Fabio Rovazzi è il più indie del 2018 e non ce ne siamo accorti

Abbiamo passato mesi, ormai più di un anno, a chiederci chi fosse Liberato. E mentre noi organizzavamo simposi sul web riguardo a quanto fosse geniale la “serie” che si accompagna alle sue canzoni, Fabio Rovazzi era impegnato a preparare il pezzo che sono sicura farà parlare di lui per un bel po’.

Vi chiederete perché sto parlando di questa vicenda su “Le Rane” e ora ve lo spiego, giusto per dimostrarvi quanto – nel 2018 – non siano poi così lontani i due mondi del mainstream e dell’indie. Ma prima contestualizzo un po’ il personaggio di Fabio Rovazzi.

Classe 1994, il giovane artista si fa conoscere sui social come youtuber, per poi approdare nelle radio con Andiamo a comandare (sì, dai, quella del trattore). Da quel momento, Rovazzi ci ha donato una serie di tormentoni, ma soprattutto una collaborazione con Gianni Morandi nella canzone Volare.

Morandi è super protagonista anche del video di Faccio quello che voglio, singolo accompagnato da un videoclip di 9 minuti che mi ha fatto riflettere non poco. Nel cortometraggio, Rovazzi svaligia il Caveau dei successi, luogo in cui gli artisti custodiscono il proprio talento. Usa voce e aspetto di varie personalità per sfuggire alle autorità, lasciando il finale aperto ad un seguito. Ci starebbe benissimo come trama di un film Marvel e in effetti un po’ lo sembra. I supereroi che compaiono, però, sono personaggi come Carlo Cracco, Massimo Boldi, Flavio Briatore, Diletta Leotta e tanti altri. Per non parlare poi di Nek, Emma Marrone e Al Bano che prestano la propria voce anche nel singolo.

Ma adesso torno al punto centrale: che c’azzecca tutto questo con la musica che ascoltiamo di solito?

Tendenzialmente, nulla. Poi però, riflettendoci, mi sono accorta di come – ancora una volta – siamo di fronte al risultato di un periodo storico in cui nicchia e mainstream vanno a convergere verso lo stesso punto. Siamo in un momento in cui un singolo difficilmente viene presentato come una semplice opera musicale. Molto spesso il marketing viene prima della canzone stessa. Il progetto Liberato è l’emblema di questo fenomeno, nel bene e nel male: la canzone è colonna sonora di una storia e, soprattutto, di una vera e propria serie. Come il singolo di Rovazzi, d’altronde.

Seguendo questa strada Rovazzi ha osato, spingendosi dove neanche il mondo dell’indie era arrivato.
I protagonisti di Faccio quello che voglio sono i personaggi di una cultura popolare che si trova sul polo opposto del concetto di nicchia – tanto che quest’ultima li usa su internet come dei veri e propri meme -, eppure il fatto stesso di sceglierli, ironizzarci su, fino a dar loro un nuovo volto, è forse la cosa più coraggiosa che potesse fare un artista mainstream oggi.

Coraggioso

Coraggiosa nel contesto di un videoclip che quasi smette di essere un video musicale per diventare una vera e propria “opera” – certamente e volutamente grottesca – che interrompe la canzone ma, nonostante ciò, riesce a farla arrivare lontano forse anche più di un videoclip convenzionale. Coraggiosa, soprattutto, perché Rovazzi non è Liberato. Non si muove in un mercato troppo “libero”, anzi, vive in un contesto in cui scelte che si scostano dalla “normalità” quasi mai pagano.

Tali riflessioni lasciano poco spazio alla musica, è vero. D’altronde anche ascoltando il singolo ci si rende conto di quanto non sia un pezzo che punta alla tecnica o all’esecuzione. La causa di ciò, però, è da ricercare in un periodo povero di contenuti e saturo di forma. Alla luce di ciò, Rovazzi ne viene fuori come l’artista che più si è saputo distinguere. E noi fanatici dell’indie della prima ora possiamo solo accettarlo e aspettare che i video smettano di uccidere le radiostar.

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