Già dalle prove a cui abbiamo potuto assistere, però, ci si è subito resi conto della magia emanata da questo sbalordivo incontro: sulle note di Nel blu, dipinto di blu, il loro duetto ha incarnato perfettamente l’incanto cui Lucio, negli anni, ci ha abituati. Per tutti questi motivi valeva forse una vittoria, sfuggita per una sola posizione.

La cover di Fedez, in duetto con Marco Masini, ha guadagnato come detto la medaglia di bronzo. Il rapper ha deciso di mantenere fede al modus operandi che ha animato i suoi ultimi anni artistici, ricchi di hype creato a priori per qualcosa di simile al nulla cosmico. Da giorni, sui social e in sala stampa, tutti si chiedevano come avrebbe riscritto Bella stronza, quale veste gli avrebbe dato, quale dissing avrebbe inserito. Alla fine ha aggiunto qualche barra mediocre, specifica a sufficienza per leggerci un riferimento all’attualità, generica abbastanza per poterlo smentire. Eppure, al netto della posizione in classifica, più di qualcuno ne è rimasto convinto.
Ai piedi del podio
Olly meritava di finire ai piedi del podio? Insomma. Un’esibizione decisamente caotica ed inverosimile la sua, culminata nell’inserimento dei propri versi fra quelli de Il Pescatore. Scelta giocosa e divertente ma che per certi versi ci è sembrata anche fuoriluogo. Rimanendo sul versante Faber, abbiamo apprezzato molto di più il tributo di Bresh, in duetto con Cristiano De André sulle note di Creuza de mä, in una performance purtroppo sfortunata. Prima il microfono che non funzionava, poi qualche problema con il collegamento bouzouki, i due sono stati costretti a ripetere l’esibizione per ben tre volte. Ma dopo la commozione ammirata che erano stati capaci di suscitare nel pomeriggio durante le prove, saremo stati felici di ascoltarla una quarta.

Emozionante quanto l’esibizione di Marcella Bella, accompagnata dai Twin Violins sulle note de L’emozione non ha voce, brano scritto per Adriano Celentano – su testo di Mogol – dal fratello Gianni Bella, presente fra il pubblico. Un tributo forse passato un po’ in sordina, così come quello di Rocco Hunt e Clementino a Pino Daniele con Yes, I Know My Way e lo zampino della voce del suo primo interprete, ad accompagnare la parte finale dell’esibizione.
Artisti che è difficile giudicare
Stando sempre alle dediche speciali di ieri, dobbiamo citare quella di Brunori Sas a Paolo Benvegnù, ricordato sulle note de L’anno che verrà di Lucio Dalla. Quinta posizione per questa performance. Tuttavia non ci ha convinto fino in fondo, quantomeno vocalmente, nonostante la profondità con cui il testo e la musica di Dalla sono stati affrontati da Dario Brunori, in duetto con Riccardo Sinigallia e Dimartino.

C’è anche, tra gli artisti, chi ha scelto questa serata per proporre alcune perle musicali, più o meno dimenticate. È il caso di Willie Peyote, che assieme a Ditonellapiaga e Federico Zampaglione ha omaggiato Un tempo piccolo di Franco Califano. O ancora, Shablo che ha (ri)portato sul palco Neffa per cantare la sua Aspettando il sole. È sempre complesso giudicare queste esibizioni, ché la portata della canzone opera come un cruise control che richiede solo di non esagerare. Entrambe le performance non hanno infuocato l’Ariston, eppure le ricordiamo tra le più riuscite della serata. La cui classifica, per la verità, siamo ben contenti di resettare.
Un commento dei nostri inviati a Sanremo, Filippo Colombo e Monica Malfatti
La Redazione
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