Siamo d’accordo sul fatto che sul podio non siamo d’accordo

Le Rane in Sala Stampa a Sanremo! Olè! No, non è una moderna piaga che ha messo in ginocchio la riviera di ponente, né una lotta sul destino della canzone italiana in omaggio ad Aristofane. Per la prima volta, quest’anno siamo una testata accredita alla sala stampa roof dell’Ariston. Per tutta la settimana saremo in loco, con l’obiettivo di raccontare il Festival come abbiamo sempre raccontato, in questi anni, la musica. Cercando di darle il giusto spazio, in mezzo alle innumerevoli sovrastrutture. Racconteremo gli artisti in gara e i loro brani, ma anche tutta la musica che gira intorno.

La prima giornata si è conclusa, tra una chiacchierata con Brunori SAS, un cappuccino in compagnia di Rose Villain e un brindisi con i The Kolors. Ma soprattutto, con l’esibizione dei ventinove artisti in gara. E mentre per le prossime due serate il nostro dovere di votanti sarà rivolto alle Nuovo Proposte e al Premio della Critica, abbiamo provato a indovinare il podio della gara.

C’è chi dice “Giorgia” e chi ribatte “dai ma Olly?”, “per me Bresh”; qualcuno fedele alla linea sta con Brunori Sas e qualcuno si commuove per Cristicchi; c’è chi “ma anche Achille Lauro eh” e chi fa un plauso a Lucio Corsi: insomma, siamo d’accordo sul fatto che sul podio non siamo così tanto d’accordo.

Il Festival di Sanremo alla 75° edizione ci arriva con sempre più hype e sempre meno sostanza.

Tralasciando l’agonia di arrivare alla fine di questa prima serata, tra sionismo e ipocrisia, Papa Francesco e quella punizione divina di Jovanotti, anche la tracklist dei pezzi in gara è stata diffusamente deludente. A parte alcune pochissime eccezioni. Tra un Tony Effe che vuole essere Califano, Achille Lauro che si muove tra Venditti e “Tango” di Tananai, prendo un Brunori Sas che ricorda De Gregori, ma quanto meno sa rendere sua al meglio la reference portando sul palco un brano nelle sue corde e perfetto per il Festival.

Infine, salvo quelle che, secondo me, sono due eccezioni: “Eco” di Joan Thiele e “Volevo essere un duro” di Lucio Corsi. Joanita porta eleganza e raffinatezza, un sound che fa presto a destare l’attenzione sopra il piattume generale: mi chiedo come ci sia finita in questa baraonda. Lucio Corsi, fedelissimo a sé stesso, si presenta con gli abiti con cui siamo abituati a vederlo ai concerti: il suo sembra uno dei pochissimi testi non scritti da Chat GPT. Sono rimasto un po’ deluso da Rose Villain e dai Kolors, che portano pressoché lo stesso brano dello scorso anno ma con una marcia in meno.

  1. Brunori Sas – L’albero delle noci
  2. Joan Thiele – Eco
  3. Lucio Corsi – Volevo essere un duro

Raffaele Annunziata

“sbsbsbsbsb”
Nel viaggio in treno da Milano verso la Sala Stampa dell’Ariston, ho avuto tempo e modo di riascoltare i brani in gara.

Ahimè, molti non li abbiamo potuti dimenticare alle sette, ché fino a sabato, almeno, ci toccherà parlarne. I pareri a freddo non sono poi così diversi da quelli maturati a caldo nella lunga, ma non lunghissima, prima serata.

Lucio Corsi viene da un altro pianeta, con una sensibilità così profonda che ti sembra quasi di dovergli chiedere il permesso per entrarci e ascoltare la sua canzone. Noemi è precisa, centrata come non mai e canta con grinta una canzone che però sembra incompiuta. La lotta per la medaglia di bronzo è feroce: Rose Villain è meglio dello scorso anno, Bresh poteva fare un po’ di più, che-ci-devo-fare-mi-è-arrivato-Irama, Brunori è una garanzia ma qui è troppo metodico e risulta asettico. Alla fine, la spunta Joan Thiele, purtroppo relegata a un orario in cui la soglia d’attenzione la risvegliavano solo i meme.

  1. Lucio Corsi – Volevo essere un duro
  2. Noemi – Se ti innamori muori
  3. Joan Thiele – Eco

Filippo Colombo

Colazione da Tony

La classifica di questo Sanremo sembra già scritta dopo la prima serata.

C’è l’aria pesante di uno spettacolo che tenda a mantenere le proprie posizioni non tanto per concretezza di mezzi ma per evitare una disfatta (di share e di opinioni) che dopo la teocrazia di Amadeus ci potrebbe anche stare (su, diciamocelo). Salvate il soldato Carlo.

3 posto: Simone Cristicchi. Traccia stilisticamente ed emotivamente perfetta. Non mi ha fatto sobbalzare dalla sedia ma l’amore che trasuda dal testo mi riconcilia (dolorosamente) con il tempo che passa e i ricordi da difendere. 

2 posto: Achille Lauro. Traccia nata per colpire multitarget. Un po’ Umberto Tozzi, un po’ Jim Stark, un po’ Rai Gulp: si metabolizza (molto) lentamente e ascolteremo (molto) oltre questa settimana santa. Puzzle di qualità. 

1 posto: Giorgia. Perfetta, (forse) troppo. Sarò boomer ma lei è la super ospite, non concorrente. Interpretazione superba su un testo (Blanco e Michelangelo) che non mi esalta particolarmente. L’avesse cantata con Mengoni avrebbe vinto i prossimi 3 festival…

Francesco Pastore

Achille in tiro per salire sul podio?

Fedele a me stessa, come sempre, anche quest’anno nessun pronostico, ma solo come vorrei che fosse – e probabilmente non sarà – la top 3 di questa 75esima edizione del Festival di Sanremo, basandomi su un parametro che, almeno a parer mio, è il presupposto fondamentale per dare avvio alla vita artistica di un brano presentato su un palco come quello dell’Ariston: il rapimento.

Sul gradino più alto del mio podio c’è Bresh con La tana del granchio. Tra gli ultimi a cantare, Bresh è arrivato sul palco e ci ha reso tutti partecipi del suo rapimento. Il rapimento era nella sua voce e nei suoi occhi; era dentro ogni parola della storia che stava raccontando. Il brano giusto, presentato al momento giusto della sua carriera, in linea con un percorso artistico coerente e destinato a evolvere sempre di più.

Al secondo posto c’è Olly con la sua Balorda Nostalgia. Ancora una volta Olly canta un po’ la storia di tutti, con un brano emozionale che descrive visivamente un sentimento in cui ognuno di noi può ritrovarsi.

Terzo posto per Brunori Sas con il suo Albero delle noci, perché sono calabrese e, come ha detto qualcuno “figlia di un indie che ormai è morto”, quindi, sostanzialmente, non potrei mai lasciarlo fuori dal podio.

  1. Bresh – La tana del granchio
  2. Olly – Balorda Nostalgia
  3. Brunori Sas – L’albero delle noci

Chiara Montesano

Ah ecco dove l'avevo già visto
Ah ecco dove l’avevamo già visto

Stamattina mi sono svegliata e con tre ore di sonno non ho capito nulla di quello che è successo ieri.

Riascoltando a mente lucida i brani su cui ero indecisa, la mia classifica è cambiata quindici volte, ma non posso non tener conto dell’unico che fin da subito mi ha smosso qualcosa dentro e mi è rimasto impresso.

Prima di svelarvi il mio podio personale voglio solo dire che sono rimasta sorpresa da Noemi e da Massimo Ranieri e anche da Rose Villain che a differenza di Brunori ha tirato fuori un pezzo dal suo repertorio facendolo sembrare nuovo. Delusa un po’ da Giorgia che a dispetto della sua cifra vocale ci presenta un testo non all’altezza delle aspettative. Comunque Giorgia, indipendentemente dal risultato, avrai sempre tra le mani un cuore: il mio.

Bravo pure Achille che canta “tutto quello che hai passato in università” ma andare a lavoro è peggio, fidati…

  1. Simone Cristicchi – Quando sarai piccola
  2. Lucio Corsi – Volevo essere un duro
  3. Joan Thiele – Eco

Carmen Pupo

Attenzione a Fedez per il podio
Aaaaiuto!

Un festival che è la perfetta fotografia del paese è l’augurio migliore che ci si possa augurare, se non fosse che questo paese è dominato dalla mediocrità; e la prima serata di ieri è stata meravigliosamente mediocre. Attenzione non brutta, mediocre (scegliete voi se sia peggio o no). Mediocre la conduzione, mediocre la scaletta (tolto Jovanotti), mediocri le canzoni.

In un universo di mediocrità succede poi che alcune cose quindi si facciano notare molto più facilmente di tutte le altre, e allora il mio podio diventa più che mai molto facile:

1. Joan Thiele, probabilmente la canzone impacchettata meglio (parole, musica, arrangiamento, “belcanto”, interpretazione)

2. Lucio Corsi, che non amo particolarmente (per non salire mai sul carrozzone dell’indie) che ha saputo portare sé stesso e farne un valore aggiunto anche dentro quel calderone

3. Shablo con Guè, Joshua e Tormento, che hanno portato al festival il rap, l’hip hop quello vero, quello che rende ancora più inspiegabile il fatto che la trap sia diventata fenomeno di costume in questo paese. 

Sforo le parole a mia disposizione per una menzione extra podio: Fedez: vedere una delle penne più brillanti degli ultimi 15 anni in Italia, costretto a essere però vittima di sé stesso, è un gran peccato. 

Manuel Tomba

Tony punta al podio
La settimana santa anche quest’anno è arrivata. Il signor Carlo Conti, in tutta la sua rigidità, ha deciso di far esibire tutti i concorrenti la prima sera.

Ammetto che non mi è dispiaciuta come scelta, così ho il tempo di metabolizzare le canzoni e ascoltarle in loop su Spotify per poi accorgermi che la canzone che mi aveva fatto cagare in realtà non è così male. Come ogni anno unire la ragione con il sentimento mi viene difficile dato che quelli che piacciono a me arrivano sempre dodicesimi. 

Nessun pezzo mi ha fatto saltare dalla sedia (sì Mahmood, ci manchi!), ma dei pezzi validi ci sono. Nel mio mondo utopico la vincitrice è Joan Thiele, ma questo non accadrà mai ma voglio dedicarle la mia menzione speciale.

  1. Simone Cristicchi: questo potrebbe essere il suo Sanremo
  2. Brunori Sas: te lo meriti tatone 
  3. Lucio Corsi: non succede, ma se succede…

Lucrezia Costantino

Spuntino pre podio by Antonella Clerici
Spuntino prima del podio by Antonella Clerici
Per la prima volta nella mia vita ho visto tutta la prima serata di Sanremo e ci sono arrivata anche senza sonno. Stranissimo, data la lentezza e la noia generale che pareva vestire chiunque ieri sera sul palco.

Una prima serata di corsa – tranne per l’ipocrisia sionista e un ciao ciao alla laicità dello Stato. Uno spettacolo davvero piatto, dove si salvano solo alcuni momenti di musica realmente interessante. Ah, anche quest’anno abbiamo ripetuto più volte: “ma non vi ricorda quella canzone?”.

Il mio podio personale diventa molto semplice a questo punto. Menzione speciale a due canzoni che mi aspettavo fossero flop e invece mi hanno sorpresa: La mia parola (Shablo, Guè, Joshua, Tormento) e La tana del granchio (Bresh).

  1. Lucio Corsi – Volevo essere un duro
  2. Joan Thiele – Eco
  3. Simone Cristicchi – Quando sarai piccola

Virginia Ciambriello

San Brunori incontra un fedele

Come prima di un grande viaggio, la linea sottile tra l’essere preparati e guidati è molto labile da far risultare un podio già ben definito, che nonostante tutto, ci piacerà decisamente perché darà a Cesare quel che è di Cesare. La carta Jolly delle esibizioni l’ha avuta chi ha emozionato con il proprio progetto quindi direi Brunori Sas e Lucio Corsi. La quota rosa nel podio se la giocherà Joanita, che ci ha ricordato Mina, incantandoci con sonorità retrò, ma inutile convincerci che Giorgia sia fuori dai primi 3 posti, in quanto siamo tutti d’accordo che continuerà a farci sentire come si canta impeccabilmente.

Dico in fila:

  1. Brunori Sas – L’albero delle noci
  2. Giorgia – La cura per me
  3. Lucio Corsi – Volevo essere un duro

Claudia Verini

Rosa vola sul podio
Rose Super Saiyan Blue

Sembra un ritorno al Sanremo più tradizionale, dove le hit upbeat restano semplici esche per l’audience, mentre il vero impatto arriva dai brani più emotivamente intensi. Se da un lato questo ci risparmia certi pezzi pop prevedibili e banali, dall’altro penalizza chi ha osato portare qualcosa di diverso (ehm Joan Thiele ehm Shablo feat. Guè, Joshua e Tormento). Un ritorno alla sanremese “musica leggera” di cui… sentivamo davvero il bisogno?

Un podio realistico:

  1. Simone Cristicchi – Quando sarai piccola
  2. Olly – Balorda Nostalgia
  3. Lucio Corsi – Volevo essere un duro

Victoria Beni

Finalmente siamo giunti alla settimana che l’italiano medio aspetta per eccellenza: la settimana santa di Sanremo.

Il Festival è ripartito con la solita miscela esplosiva di musica, spettacolo, monologhi infarciti di mediocrità e outfit così audaci da sfidare ogni legge della fisica (e del buon gusto). Tuttavia, almeno per quanto mi riguarda, una sensazione strana ha permeato la mia visione della kermesse: la mancanza di Amadeus (scusa Carlo).

Tra le esibizioni della serata, tre nomi hanno brillato più degli altri, per motivi molto diversi tra loro.

Simone Cristicchi ha riportato sul palco dell’Ariston quella sua inconfondibile capacità di trasformare una canzone in una piccola pièce teatrale. Il suo brano è poetico, nostalgico e lascia quell’effetto da “pugno nello stomaco”, che ti fa riflettere anche mentre il conduttore annuncia la pubblicità. Un ritorno che non delude.

Lucio Corsi ha portato una ventata di anomalia necessaria a Sanremo. Sarà forse lui il vincitore?

Olly, infine, ha portato freschezza e ritmo senza troppe pretese, ma con il giusto entusiasmo. Il brano è orecchiabile, lui è carismatico e si muove sul palco con sicurezza. Non cambierà la storia della musica, ma almeno ha evitato di farci addormentare tra una ballad e l’altra.

Alessia Roccheggiani

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