Moci @Auditorium: l’importanza fondamentale del live per valutare un artista

Quello che stiamo vivendo a livello musicale, a mio avviso, è un vero e proprio Rinascimento 2.0 della musica italiana. Solo che se nel rinascimento la tendenza era quella della musica da Camera in cui il ruolo del singolo strumento era sempre individuale, in questo nuovo Risorgimento, quello della musica da Cameretta, gli artisti mettono in nota la propria individualità che sinfonicamente si lega a quella degli ascoltatori.

È questo il nuovo underground, quello che il Mainstream chiama Indie, è questo che accade nelle camerette, i diari “segreti” diventano spartiti, e facendosi strada nelle cuffie sfociano nelle piazze.

E mentre i cantanti cantano ciò che vivono o vorrebbero vivere, c’è chi sa intonare solo critiche spicciole da bar con lo slogan: “i giovani non hanno più nulla da dire!”

Potrei dilungarmi all’infinito sul discorso ma perderei di vista il dover fare mea culpa, in questo caso, rispetto a quello che ho appena detto.

Ebbene si, perché un po’ di tempo fa ascoltai per la prima volta Moci in acustico e pensai: “che palle! È solo un ragazzino come tanti che strimpella una chitarra per evitare di prendersi le proprie responsabilità e andare a lavorare!”.

Poi si esibì sul palco di “It’s up 2 u” e alla fine della sua esibizione, essendo in conduzione, non potetti esimermi dal cambiare idea e dal dirlo apertamente. Non potevo perciò declinare l’invito della sua etichetta, Sbaglio Dischi, al suo live all’Auditorium e ho deciso di scrivere un articolo.

Dopo tutto questo bla bla non vi ho ancora detto chi è Moci e non lo farò perché credo che a questo punto sia giusto che lo faccia lui.

Dai su Marco, presenta al pubblico delle Rane Moci e la sua musica!

Lui è Moci ed il suo è un cantautorato pop tappezzato di chitarrine indie e distorsioni fuori contesto che ogni tanto sfocia nella psichedelia. Ma soprattutto tanta tanta tanta atmosfera post adolescenziale con ultimi rimasugli di acne e sudore con un po’ di dolcezza! Faccio musica che è come il fango: il fango è la terra che vedi tutti i giorni ma che si è bagnata, di sudore o lacrime, e quindi ti si appiccica addosso ed è fastidiosissima!

Dove ci troviamo?

Nello stanzino dietro al Teatro Studio Borgna , che credo fosse l’ex studio 

E prima eravamo dall’altra parte, e tu avevi davanti a te un pubblico accomodato sulle poltrone dell’Auditorium, ed il tuo disco non è ancora uscito. Tra quanto ti saresti immaginato su questo prestigioso palco?

Più o meno mai! È un posto che in realtà frequento da quando sono piccolo perchè con papà vengo spesso a sentire dei concerti o a vedere spettacoli teatrali. Eppure non mi sarei mai immaginato di poterci suonare, non riuscivo ad associare le due cose. Era più plausibile immaginarmi sul palco del Monk che non qui, ed infatti qundo mi è stato proposto ho sentito tutto tremare: fighissimo!

Dato che sei un cantautore in erba ti chiedo, quanto ha cambiato la tua performance questo concerto indoor rispetto ad un concerto outdoor in piazza o un festival magari davanti al triplo della gente ma in un posto meno incensato?

È solo il fatto che la gente sti seduta che rende diversa la cosa, specie per il fatto che noi tendiamo a fare molto casino, e per fare casino serve una situazione caotica anche a livello visivo. In un caso come questo eravamo preparati, ci siamo detti: “ok, possiamo fare casino ma non dobbiamo spaventarci se tutti restano seduti. E non dobbiamo lasciare che il fatto di trovarci all’Auditorium possa frenarci in qualche modo“, anzi questo posto ci ha portato a provare ancora di più ed a rifinire alcune cose perché in una situazione come questa non ci potevamo permettere di fare alcuni errori… che abbiamo comunque fatto eh! Però è stato come un esame di maturità della musica del progetto Moci.

E cosa ti è ronzato in testa di continuo come domanda appena salito sul palco?

Oddio mo ci sta ‘na parolaccia, nonna che penserà? Perché sulla prima canzone ci sta la parla merda!

Quando hai iniziato a scrivere, come pensavi che saresti arrivato al successo: passaparola, web, un calcio nel sedere in una radio?

Partiamo dal presupposto che scrivere canzoni in questo modo ed in italiano soprattutto è nato per gioco, come uno scherzo davvero, quasi a voler parodizzare il cantautorato indie. Poi ho iniziato a divertirmi facendolo e ho cominciato a farlo seriamente scrivendo canzoni che su cose che vivevo realmente. Però non avevo intenzione di lanciarmi con questo progetto, è nato tutto per “sbaglio”! Mandai un messaggio ad un locale per provare a suonare dei pezzi per farli sentire ai miei amici ed il proprietario del locale, il Pierrot le Fou , stava aprendo un’etichetta. Ha ascoltato i pezzi, gli sono piaciuti tantissimo e quindi è successo! Io non mi aspettavo niente, ma quello che mi aspetto adesso è quello di continuare a suonare live al meglio facendo divertire il più possibile e fare un disco bello.

Sai che la prima volta che ti ho ascoltato ho pensato: “che palle!”. Poi ti ho visto live, che è fondamentale per giudicare un artista perché un disco se non prende vita diversa ad un live è solo un abbaglio. Ti ho visto live e mi sono ricreduta perché tu riesci, a mio avviso, a fare una cosa bellissima: in maniera impacciata e timida riesci ad essere aggressivo sul palco! Ma tu come vorresti che gli altri ti vedano? Come o dove ti dovrebbero ascoltare? Cosa vorresti che arrivasse a pieno a chi ti ascolta?

Non mi interessa tanto il luogo o la situazione fisica ma vorrei che ci fosse tanta immedesimazione, che è quello che per me è importante e che faccio con la musica che mi piace. Non tendo a cercare una situazione giusta per ascoltare i Verdena, De Gregori o Mac DeMarco è più lo stato d’animo che importa e che mi spinge a cercare il disco, non la canzone, che in quel momento riesce a farmi sentire più a casa. Ecco vorrei che ascoltandomi si sentissero a casa, al sicuro e con qualcuno con cui condividere il proprio stato d’animo.

E quanto questa loro immedesimazione ti spaventa?

Eeeeeh in verità non è una questione di paura quanto più di rischiare di essere frainteso, quello è un mio timore ricorrente. O forse è qualcosa che non mi spaventa e basta, perché tanto ognuno nelle canzoni ci trova quello che vuole, ma quando qualcuno si immedesima la cosa non mi fa sentire solo né scemo.

Tornando al concerto, quando ti sei reso conto che proprio il tuo lasciarti andare e non pensare a quello che stavi facendo è diventato a tutti gli effetti il concerto?

Al primo applauso, quando senti l’applauso senti che non sei da solo, non sei in sala prove né in studio.

La cosa più difficile da accettare a volte è uscire l’ultima volta dallo studio di registrazione con la consapevolezza che il disco è finito e che ormai il dado è tratto; tornando indietro con la consapevolezza di adesso, il disco sarebbe diverso?

Questo è un tasto molto dolente! Ho cambiato già idea una volta al mese e per questo Strina, il batterista, mi ha odiato tantissimo! Adesso mi sono abbastanza stabilizzato e sono comunque ancora nella fase in cui se cambio idea non succede niente perché stiamo per registrare. Se potessi tornare indietro sui pezzi che sono già usciti avrei un atteggiamento diverso: andrei subito in studio a registrare le batterie vere. Ma non rinnego quello che ho fatto, è semplicemente che sono piccolo d’esperienza e quindi solo per capire come volevo questo disco ho impiegato due anni trascorsi a suonare live. All’inizio non sai cosa potresti fare, spesso non proponi quello che vuoi perché ti vergogni, adesso voglio fare quello che voglio, ed anche se a quarant’anni mi farà schifo potrò comunque dirmi che era ciò che volevo a vent’anni senza compromessi.

Moci, ma se dovessi renderti conto ad un certo punto di esser diventato agorafobico e di non poter affrontare i concerti appena finito il tuo disco, a chi lo concederesti della scena? 

Italiani o i Verdena o Giovanni Truppi, che ne so una super band con i fratelli Ferrari e Giovanni Truppi sarebbe figo. Dovrebbero cantare entrambi, Ferrari le canzoni più alternative e Truppi quelle più dolci. Oppure solo Truppi che per me è la voce più bella che attualmente ci sia in Italia.

In un contesto musicale in cui si è perso il senso delle chitarre, e tu in questo sei una mosca bianca insieme al “cugino” Bartolini, dato che sei bassista ti chiedo: il basso che da sempre è visto come il Robin della chitarra come potrà ribaltare tutto questo?

Io non suono bene la chitarra e non mi piace nemmeno suonarla, vorrei suonare il basso sul palco ma ho un problema da quando avevo 12 anni e volevo suonare come Paul McCartney, non riesco a cantare ed a suonare il basso. Io in studio registro il basso perché è lo strumento su cui costruisco il resto dell’arrangiamento. Hai fatto un’ottima similitudine: la gente vede nel basso Robin e nella chitarra Batman, ma nel mio mondo la chitarra è il Joker e il basso è Batman ed il synth è Harley Queen: cattiva ma fregna!

 

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Foto di Chiara Mei Photography

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