“El Galactico” dei Baustelle mette a nudo le contraddizioni di questo tempo

La prima reazione, quando esce un nuovo disco dei Baustelle, è sempre un sospiro di sollievo. Sono tra le band più prolifiche in circolazione, certo. Dieci album in studio pubblicati a partire dal 2000, a cui si sommano un disco live, una colonna sonora, e la produzione solista di Francesco Bianconi e Rachele Bastreghi. Però, tra lo iato annunciato nel 2018 e durato fino al 2023, e qualche indizio disseminato qua e là (Spogliami, primo singolo rilasciato da El Galactico, si chiude dicendo la mia canzone nuova è forse l’ultima), del domani dei Baustelle non v’è mai certezza.

El Galactico“, il loro nuovo album uscito all’inizio di aprile, è ambientato in una desertica California, proprio lì dove diventa Bassa e fugge verso il Messico.

I riff di chitarra del disco richiamano alla mente gli anni ’60, e lunghe praterie dove non piove quasi mai e la vegetazione assume un colorito ocra. Dal punto di vista del sound, non è certamente un album desertico. Anzi, è estremamente suonato. Tanto negli intermezzi strumentali quanto in alcuni pezzi epici (La nebbia), dove l’orchestrazione lirica crea un contrasto che fa quasi sorridere. La California di El Galactico è desertica perché le identità dei protagonisti delle storie dei brani sono meno definite che nei dischi precedenti. Nell’epoca de L’amore e la violenza, avevamo conosciuto per nome Amanda Lear, Betty, Veronica, Giovanna. In Elvis c’era stato spazio per la carrellata di personaggi che abitano a Milano come Pamela di Via Uruguay, c’era Jackie, c’era Lolita. Qua, invece, i nomi sono solo due: Moana e Giulia. Intorno, i personaggi, le storie, i connotati sono volutamente sbiaditi e sfocati.

El Galactico Baustelle
Baustelle – El Galactico [Ascolta qui]

In “El Galactico“, i Baustelle portano all’apice la loro capacità di mettere in luce quanto il quotidiano delle vite di ognuno sia banale e triviale, se comparato a tutto quello che accade nel mondo.

Questa sottile ironia da sempre appartiene alla band di Montepulciano: già in Contro il mondo, per esempio, si raccontava di come il protagonista si alzasse la mattina e bevesse una coca cola, lasciando stare il grande vuoto e la sinistra che non c’è. E proprio questo è il filo conduttore del nuovo album. Intorno a noi ci sono i disastri ambientali, le destre che stravincono le elezioni, le gogne mediatiche, il revenge porn, Donald Trump. E noi rimaniamo qua, innamorati perdutamente di chi non ci risponde, a berci un caffè o a fare un giro in spiaggia.

Non c’è alcun giudizio morale nel modo in cui i Baustelle raccontano queste situazioni. Non è che i protagonisti dei pezzi sono degli astensionisti ignoranti e colpevoli di disinteressarsi all’assoluto. Tutt’altro: sono degli individui normali che cercano di sopravvivere, ciascuno a modo proprio, con le proprie disavventure, i propri desideri, i propri lavori sottopagati.

I Baustelle si sono giocati il poker d’assi prima che il disco uscisse, e questo in qualche modo influenza l’ascolto.

Una storia, il pezzo migliore dell’album, è stato rilasciato come singolo a qualche settimana di distanza dalla release. Un brano cantato interamente in duetto da Francesco e Rachele, melodico, con una forte strumentazione. È la struggente storia, narrata in prima persona, di una ragazza che suo malgrado si ritrova al centro dell’attenzione mediatica. Che cosa penseranno gli altri di me?, ripetono Bianconi con tono didascalico e Bastreghi sotto, con la sua voce spettrale. L’ossessione del pensiero degli altri quando è sfuggito di mano, quando ormai non si può più controllare e si fonda su fatti estranei, che termina con la struggente preghiera di essere un giornale di ieri, strappato e spazzato via.

Tra i dodici brani del disco, ce ne sono due dove la voce principale è quella di Rachele.

Sono, tra l’altro, gli unici due pezzi che sembrano usciti da Elvis. Filosofia di Moana racconta in prima persona la storia di Moana Pozzi, con un taglio narrativo che potrebbe essere la risposta di Lolita di Gran Brianza Lapdance Asso di cuori stripping club, cresciuta e consapevole. È un brano triste, quasi angosciante, salvato da una produzione che fa muovere un po’ i fianchi e in cui il testo annega. La voce di Rachele è squillante e al passo con il tempo veloce della canzone. Come posso dirti che la crema non mi piace?, chiede Moana all’inizio del primo ritornello. Crema che poi diventa torta, nel secondo, e vita, nel terzo, dove con uno degli artifici più antichi al mondo (ma sempre efficace), Rachele sale di mezzo tono e chiude il brano con sconsolato disagio.

E poi c’è Lanzarote, in cui la protagonista esce di casa, mangia un gelato, si consuma pensando al suo amore non corrispondo in spiaggia alle Canarie con un’altra, mentre li immagina lì a baciarsi e creare video per Tiktok. Se in Los Angeles bombardano l’Ucraina mentre stai portando le birre e un tipo al tavolo ti tocca il culo, qua invece faccio il bucato e mangio il gelato, ma tu sei già in vacanza scegliendo di non votare e facendo stravincere la Le Pen. Il tutto narrato magistralmente da Rachele, in quest’album vocalmente magistrale anche in brani dalle tinte meno noir.

Rachele Bastreghi, El Galactico

In quasi tutti gli altri pezzi, la voce narrante è quella di Francesco Bianconi, raggiunto nel ritornello, quasi sempre cantato in duetto.

Apre l’album la scenografica decadenza adriatica di Pesaro, che inizia con le chitarre che ritornano spesso nei pezzi del disco. Ci sono poi gli altri due singoli rilasciati: Spogliami, che prosegue sulle stesse linee compositore della traccia iniziale, e L’arte di lasciare andare, il cui outro sfocia senza soluzione di continuità in Per sempre, il primo dei due brani strumentali. La nebbia è invece un brano quasi lirico, orchestrato. Starebbe bene dentro Forever, album solista di Bianconi (tanto l’incedere quanto l’utilizzo degli archi rimanda a brani come Zuma beach o Romanzo di formazione). E stavolta, l’epilogo del disco Non è una fine: l’ultimo miglio del viaggio in California, il secondo brano interamente strumentale.

L’opera dei Baustelle è un prezioso antidoto contro i mitomani, gli esaltati, e tutti coloro che credono che il particolare delle loro esistenze sia degno di copertine e contenuti dedicati. Soprattutto, El Galactico dimostra ancora una volta quanto la band sappia essere cangiante senza mai snaturarsi. Cambiano le sonorità, cambiano gli strumenti protagonisti, cambia chi li suona e cambiano i riferimenti musicali. Rimangono però la delicata linea di ironia e le storie di ordinario disagio. E soprattutto, le voci di Francesco Bianconi e Rachele Bastreghi, che, all’unisono, sono la colonna sonora di una generazione, riconoscibili tra milioni di altre. Zona di conforto, rifugio musicale dove poter sempre tornare, con pezzi nuovi o pezzi vecchi, ché comunque, di scelta ce n’è.

Francesco Bianconi, “El Galactico”

Dove potremo ascoltare i Baustelle quest’anno

  • 1 e 2 Giugno – El Galactico Festival – FIRENZE
  • 24 Giugno – Sequoie Music Park – BOLOGNA
  • 02 Luglio – L’Umbria Che Spacca – PERUGIA
  • 04 Luglio – Balena Festival – GENOVA
  • 06 Luglio – SEXTO ‘NPLUGGED – Sesto Al Reghena (PN)
  • 08 Luglio – Flowers Festival – Collegno (TO)
  • 18 Luglio – Moonland Festival – Sarzana (SP)
  • 10 Agosto – Locus Festival – Locorotondo (BA)
  • 12 Agosto – Teatro al Castello – Roccella Jonica (RC)
  • 16 Agosto – Dream Pop Fest – PALERMO
  • 05 Settembre – Beky Bay – Bellaria Igea Marina (RN)
  • 5 Dicembre – Palazzo dello Sport – ROMA
  • 12 Dicembre – Unipol Forum – MILANO

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