Mèsa: a noi avete lasciato la libertà di improvvisare

FUTURA nasce con l’aspirazione di generare una rete creativa che unisca donne in contatto con il mondo della musica, partendo dalla presa di coscienza che il popolo femminile, all’interno di esso, non riesce ancora oggi ad avere lo spazio che merita.

In occasione dell’anteprima del Mish Mash Festival al TPO di Bologna, abbiamo incontrato Federica Messa, in arte Mèsa, nuovo esordio targato Bomba Dischi; quale occasione migliore per discutere con lei di questo fenomeno.

Anche a te è capitato di avere l’impressione che il mondo della musica sia predominato dal genere maschile?

Assolutamente sì, noi donne siamo pochissime; questa è una domanda frequente e quando mi capita di rifletterci su, riesco a contare davvero poche donne. Da un certo punto di vista, sono contenta di far parte di questa minoranza ma dall’altro, se devo cercare di dare una spiegazione a questo fenomeno, davvero non ci riesco.

C’è qualcuno che rilega la figura femminile al ruolo di interprete, non considerando invece che le autrici oggi in Italia sono a migliaia. Non si deve parlare di un numero esiguo di autrici, quanto magari della loro difficoltà di superare l’empasse iniziale e trovare la forza di fare quel salto di professionalità che permette loro di essere maggiormente visibili.

Ancora sul tema “donne nella musica”, ti è mai capitato di avere l’impressione che il tuo essere ragazza potesse ostacolare la tua carriera artistica?

Sicuramente ci sono volte in cui se a dire una certa cosa sono io, quando ad esempio faccio un appunto ad un fonico durante un soundcheck, la frase suscita un certo effetto; se invece la stessa richiesta proviene dal mio bassista, chitarrista o batterista, loro di solito vengono ascoltati prima.

Forse in Italia c’è ancora l’idea che il mondo della musica sia maschio e che le ragazze abbiano sì una voce carina ma che poi in fondo in fondo non ci capiscano granché. In realtà però devo ammettere che non posso dire di aver riscontrato grosse difficoltà. Dopo l’uscita del mio Ep a gennaio 2017, è arrivata subito la proposta di fare un disco quindi posso ritenermi fortunata. Il mio Ep è stato totalmente autofinanziato, cercavo quindi un ufficio stampa che mi aiutasse nella fase immediatamente successiva ed è stato in quel momento che sono entrata in contatto con Sporco Impossibile, costola di Bomba Dischi.

Il tuo album, “Touché”, è uscito il 2 marzo. Come sono stati questi pochissimi mesi?

Una figata! Il release a Roma è stato molto bello: tante gente, la mia città, i miei amici. Poi diretta a Milano, all’Ohibò; non mi aspettavo un pubblico così fomentato! Siamo poi arrivati a Napoli, oggi ho raggiunto voi a Bologna e poi sarò al Mi Ami. Sta andando bene, la risposta c’è; so anche però che il mio disco non è un disco semplice, gli arrangiamenti e i suoni si discostano un po’ da quello che si fa oggi.

Sono contenta del fatto che chi fa lo sforzo di concedersi il giusto tempo per poter ascoltare bene il mio album, mi incontra e mi dice che ha apprezzato. Per chi invece si ferma ad un ascolto superficiale, capirlo e capirmi diventa sicuramente più ostico.

Sul palco e in foto ti vedo sempre abbracciare la tua chitarra, non te ne sei mai separata?

No e ti dirò di più: non ho mai nemmeno cantato senza suonare, non saprei dove mettere le mani! (ride, ndr). Ultimamente però sto iniziando ad imparare a suonare la tastiera, chissà se un giorno mi vedrete sul palco con quella. Sto scoprendo una nuova dimensione della musica e anche la mia scrittura è stata risucchiata in questo vortice di stravolgimento; mi sto dirigendo verso il pop.

Non mi sembra tu sia solita giocare molto con la tua immagine…

Il primo singolo “Oceanoletto” volevo non fosse accostato ad alcun video, ci premeva che l’attenzione fosse focalizzata sulla parte strumentale. Di “A chi” invece, il pezzo più pop del disco, è stato fatto un video on the road, su di un furgoncino a bordo del quale c’ero anche io. Ho un po’ di difficoltà ad associare la mia musica ad un’immagine ben definita, non amo particolarmente comparire in prima persona perché non credo sia questo quello che mi fa sentire a mio agio.

Magari tra un anno però impazzisco e mi metto a fare Levante.

Il singolo “un esercito orizzontale” sintetizza un conflitto generazionale, cosa c’è alla base di questo pezzo?

Ci sono io su un treno, direzione Torino-Trieste.

Stavo andando a suonare, un viaggio infinito e come si sa, quando si ha molto tempo a disposizione, è facile essere assorbiti dai propri pensieri. Ho pensato al fatto che avevo raggiunto quasi i 25 anni, la stessa età in cui mia madre si è sposata. SHOCK. Io ero in un periodo molto particolare della mia vita, ho cercato di indagare sul perché oggi per noi sia così difficile incasellare la nostra vita nelle scadenze che si davano i nostri genitori.

La loro è la generazione “della linea retta”, della vita scandita per fasi senza sbavature: scuola, matrimonio, lavoro, figli.

Noi invece, anche per fattori che non dipendono sempre da noi, percorriamo una strada con infinite curve e questo spesso viene frainteso. Non è mancanza di voglia di fare, è che noi sogniamo molto più di loro.La nostra generazione crede nelle vie più difficili, sia perché siamo costretti a trovare sentieri poco battuti che possano aiutarci ad emergere ma anche perché credo che siamo più liberi di quanto non fossero loro.Questa canzone parla di questo: “la noia ce l’avete tutta quanta voi. Noi no”.

La canzone gioca su questa differenza di prospettive, non è un attacco a loro ma una difesa nei nostri confronti.

Cosa credi quindi di aver fatto che tua madre non avrebbe mai fatto?

Se non fosse stato per mia madre, io oggi non sarei qui. Mia madre è siciliana e se lei avesse mai provato a dire a mia nonna che la sua intenzione era vivere di musica, non credo le sarebbe stato permesso. Oggi i miei genitori invece mi supportano con forza, tanto che capita mi seguano in una delle tappe del tour e ci credono davvero in questa cosa.

C’è stato un momento in cui hai percepito il peso di aver scelto di percorrere questa strada?

Più passa il tempo, più capita. Io ho una laurea triennale in lettere e non ho avuto modo di continuare quel percorso perché è uscito il mio Ep; avevo in mente di insegnare e quindi se mai un giorno dovessi capire che la mia strada è effettivamente quella, sarebbe complesso riprendere i libri in mano a 30 anni.

Ogni tanto ci penso ma per il momento vivo l’istante.

Desiderio supremo: con chi vorresti condividere un palco? Supremo perché puoi trascendere lo spazio e il tempo

 Sicuramente dobbiamo andare in America. Prima però tappa obbligatoria in Italia: mi piace tantissimo Carmen Consoli; amo tutto di lei, la sua scrittura, la sua immagine, la sua identità.

Arriviamo quindi in America; ci incontriamo a metà strada, tra terra e cielo: è Kurt Kobain. No aspetta, forse vorrei più che ci amassimo e non che scrivessimo una canzone insieme.

Ti dico allora Elliot Smith, arriviamo in paradiso perché lui sicuramente è li.

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