La guerra di “Bart Forever” è finita, o forse non è mai iniziata

Vi siete mai soffermati un minuto a ragionare sulla figura del cantante? La letteratura sulla natura dell’artista ad oggi abbonda, ma c’è una cosa su cui tutti gli autori sono d’accordo, ovvero il carattere bidimensionale. In una sola persona si condensano due istanze: il mito della celebrità e la routine di una persona comune. Definire Bartolini una celebrità è eccessivo, lo so, ma non fa eccezione. Anche lui si sveglia presto alla mattina per evitare la coda alle poste, poi suona sul palco del MI AMI e non c’è dubbio: è un’artista. Dopo averlo ascoltato live per la prima volta, un pensiero mi si è insinuato in testa: non sento né vedo alcuna differenza con Giuseppe. Ne sono convinto. Eccomi dunque a scrivere di Giuseppe Bartolini, calabrese classe ’95, che il 10 giugno ha pubblicato il suo secondo album per Carosello Records dal titolo Bart Forever: un omaggio al sé adolescente che non se ne è mai andato.

Se c’è qualcosa di ricorrente nei cosiddetti teen-years è il conflitto.

Quello di Bartolini è latente, invisibile agli occhi, ma non certo meno vero. Sono gli anni in cui la propria sensibilità viene messa alla prova più e più volte fino a mettere in discussione le persone che siamo. Ci si ritrova soli in mezzo agli amici. Si dicono tante cose, ma si viene fraintesi. È il momento in cui i meccanismi di difesa si attivano e noi, ignari di tutto, ce ne accorgiamo solo anni più tardi.

Con la maturità dei 27 anni Bartolini siede al tavolo con la persona che era fino a qualche tempo fa. Da questo dialogo non sorgono domande, sorgono scorci che la memoria pensa di aver rimosso, ma che il corpo ricorda bene. A scandire la psicanalisi, un anno vissuto a Manchester e la perdita di due punti di riferimento: il padre e l’amore.

La Sanguisuga dello scorso album (“Penisola”, di cui abbiamo parlato qui) ha lasciato ancorate poche solide certezze nella testa di Bartolini:

Ascolta io non ho mai tradito nessuno / Ascolta io non ho mai capito chi sono

Anticipate fàticamente da quell’ascolta che si riserva alle cose che ci si era promessi di non dire mai. Confessioni che insieme sono punti di partenza e d’arrivo di un disco che ci ricorda che il narratore non è cambiato. A due anni dalla sua ultima raccolta Bartolini ammette senza vergogna di essere ancora ricolmo di domande. La sua virtù sta nel riuscire a porle anche quando le parole giuste non sovvengono.

Molto esplicativo in questo senso è il verso d’apertura di Forever: “Pensieri che non riesco ad uscirne”. Le sensazioni che il cantante insegue appaiono lucide e accessibili, ma una volta esplorate, lo risucchiano. Quasi impossibile trovare le parole giuste per uscirne. Intrappolati dentro a questo blob cangiante, anche il più prorompente incontro amoroso conduce alla morte. Per notarlo basta uno sguardo.

Bartolini – Bart Forever [Ascolta qui]
Tra i brani più rappresentativi dell’album spiccano i singoli che ne hanno anticipato l’uscita.

L’amore carnale di Forever diventa vera e propria dipendenza in Luci, pezzo prodotto da Arssalendo in collaborazione con i Thru Collected. Se almeno una volta si è stati invaghiti di una persona, è impossibile non rivedersi nei versi del ritornello:

Anche se penserai solo ai fatti tuoi / Non respirare senza di me / Non fare niente che io non farei

E si è subito teletrasportati sui banchi di scuola. La prof che spiega la presa della Bastiglia, mentre si consuma una penna a forza di scrivere compulsivamente il suo nome. Dalle cuffie ancora collegate risuona Mon Amour.

Se è vero che gli occhi sono il riflesso dell’anima, in Non Piove featuring Lil Kaneki quelli di Bartolini vedono solo l’inizio dell’ennesimo calvario: il lunedì. Costretto a trascinarsi fuori dal letto con l’obbligo di dover assistere a ciò che non può avere, le ore diventano interrogatori, i giorni una condanna.

Una lieta sorpresa giunge da Settimane featuring European Vampire. Una collaborazione che in pochi si aspettavano vista la distanza fra il suono del duo romano e quello di Bartolini. La chitarra nottambula di Mark Ceiling è incalzata dall’intuizione del cantante calabrese che in tre versi riassume il concept dell’album:

A volte siamo la guerra / A volte mi sento stupido / A volte mi sento un altro

Bart Forever, Bartolini
Sentirsi appesi, colti da una distrazione esistenziale. Meri spettatori di una finzione che non si riesce a penetrare. Andare per la prima volta a Parigi e farlo da soli.

L’intro che fa l’occhiolino ad Agony di Yung Lean preannuncia Fulmini, fenomeni affascinanti quanto spaventosi, premonitori per natura. Tutto avviene in un istante: il bagliore anticipa il rombo. Il tutto diventa niente, la persona che si ha amato si rivela uno sconosciuto.

Per essere la natura non necessita spiegazioni, semplicemente è. Gli esseri umani sono più complicati: ogni azione è ricondotta ad un soggetto. Inesorabilmente esposti alla colpevolezza: nonostante si agisca per il bene, spesso si finisce per essere pugnalati alla Schiena, lì dove Bartolini somatizza la propria solitudine.

Le parole non dette sono ormai digerite e malgrado ora ci sia più spazio nel letto, non può fare a meno di chiedersi cosa stia facendo. Non per gelosia, ma per compassione.

La copertina a cura di Davide Rossi Dario è magistrale nell’incapsulare l’umore e l’immaginario di Bart Forever. Voltando gli occhi al passato lo sguardo dell’artista non può che essere miope e indistinto, come raccontano i testi. L’effetto sgranato che traspare dalle canzoni si sposa con l’istantanea che ritrae Giuseppe da bambino. L’espressione beffarda ricorda una persona ben diversa da quella che è oggi, ma è proprio così che Bartolini vorrebbe sentirsi: un bambino non ancora toccato dal dolore della vita.

Ieri e oggi, per sempre Bartolini.

P.S.: Guai a chi osa fare battute riconducibili ad un famoso servizio di consegne a domicilio.

Prossime date:

22 Giugno – Torino – Spazio211

27 Giugno – Roma – Villa Ada Festival

6 Luglio – Bologna – Covo Summer

16 Luglio – Piacenza – Kult

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