Temperature alte, umidità e sudore: cose del genere le vivi durante l’estate, o immergendoti in un’esperienza di clubbing. Due contesti diversi, ma neanche troppo lontani, e nel caso di Biancamaria Scoccia le distanze si annullano grazie a un progetto discografico presentato in avvio di bella stagione ma pronto a segnare un’ascesa di certo destinata a tempistiche maggiormente prolungate e scandite con periodicità. Dall’Abruzzo a Roma, il nome anagrafico viene sostituito da Whitemary; con questo moniker si formalizza il debutto ufficiale per 42 Records: “Radio Whitemary” è il nome del long play che alimenta il lascito dopo il primo EP “Alter Boy”.
Si accende la “Radio” di Whitemary
Quattordici tracce che formano un vero e proprio manifesto creativo. L’artista parte del collettivo Poche (con Elasi e Plastica) mette in vetrina le proprie ispirazioni per possederle e rielaborarle, finalizzando le sue proposte in forma inedita.
Parte tutto dall’elettronica, per farci ritorno grazie alla sensibilità che può emergere solo dalle increspature più intime; tutto questo è ancor più reso prezioso dall’abbinamento con invidiabili competenze tecniche. Nei cinquanta minuti scarsi proposti all’ascoltatore c’è spazio per Esperanza Spalding, Moses Sumney, Disclosure, Mac Miller. Sorprende che divide l’appartamento con tali inquilini anche Chet Baker, capace di ritagliarsi un cantuccio di sfumature jazz.
Tutti insieme appassionatamente, per un disco che pesca con respiro eterogeneo ma finisce per risultare decisamente compatto e muscolare di coesione, negli snodi della tracklist. La chiave di volta sta tutta nella capacità di Whitemary di possedere le metodologie tecniche per plasmare un registro espressivo proprio; c’è la perizia di chi conosce l’arte di fare canzoni, mediante processi compositivi e di produzione non certo scontati e giustificabili con la sola urgenza espressiva. Altri arrivano al disco d’esordio con egual forza nei contenuti, ma qui tutta la differenza del mondo la fanno la bravura nel padroneggiare i mezzi, che non è sicuramente poco.
Su tinte oscure, vicine (in una forma tutta autonoma) a quelle notti che restituiscono sollievo alla soleggiata canicola d’agosto, si palesa il costante incedere electro; cassa dritta su ritmi avvolgenti, per qualcosa di immediatamente identificabile ma al contempo originale, autonomo e personale.
La sensazione è di avere a che fare con un disco che segna la fine dell’età dei giochi; dietro l’angolo, il passaggio a uno status artistico più adulto. La maturazione di Whitemary è ovviamente ancora in progress, ma ci sono tutti gli elementi per farci guardare con fiducia agli episodi che verranno. Questa Radio suona a tutto volume e tira calci ai tormentoni da spiaggia, elevando(si) a esemplare degno di non poche attenzioni.
Si respira il futuro, poi guardi il calendario, ti assicuri di vivere nel presente…e pensi che alla fine non è tanto male, con “Radio Whitemary” in sottofondo.