“Album dei ricordi”, il nuovo progetto di Ciulla, corale e originale

Nel mondo artistico, la voce è stata studiata, vivisezionata ed esasperata, attraverso esperimenti e contorsionismi di ogni tipo. Il tutto cercando di masturbare il fono, dal greco phoné, ovvero la voce, il suono. Ciò Carmelo Bene, maestro del linguaggio e della fonetica, definì vera e propria musicalità, ma anche e soprattutto silenzio. Tra gli esempi più calzanti, a noi più vicini e familiari, ci sono “Stripsody” di Cathy Berberian, la tecnica dello scat, “Brava” di Mina, le ricerche di Frank Zappa, l’elettronica.

La pratica del “canto parlato” risale a secoli fa. Sin dal Seicento, l’Opera era un alternarsi di arie e recitativi. Al contrario dell’aria – composizione vocale interamente cantata -, nel recitativo il cantante/attore intonava delle note. Accompagnato dall’orchestra o da un singolo strumento, senza però delineare una melodia stabilità e precisa, seguiva il senso e l’andamento del discorso. I dialoghi parlati, parte integrante del genere operistico di odierna e comune concezione, successivamente, sostituiranno tutti i recitativi.

Chi ha detto che una canzone debba essere necessariamente cantata? Forse basterebbe parlare, ma non chiamiamole canzoni.

28 luglio 2020. Il cantautore toscano Antonio Ciulla, noto semplicemente come Ciulla, classe 1991, pubblica la canzone Mamma ho perso lo stereo. La storia orecchiabile parte dall’estate del ’97 e si stende sino alla contemporaneità, animandosi di sentimenti, ricordi, sogni e problemi. Poco dopo, Ciulla lancia una “call action” sui social, rivolgendosi ad amici e fan, chiedendo loro di inviare, attraverso delle note vocali, racconti, aneddoti e ricordi legati all’infanzia o all’adolescenza. Ecco che nasce il disco Album dei Ricordi (Costello’s, 2020) un progetto formato dal singolo precedentemente citato e da diciannove racconti parlati, ben musicati da Ciulla.

Trattasi, certamente, di un progetto innovativo.

Una cosa simile, in realtà, è già stata provata, recentemente, da Germanò, nel brano “Macao”, contenuto nell’ottimo album “Piramidi” (Universal, 2020). Per non parlare poi di tutti i monologhi che, nel corso dei decenni, sono stati musicati e incisi. Sì, è giusto chiamarli racconti. Ma non è strettamente indispensabile, dal momento che qualsiasi forma d’arte è un racconto, espressione interiore, fantastica o realistica che sia.

Il disco di Ciulla – secondo dopo l’interessante Canzoni dal quarto piano (Black Candy Records, 2019) – è un lavoro corale e non annoia mai grazie alla sua varietà timbrica, emotiva e contenutistica. Merito degli attuali strumenti tecnologici, è il frutto saporito di un giusto modo di concepire la musica, le arti, le idee, la vita: attraverso la condivisione.

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