Abbiamo conosciuto Diana durante LeSiepi Spring Contest, si è da subito contraddistinta per il suo essere ansiongena e per la sua penna gentile. Questa intervista è dedicata al suo progetto e alla voglia di conquistare il mondo. Si perchè dovete sapere che Diana è un pò come Mignolo ed il Prof.

“Diana” è un progetto cantautorale, ma al di là del progetto Diana cosa vuole dire, raccontare, narrare?

Diana nasce dall’idea di raccontare storie. Mi guardo intorno e racconto quello che vedo, racconto di  cose che vivo in prima persona o storie di persone con le quali entro in contatto.

A volte parto da immagini, da frasi o da aneddoti, cose che mi colpiscono. Mi fermo e provo ad immaginare e a farci una storia, un racconto.

Cerco di scrivere usando l’ironia, anche quando racconto qualcosa di poco piacevole. Raccontare di qualcosa che ci ha fatto stare male ferma quel momento, lo anestetizza e lo sublima un po’.

Scrivere delle mie esperienze mi metteva in difficoltà, ci ho messo un po’ a far uscire certe parole dalla mia stanza, poi ho capito che in questo modo riuscivo ad assimilarle, ad essere più consapevole, a dargli anche il giusto peso.

Lo spunto è sempre qualcosa che mi è davvero accaduto o su cui rifletto spesso. Anche quando a volte mi metto un po’ a filosofeggiare, cerco sempre di farlo attraverso immagini concrete e quotidiane, cose che capitano a me ma nelle quali anche gli altri potrebbero riconoscersi. E quando questo accede, quando gli altri si riconoscono in quello che scrivi e che canti, e te lo dicono e ti ringraziano, è davvero molto bello. E se c’è qualcuno che apprezza la tua musica ha senso continuare a farne.

Facci ascoltare, qualcosa di tuo che non vuoi più tenere per te.

Parla di questo brano, come nasce? Come cresce? E cosa vorresti diventasse?

La storia di Plexiglass nasce una sera piovosa di Dicembre. Ero con un amico a chiacchierare e ad un certo punto lui mi fa tipo un test di psicologia, di quelli che misurano quanto sei egocentrico…o disagiato!
Insomma, mi fa questo test e viene fuori che il mio ego era rappresentato da un cubo di plexiglass blu, leggero e trasparente, che ci puoi guardare dentro. Il suo invece, quello del mio amico, era un cubo di cemento armato.

La cosa curiosa però è che il suo, pesante, era sospeso in aria a 20 metri di altezza, mentre il mio, leggero, era ancorato a terra.

Così ho pensato ai mostri che abbiamo, che ci creiamo da soli e dai quali non riusciamo a liberarci; ho pensato che non dovremmo avere paura delle nostre debolezze, che anche quelle fanno parte di noi, e che dovremmo allenare la nostra mente a vedere il bene in ogni situazione, senza guardar indietro, che tanto ci siam già stati.

Ho pensato che non si arriva tanto in alto se non si sbaglia mai e che alla fine anche un cuore a pezzi non è altro che un puzzle da ricomporre.

Plexiglass è una canzone positiva, che insegna a sbagliare responsabilmente 🙂

Hai partecipato a LeSiepi Spring Contest e al Songwriting camp organizzato da Sony/ATV Music Publishing Italia. Che esperienze sono state?

Scrivo da sempre, ma solo da un annetto ho deciso di liberarmi dall’imbarazzo e di far uscire dalla mia stanza le cose che scrivo.

Nell’ultimo periodo ho partecipato a vari contest musicali per cantautori e ogni volta è sempre una bella esperienza suonare la propria musica e raccontare storie davanti ad un pubblico che non sa chi sei, ma con il quale piano piano entri in confidenza. E mentre racconti un po’ di te, ti sorride.
Ti metti a nudo e non è mai una cosa facile. Ogni volta, 2 minuti prima di salire sul palco, mi scoppia il cuore e penso che avrò un infarto, ed ogni volta, 2 minuti dopo essere scesa dal palco, mi chiedo come ho fatto a metterci così tanto.

Suonare al TILT di Avellino per LeSiepi Spring Contest è stata una bella avventura, mi sono messa in macchina con la mia amica (grazie Robi <3) e la mia chitarrina rossa cassa jumbo, ci siamo fatte 400 km andata e ritorno e siamo tornate alle 4 del mattino. 2 ore dopo è suonata la sveglia e sono andata in ufficio a lavorare, ancora con l’adrenalina addosso.

Ho conosciuto tanta gente, tanti musicisti, il TILT è un posto molto bello e l’accoglienza che mi è stata riservata ancora di più.

Adesso sto lavorando ai miei pezzi e prestissimo saremo in studio a registrare, ma suonare davanti al pubblico mi sembra, molto più dei dischi e Spotify, la destinazione finale di quello che uno fa.

Partecipare al Songwriting Camp è stato figo, davvero.

Quando ho mandato la mia candidatura e i miei pezzi, a dir la verità non mi aspettavo di essere scelta. Poi a inizio settembre ho ricevuto una mail che diceva “Ciao Diana, la commissione di autori e produttori Sony/ATV ha selezionato il tuo profilo, complimenti!”. Ero molto felice.

Essere lì con altri ragazzi che venivano appositamente da tutta Italia e che condividevano la mia stessa passione. Ascoltare in anteprima pezzi che poi tutte le radio avrebbe passato qualche mese dopo. Stare in studio dalla mattina alla sera, tornare a casa e continuare a scrivere. Mettersi in gruppo, o provare da soli, con le cuffiette nelle orecchie, un foglio e una penna, e la chitarra un po’ addosso e un po’ a fare da piano per scrivere. Guardare la lavagna, leggere tutti i nomi della scena musicale italiana del momento, e pensare “Ok, oggi proviamo a scrivere per…” e ritrovarsi in studio a scrivere con gli autori della Sony.

Il songwriting camp mi ha permesso di iniziare a capire che direzione e che stile vorrei che prendessero i miei pezzi, mi ha permesso di confrontarmi con musicisti bravissimi e con i quali sono ancora in contatto. Magari in futuro nascerà qualche collaborazione 🙂

Per te è stato un anno pieno, in questi 365 giorni cosa hai…

Imparato?

Ho imparato a ricominciare. Mettere un punto e andare a capo.

Cambiato?

Il mio taglio di capelli.

Sognato?

Di andarmene in Grecia starmene un po’ lì.

Rischiato?

Di perdere un aereo.

Odiato?

Gli indecisi. Io per prima.

Amato?

I coraggiosi, quelli che non si arrendono mai.

Desiderato?

Perdermi in un posto nuovo.

Nascosto?

Consigli preziosi nelle tasche, da portare sempre con me.

Scoperto?

Che tutto ciò che non è reciproco, è inutile.

Sopportato?

I treni in ritardo. Che arrivano puntuali quando sei in ritardo tu.

Non saresti chi sei oggi se…

se non avessi accettato i miei difetti e non ne avessi fatto punti di forza.

Cosa ti aspetti di realizzare nel tuo futuro?

Ho tanti interessi, faccio tante cose e sono sempre in cerca di nuovi stimoli. In questi anni e tra tutte queste cose difficili da tenere in equilibrio, la musica ci ha messo un po’ a prendersi lo spazio che le spettava.

Oggi non so bene cosa aspettarmi, ma di certo sento che ho ancora tanto da dire e tanto da scrivere.

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