Caspio e il suo mondo perfetto: ai piedi del precipizio

Noi che viviamo in un mondo perfetto, ultimo lavoro di CASPIO, è datato 6 dicembre 2024. Per una serie di (s)fortunate circostanze, ho iniziato ad ascoltarlo seriamente in vista di una recensione durante le vacanze natalizie. Un titolo del genere nel periodo “perfetto” dell’anno per eccellenza: curioso, vero? Film d’amore tutti uguali, costruiti in borghi incantati in cui la bella di turno si trova per caso e incontra l’amore mangiando dolcetti alla cannella, ragazzi fuori sede vestiti a festa che tornano a casa facendo finta che il loro sacrificio stia servendo a qualcosa, storie IG condite di Michael Bublè e regali improbabili.

L’apocalisse più dolce che c’è.

In questa atmosfera, quindi, ascoltare il disco di CASPIO è quasi il tassello perfetto: 34 minuti per 10 tracce.

Come in tutti i lavori dell’artista triestino, fin troppo facile risulta catalogare le influenze: il disco è frutto degli anni 90 e non fa nulla per nascondersi. Gli Smashing Pumpkins appaiono padri putativi del disco, sonorità alternative (letto all’inglese) un po’ brit e un po’ elettroniche reggono lo scheletro di almeno la metà delle tracce (anche se in maniera meno corposa rispetto a Fugit o Giorni vuoti). CASPIO è artista schietto e porta avanti una idea musicale netta e poco incline a carinerie catchy.

Mondo perfetto
CASPIO – Noi che viviamo in un mondo perfetto [Ascolta qui]

Quello che sorprende dell’album e che giustifica il discorso iniziale è la capacità dei testi di CASPIO di creare mondi spaventosamente vivivi. Lui sembra sempre passeggiare a capo basso lungo le pareti di un burrone tetro: si sta accendendo una sigaretta danzando attorno una pompa di benzina. Il mondo perfetto che lui osserva è grottesco: i personaggi narrati nelle sue tracce sono o caduti o sul punto di cadere.

Le atmosfere 90’s, quindi, sono un sottofondo netto: la narrazione è moderna, spigolosa. Come doveva andare, Cinico, Per farsi volere bene sono tracce che richiamano altre latitudini temporali ma assolutamente calate nell’oggi.

Prima di impazzire” merita citazione a parte: qui la danza sul burrone si fa ancora più netta. Chi ascolta non sa se il passo compiuto sarà terapeutico o è anticamera del buio perenne.

Un disco maturo che disegna una sorta di trilogia dello scorrere del tempo. Una metafora neppure troppo velata di un malcontento emotivo che impone la riflessione di opportunità che non esistono e che comunque non avremmo colto. CASPIO protesta senza urlare: non si omologa, non saprebbe farlo.

Curiosità: ho chiuso questa breve recensione rivedendo un film del 1965. Si intitola “Io la conoscevo bene”, film iconico con una diciannovenne Stefania Sandrelli che dalla città cerca fortuna nella metropoli romana e nel suo mondo platinato. Anche lei cercava un mondo perfetto: finirà lanciandosi nel vuoto dal suo appartamento di fronte il Gazometro.

Coincidenza? Tema universale?

CASPIO non fornisce una risposta e chi scrive non lo ha capito. Potrebbe essere la fiammella della speranza o il buio assoluto.

Ad ogni modo, un mondo perfetto.

Di Caspio avevamo già parlato qui

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