Premio Buscaglione, i semifinalisti: Tōru, Ett e I Cieli di Turner

Dal 12 al 14 Marzo a Torino andrà in scena la fase finale del Premio Buscaglione. Noi come partner del premio di qui alle prossime settimane vi presenteremo i 12 artisti selezionati per le semifinali. Infatti le prime due giornate saranno dedicate alle semifinali mentre il 14 Marzo vedrà esibirsi i migliori artisti selezionati nei giorni precedenti.

Ognuna delle tre serate avrà un ospite speciale. Il 12 Marzo insieme ai primi semifinalisti saliranno i Siberia, il 13 marzo invece sarà la volta di Margherita Vicario. La guest della serata finale invece sarà il nuovo fenomeno di casa Maciste, Fulminacci. Noi ci saremo e non vediamo l’ora! Intanto cominciamo a presentarvi tramite un’intervista lampo 3 dei 12 semifinalisti.

Per qualsiasi informazione riguardo il premio www.sottoilcielodifred.it

Tōru

La band o l’artista si racconti al pubblico in massimo 150 parole, immaginando di inoltrare una sorta di lettera motivazionale.

“Perché Tōru?” Mi chiedono spesso. Tōru è un nome “rubato” da un romanzo di Haruki Murakami a sua volta “ruba” il titolo a una canzone dei Beatles, Norwegian Wood. Un romanzo fatto di contrasti, in cui la bellezza della vita si scontra spesso anche con la sua più cruda realtà. Questa forma di contrapposizione è ciò che io ho sempre cercato di raccontare nelle mie canzoni , anche a rischio di esser “scomodo” in questo senso. Raccontare ovvero il mondo esterno raccontando sé stessi e ciò che viviamo sulla nostra pelle. Credo che la musica in questo senso abbia il dovere di essere, anche implicitamente, un atto sociale con il fine di smuovere una forma di coscienza, pensiero o sentimento nei confronti di chi l’ascolta. L’arte  in fin dei conti è comunicaizone e , per questo motivo, una responsabilità.

Influenze: quali sono state le principali influenze artistiche che hanno determinato e plasmato in qualche modo ciò che è in questo momento il vostro progetto? E perchè?

Sicuramente il lavoro fatto con il mio produttore artistico è stato fondamentale, soprattutto perché si è trattato di un percorso che si è sviluppato durante gli anni e che ha portato alla transizione dal mio progetto precedente a questo.  Credo che la produzione artistica , in questo senso, sia una forma di esperienza che ogni musicista deve sperimentare per poter crescere. Ovviamente anche la musica (buona) che si ha intorno ha una grande influenza. Si può e si deve imparare anche dagli altri per poter scoprire nuovi orizzonti. Le mie fonti di ispirazioni son moltissime, partendo dai Beatles e arrivando a Iosonouncane.  In generale bisogna sempre cercare di sintetizzare il mondo fuori tramite se stessi, per poter  provare a creare qualcosa di nuovo.

Superstizione e segreti: prima di un live, prima di registrare in studio, avete qualche rito propiziatorio in particolare? Raccontateci un episodio che non avete mai raccontato a nessuno.

A dire il vero non c’è un rito in particolare, probabilmente perché le situazioni non son mai le stesse e tutto è piuttosto variabile. Una volta però, prima di un concerto, ho provato a fare la verticale: son caduto a terra rovinosamente.

ETT

La band o l’artista si racconti al pubblico in massimo 150 parole, immaginando di inoltrare una sorta di lettera motivazionale.

Mi chiamo Gaya Misrachi, in arte ETT, nata a Milano e cresciuta nella ventosa Trieste. La musica è stata la mia passione fin da quando ero piccola, assieme alla pittura ed il disegno. Cerco sempre di trasmettere delle immagini coincise attraverso l’utilizzo di suoni per riuscire a ricreare una sorta di quadro usando la musica come mezzo.

Ho vissuto per tre anni a Granada, dove credo di esser cresciuta molto a livello artistico e umano, è stato un momento importante della mia vita. Sono felicissima di poter condividere questa esperienza con il pubblico di “Sotto Il Cielo di Fred” la sera del 12 marzo, che sarò supportata da Luca Pasquino produttore e collaboratore in questo progetto, assieme ai talentuosissimi Christian Castelletti ed Alex Cannella.

Influenze: quali sono state le principali influenze artistiche che hanno determinato e plasmato in qualche modo ciò che è in questo momento il vostro progetto? E perchè?

Il nostro sound ha iniziato a farsi più compatto dopo molte prove e tante sperimentazioni, sporcandoci le mani e riuscendo anche il più delle volte ad accettare di gettare un brano composto perchè non superava le aspettative o gli standard ricercati. Viaggiare mi ha dato l’opportunità di poter sperimentare molteplici generi, fino ad arrivare alla scoperta della musica elettronica. Mi piace che nella musica come in ogni specializzazione ci sia sempre da scoprire cose nuove e non si smetta mai d’imparare e meravigliarsi.

Superstizione e segreti: prima di un live, prima di registrare in studio, avete qualche rito propiziatorio in particolare? Raccontateci un episodio che non avete mai raccontato a nessuno.

Non sono per nulla superstiziosa, considero che il segreto per la riuscita di una buona performance stia nel cercare di arrivare al luogo in cui si crea o fa della musica spensierati e con l’intenzione di trasmettere emozioni forti nelle persone che ascoltano. Per me è fondamentale aver instaurato un rapporto di fiducia ed amicizia con tutti i musicisti che collaborano in questo progetto prima di qualsiasi “approccio sonoro”. Un episodio strano è stato quando mi sono fatta fare varie sedute sciamaniche in una grotta di Granada per sbloccare dei blocchi creativi, con tanto di piume d’aquila e pali santi. Credo in quell’occasione di aver raggiunto il culmine di cose fuori dal comune.

I Cieli di Turner

La band o l’artista si racconti al pubblico in massimo 150 parole, immaginando di inoltrare una sorta di lettera motivazionale.

Ciao a tutti, siamo I Cieli di Turner, ovvero tre ragazzi della provincia di Perugia che suonano insieme da circa 6 anni: batteria, chitarra e sintetizzatori, suono stratificato e testi in italiano. Abbiamo all’attivo un Ep: “Adele“, nato in un casale sperduto sopra Assisi, ed un album: “Opera Viva“, registrato due anni fa in presa diretta allo “Studio Jork” in Slovenia sotto consiglio di Paolo Benvegnù.

Del primo Ep non parleremo per nostalgia; dell’album vi basti sapere che Opera Viva è il termine con cui viene identificata la parte di un’imbarcazione che si trova sotto la superficie dell’acqua. Da circa un anno stiamo cercando di capire come si fa un secondo disco (forse ci siamo quasi)! Amiamo suonare live, siamo stati eletti Best New Live 2018 dal circuito KeepOn Live, e speriamo di poter fare tanti altri concerti. Vorremo diventare il gruppo preferito di chi, quando esce di casa, non ricorda se ha chiuso la porta.

Influenze: quali sono state le principali influenze artistiche che hanno determinato e plasmato in qualche modo ciò che è in questo momento il vostro progetto? E perchè?

Gli ascolti che ci hanno influenzato sono piuttosto vari: musicalmente è stato determinante l’approccio all’elettronica di gruppi come Crystal Castles, MGMT e Iosonouncane, per l’attitudine con cui si relazionano alle sequenze e alla musica campionata.

Le parti ritmiche sono contaminate maggiormente da ascolti anglosassoni come Bloc Party, Foals, ma anche dai nostri Aucan e Luca Ferrari, per la ruvidezza e l’anti convenzionalità che trasmettono; mentre per la spazialità delle chitarre abbiamo ascoltato molto Yawning Man.

Nelle nuove idee che stiamo lavorando per il secondo disco ci siamo spinti ad ascoltare nuovi artisti con approcci timbrici particolari: Hiatus Kaiyote, Tycho, Ben Howard. In merito alla parte testuale abbiamo come denominatore comune una quantità infinita di ascolti dei grandi cantautori italiani, De Gregori su tutti, apprezziamo molto anche le nuove leve Francesco De Leo, Lucio Corsi, Dimartino.

Superstizione e segreti: prima di un live, prima di registrare in studio, avete qualche rito propiziatorio in particolare? Raccontateci un episodio che non avete mai raccontato a nessuno.

I sound-check dei nostri concerti da un paio di anni ad ora è sempre lo stesso: Alessandro alla batteria solitamente fa subito e poi si annoia, Francesco canta Buffalo Bill di De Gregori, Edoardo suona la chitarra e canta Suzanne di Leonard Cohen. Che poi francamente sono tutti brani “sbagliati” per un nostro check che non c’entrano niente con la nostra attitudine live. Inoltre prima dei nostri concerti abbiamo sempre Fra con il solito bicchierino di sambuca, Ale invece chiuso in bagno, ed Edoardo che suona la chitarra, per poi camminare senza meta cercando di non farsi vedere mentre si scalda la voce con suoni gutturali tipo decespugliatore.

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