In pochi raccontano la sofferenza come i Cara Calma

Il quarto disco dei Cara Calma si chiama ITAMI, e raccoglie dieci pezzi che parlano, senza filtri, artifici o inutile retorica, di sofferenza. Del resto, il titolo è una parola giapponese, che si riferisce proprio al dolore fisico ed emotivo: al disagio che lo provoca, e alla sensazione di star male in sé. ITAMI è un percorso della sofferenza, che vede la sua genesi nella perdita di consapevolezze, nella provincia e che in alcuni casi è autoprovocata. Un percorso che termina con la realizzazione che chiedere un aiuto, di qualunque tipo sia, può essere salvifico.

ITAMI arriva a tre anni da GOSSIP!, ed è stato scritto, cantato, suonato e prodotto interamente da Riccardo, Cesare e Fabiano, che hanno continuato la storia della band bresciana anche dopo l’uscita di Gianluca, il bassista. E proprio loro ce lo hanno raccontato.

È uscito il vostro album, ITAMI. Come il titolo stesso lascia trasparire, è un disco che parla di dolore. La sensazione che si prova mentre si ascolta è quella di un dolore omnicomprensivo, dove gli spiragli di speranza sono pochissimi. È così, oppure la speranza c’è ma è ben nascosta?

Riccardo: noi da sempre, nei nostri dischi, parliamo di un argomento che ci sta a cuore, ovvero la sofferenza e quello che la sofferenza ti porta a raggiungere. Solo cadendo a terra c’è la possibilità di rialzarsi e vedere le cose da un punto di vista diverso. La speranza quindi in realtà c’è: dalla sofferenza, secondo noi, nasce sempre qualcosa di positivo. Anche il fatto di esorcizzare spesso la morte, il funerale, fa tutto parte di questo processo di rinascita dopo una brutta caduta. In questi anni ci abbiamo lavorato molto, su di noi e sulla musica. Ma la speranza è lì: una volta che hai toccato il fondo, invece di continuare a scavare, resta solo da rialzarsi.

cara calma nuovo disco itami
Cara Calma – ITAMI [Ascolta qui]
A livello di sound, mi è sembrato un disco meno “pestato” dei precedenti. Ci sono brani molto rock, però se penso a pezzi come Male cane, Dammi da bere, S.O.S. trovo che la componente di brani più tranquilli sia più alta. È una scelta data dalla necessità di dire certe cose con più calma?

Cesare: secondo me è semplicemente una piccola voglia di cambiamento che si è protratta nella scrittura. Nel disco ci sono anche influenze elettroniche di cui prima non c’era traccia. Il disco è molto vario: non è né tranquillo né super rock, dà una visione molto ampia della musica. Secondo me è un valore aggiunto, nel senso che abbiamo ampliato il nostro sound anche a livello di visione della musica, e quindi abbiamo trovato nuove forme di esprimerci.

Riccardo: diventa sempre più difficile mantenere alta l’attenzione degli ascoltatori in un disco di dieci o undici tracce, e quindi abbiamo voluto creare un percorso. In alcuni pezzi diciamo cose urlando, in altri riflettiamo con più calma. Questo disco è un percorso della sofferenza: ci sono i picchi, e c’è il recupero dal trauma.

Tempo fa avevo intervistato i Voina, e ci eravamo risposti dicendo che la ragione per i pezzi meno rock era che stavano invecchiando, e durante i live serviva un momento per riprendersi dai brani troppo rock…

Cesare: proprio una risposta da Ivo!

ITAMI si apre con Anime e Ket4mina, dove c’è una frase che dice distruggermi fino all’osso è un’abitudine. Quest’autodistruzione è un primo grado del dolore, da cui poi nasce tutto il resto?

Riccardo: essendo il primo pezzo del disco, è proprio da lì che parte tutto. Si cerca sempre di automedicarsi nei momenti di sofferenza, ma c’è sempre questa tendenza all’autodistruzione, al cadere nei nostri vizi, nei nostri difetti, scappare dalle nostre paure e rifugiarsi in qualcosa che ci fa stare bene anche se è autodistruttivo. Parte tutto da lì, fino ad arrivare al pezzo finale, S.O.S., un grido d’aiuto, dove realizziamo che chiedere aiuto non è un segnale di debolezza, di mancanza di coraggio. Anzi, è il coraggio di non mollare.

La nostra droga è avere il cuore in fiamme, sentirsi cenere e non provare niente” – dite in “Dammi da bere“. Forse alla fine questo stare male, o meglio questo farsi del male, è un rifugio, un luogo che si conosce molto bene?

Riccardo: sì, è proprio così. È più facile rifugiarsi in un dolore che si conosce bene in intimità, piuttosto che provare soluzioni nuove e sconosciute.

Il percorso di ITAMI è partito più di un anno fa, con i primi singoli. È un disco che avevate già, e ha avuto un tempo di rilascio lungo, o è nato mentre i primi brani facevano il loro percorso?

Riccardo: entrambe le cose. Avevamo moltissime bozze su cui lavorare, e piano piano le abbiamo portate avanti tutte insieme. Ce l’avevamo già in mente, ma non era ancora stato finalizzato, e piano piano abbiamo iniziato a pubblicarlo. Il concept del disco, però, l’avevamo pensato molto prima.

Negli ultimi mesi, mi sembra di notare una scena di musica rock che sta crescendo e prendendo piede. Non c’è mai stata una vera e propria scena rock, in Italia, eppure adesso ci sono Lamante, i Novagorica, le Risorse Umane, per citarne alcuni, che stanno dando vita a una nuova era del rock in Italia. L’avete notato anche voi?

Fabiano: secondo me ci sono tantissime nuove leve ora. Ci sono nostri amici molto giovani anche, come Le Vite degli Altri o gli Elephant Brain, ad esempio. Non sono band che girano da vent’anni, hanno una storia recente, come noi. Però sì, in effetti, di band rock, non ce ne sono molte. Ci sono gruppi emo, screamo, sottogeneri del rock, lì c’è molto più fermento.

Vi siete mai chiesti come mai in Italia le rock band come le intendiamo in America o in Inghilterra non sono mai realmente esistite?

Riccardo: ce lo siamo domandati mille volte da quando abbiamo iniziato a suonare! La vera risposta, io non sono mai riuscito a trovarla. Dal mio punto di vista è una questione culturale, in Italia il rock non è ancora culturalmente accettato dalle masse.

Cesare: secondo me è perché è molto complesso dal punto di vista della scrittura. L’italiano non si presta metricamente come l’inglese, e quindi scrivere un pezzo rock credibile in italiano è difficilissimo. E quindi molti pezzi finiscono per virare sul pop, sul cantautorale.

itami cara calma sofferenza
Cara Calma, ITAMI
In ITAMI c’è un pezzo che parla della vostra città, Brescia Inferno, dove raccontate anche le difficoltà legate alla scelta di restare a vivere lì. Cos’è che, alla fine, vi convince a rimanere?

Cesare: io in realtà ho appena aperto Skyscanner per cercare un biglietto per un altro posto.

Riccardo: Brescia, nel contesto nazionale, può essere considerata provincia. Fare musica in provincia, per chi ci nato, dà la possibilità di estrapolare il disagio interiore nella maniera più genuina possibile. Il disagio che deriva dall’avere poche opportunità, dal doversi misurare ogni volta con i limiti del territorio.

Voi sentite qualche responsabilità nei confronti della scena musicale della vostra città?

Riccardo: sicuramente, è una prospettiva molto stimolante per noi. Noi siamo molto orgogliosi di portare avanti la musica partendo dalla nostra città, e fare conoscere le entità bresciane in giro per il paese. Essere ritenuti una delle realtà bresciane più grandi nell’underground ci riempie di orgoglio. Quando si inizia a suonare, è quasi un sogno essere ricordati come una band che ha fatto qualcosa nella città in cui si è nati.

Tornando a ITAMI. Non ci sono featuring nel disco, che è una scelta, nella discografia attuale, abbastanza controcorrente.

Cesare: è il primo disco che facciamo in totale autoproduzione. Nei tre dischi precedenti ci siamo sempre appoggiati a un produttore, e anche un po’ suggeriti da loro, abbiamo cercato di avere dei featuring, per poter ampliare il pubblico o per cercare voci che potessero stare bene nel pezzo o scrivere qualche strofa. Abbiamo prodotto ITAMI completamente da soli, e alla fine eravamo molto soddisfatti. Sentivamo che buttare dentro dei feat non per forza sarebbe stato migliorativo, e abbiamo deciso di uscire con un disco Cara Calma al 100%.

sofferenza
Cara Calma

Adesso che è uscito il disco c’è il tour che parte. E poi? Avrete date in più? State scrivendo pezzi nuovi?

Riccardo: per ora ci stiamo concentrando sui live. Da un po’ di tempo abbiamo una formazione nuova, è ormai un anno che il bassista ha deciso di lasciare il gruppo. Quindi ci stiamo concentrando sul live. Ci saranno queste prime cinque live, partendo il 28 marzo da Brescia, e poi ci saranno altre date d’estate, non ci fermeremo per molto tempo.

Dopo tanti anni, cosa tiene insieme voi tre, al punto da arrivare a scrivere un disco completamente da soli?

Fabiano: la risposta breve è l’alcolismo in generale. Scherzo.

Cesare: ma non troppo.

Fabiano: ci conosciamo da tantissimo tempo. Ci vogliamo bene come amici, abbiamo voglia di stare insieme e frequentarci, e poi c’è questa cosa romantica del sogno della musica che ci accomuna. E finché durerà, sarà bello e partirà sempre dal rapporto personale che abbiamo e dall’amicizia che ci lega.

Riccardo: quello che tiene legate davvero le band è il fatto che quando ti devi trovare per fare le prove, per programmare il futuro, alla fine è come trovarsi con gli amici per bere una cosa o andare a un concerto. La viviamo come se fosse stare con gli amici. E finché è così, non finirà.

I Cara Calma porteranno ITAMI in tour, le date:

  • 28 marzo – Brescia, Latteria Molloy
  • 18 aprile – Torino, Capodoglio  
  • 19 aprile – Mezzago (MB), Bloom
  • 3 maggio – Firenze, Glue
  • 9 maggio – Roma, Traffic

Prevendite a questo linkhttps://linktr.ee/caracalmaband

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *