Mahmood è il migliore dei vincitori possibili al Festival di Sanremo?

Il Festival trionfa il giovane Mahmood e in poche ore se ne sono dette già tante. Il televoto aveva infatti posto sul trono Ultimo con una percentuale schiacciante. Sono state le giurie a ribaltare il risultato promuovendo campione il giovane dalle origini egiziane. C’è chi ha gridato a una scelta politica: infatti senza peli sulla lingua Salvini aveva espresso simpatia per il Volo e Ultimo, per cui il voto sarebbe stato atto a osteggiare il vice premier. C’è chi dall’alto del potere conferitogli, dal divano di casa sua e che di musica vissuta per i club non ne mastica affatto, ha gridato allo scandalo.

Il fatto è che di “voli e ultimi” ne abbiamo fin troppo piene le scatole.

Mahmood, ha portato sul palco dell’Ariston uno dei pochi brani (l’altro è Rose viola di Ghemon) con un sound internazionale e fresco. Sul pezzo ci ha lavorato Dardust, un compositore e pianista di grande spessore che ha lavorato a molti grandi successi degli ultimi anni, e Charlie Charles, che lavora fianco a fianco con Ghali e Sfera Ebbasta.

Potrebbe bastare ciò per giustificare la scelta delle giurie, senza aggiungere niente di politico. Il fatto è che inevitabilmente ogni manifestazione culturale, artstica che sia, ha una responsabilità politica. Attenzione, politica non “partitica”. Anche la scelta di non scegliere, di evitare di posizionarsi sullo scacchiere socio-politico è essa stessa una scelta politica. Per cui una giuria come quella di Sanremo ha sulle spalle anche questa responsabilità inevitabilmente. La scelta di Mahmood manda, quindi, in un sol colpo due messaggi. Uno, la musica italiana ha finalmente scelto di aprirsi musicalmente al mondo esterno anche su un palco come quello di Sanremo, ed è ora che il pubblico da divano lo accetti. Due, trasversalmente dice NO al sessismo, al razismo e all’omofobia mandando un chiaro segnale di civiltà. Questo può essere solo un bene.

Per quanto riguarda e nuove uscite fuori dal Festival vi consigliamo l’ascolto del disco dei Be Forest e la splendida cover di Gennaio dei Diaframma fatta da Jesse the Faccio. Per il resto date un’occhiata alla nostra lista con tutto ciò che è uscito al di fuori di Sanremo e qualche disco o brano di alcune band dal Festival.

Rana di Carta

Questa settimana non abbiamo eletto il Pezzo che Spacca per via del Festival. Però durante questi giorni abbiamo votato il nostro vincitore suddividendo in tre fasi la competizione. Siamo lieti di assegnare la “Rana di Carta” agli Zen Circus per il brano “L’amore è una dittatura“. Sottolineamo che il cosiddetto “indie” in fin dei conti non ha fatto una brutta figura al Festival, portando brani impegnati e dalle tematiche forti, come anche nel caso di Motta.

Album

Ex Otago – Corochinato (Garrincha Dischi)

Zen Circus – Vivi si muore (1999-2019)

Be Forest – Knocturne (wwnbb)

Lessness – Never was but grey

Livio Cori – Montecalvario (Core senza paura)

Simone Cristicchi – Abbi cura di me (Sony music)

Negrita – I Ragazzi stanno bene 1994 – 2019 (Universal music italy)

Anna Tatangelo – La Fortuna sia con me (Sony Music Italy)

Boomdabash – Barracuda Predator Edition (Universal music italy)

Briga – Il Rumore dei sogni Collection (Honiro label)

Mahmood – Gioventù Bruciata Ep

Arisa – Una Nuova Rosalba in città (Sugar music)

Singoli

Motta – Dov’è l’Italia

Ghemon – Rose viola

Paola Turci – L’ultimo ostacolo

Daniele Silvestri – Argentovivo

Achille Lauro – Rolls Royce

Ultimo – I tuoi particolari

Giungla – In my head

Dola – Lil Pump

Danny il Campione – Obesi

C’mon tigre – Behold the man

Jesse The Faccio – Gennaio (Diaframma cover)

Nularse – Incantato

Caleido – Chiara

Lags -Echoes

Maggio – Cancello

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