I Santamarya: non chiamiamoli indie, per favore

Lo scorso 21 maggio è uscito Nessuno ricorda niente il primo EP dei Santamarya, un gruppo che ha il potere di restituire l’idea di musica a chi l’ha persa.

Vi spiego perché.

In un determinato periodo della mia vita mi sono trovata in deficit di dolcezza. Nella vita, così come nella musica, quella che ti acquieta l’anima. Un giorno, aprendo casualmente la chat personale di Instagram, trovo il link di un brano di Spotify. “Ascoltala, se ti va”, c’era scritto. E l’ho fatto. Il brano in questione era Cooper dei Santamarya.

Ecco qui che, oggi, a distanza di un anno, ho voluto intervistare a tutti i costi chi c’era dietro quel maledetto Cooper.

I Santamarya sono quattro ragazzi per cui – ascoltando il brano in questione capirete – ho provato un affetto inusuale, ma vero. Nonostante fossero, allora, dei totali sconosciuti per me, e io per loro. D’altronde la musica ha questo potere, neanche troppo banale, di farti affezionare a distanza. Con un orecchio e la pelle d’oca che ti si smuovono e ti portano dove neanche sapevi di voler andare.

Maledetto Cooper perché non mi è più uscito dalla testa e, quel giorno, un po’ di cose riguardo la mia idea sulla musica italiana in circolo, sono decisamente cambiate. A partire dall’idea per cui non ci fosse più nulla in grado di riappacificarmi l’animo. Ed ecco qui che invece, per 3 minuti e 35 ho smesso di pen(s)are e struggermi di fronte alle mille domande amletiche.

Per chi, come me, cerca la verità nella musica degli altri – e non ha bisogno di graziarsi tutti gli artisti dello scenario italiano per mettersi qualcosa in tasca – l’idea di aver trovato un’unica risposta a quelle domande lì, quelle degli overthinkers, è… dolce. 

Eccola qui la dolcezza, racchiusa tutta nella sola risposta alle domande che ho sempre avuto il coraggio di pormi, e mai che abbia avuto il coraggio di rispondervi con minimalismo.

«La signora con il ceppo mi ha detto che la verità è dentro i sogni miei»

La voce dei Santamarya è Leonardo Belleggi, la chitarra Francesco Brunetti, il basso Gabriele Santoni e la batteria Filippo Potenziani. Ho avuto il piacere di conoscere Leonardo, all’apparenza impenetrabile e Filippo, con cui ho cercato di indagare nelle parole il più possibile, quasi fino allo sfinimento.

Perché Santamarya?

Santa Maria è la località dove si trova la nostra sala prove in provincia di Viterbo. In realtà, forse ancora per poco.

Ok, chiarito questo per i lettori. Passiamo al lato “tecnico”. Twin Peaks, l’onirico e la cinematografia. Come sono legati nel vostro EP?

Di base nell’EP c’è la dimensione onirica. Per Cooper, in particolare, abbiamo preso la storia di Twin Peaks. Nella serie c’è questo tizio strampalato che fa indagini e si rende conto che con i metodi tradizionali non riesce a risolvere i casi. Iniziano questi sogni strani e riesce a risolvere ogni situazione grazie ai sogni. L’ho sempre considerata una sorta di metafora, come se la realtà fosse meno importante, e i sogni, intesi come speranze, aspettative, interessi, invece, sono più importanti.

Santamarya – Nessuno Ricorda Niente [Ascolta Qui]
L’onirico è dunque una dimensione che può definirvi musicalmente parlando?

Sì, sicuramente una parte dell’onirico ci sarà anche nei pezzi che prepareremo in futuro. Non in maniera così esplicita, ma la psichedelia copre una parte importante.

Vi piacerebbe la definizione di neo romantici?

Molto. Nella prima parte della stesura del disco, ci siamo confrontati molto su questa cosa dell’amore e Leonardo disse qualcosa tipo: ”ma in fondo oggi di cosa vuoi parlare?”. Al mondo ci sono tante cose che fanno schifo, e l’amore lo è un po’ meno, ecco.

Quindi voi ci credete davvero nel romanticismo o è solo un modo per rimorchiare?

(Risate generali) Sì, ci crediamo. Non in quell’amore inventato per vendere più dischi, ma in un amore in senso filosofico.
Credici, in tutto quello che ti arriva da noi, non c’è niente di ponderato a tavolino. Ad esempio Nessuno ricorda niente, è stata scritta 5-6- anni fa, quando ancora non c’era neanche l’idea di fare un disco.

E invece, vi piacerebbe la definizione di cantanti indie pop?

Bella domanda. Storicamente ci caschiamo dentro, ma non è che ci ritroviamo granché. Innanzitutto siamo troppo vecchi. (non è vero, sono giovani – ndr.) E poi perché non ci ritroviamo proprio in quell’estetica. Se parliamo allora del vecchio indie, tipo i Verdena, Il Teatro degli Orrori, Marlene Kuntz, I Tre Allegri Ragazzi Morti, allora sì. Magari.

Bene. Ora che abbiamo parlato dei riferimenti italiani, sono curiosa dei vostri riferimenti esteri.

I riferimenti stranieri nel disco ce ne sono tanti. Il nostro background di base viene dagli Strokes, Arctic Monkeys, Franz Ferdinand, Dark Fire, Tame Impala. Oggi in Italia, in realtà, di cose veramente interessanti non ce sono. Ad esempio Giorgio Poi è figo, così come Laszlo e Motta, ma sono già leggermente più grandi.

Come incide il contesto di provincia nei vostri testi?

Beh, in realtà è un po’ un rapporto di amore e odio. La provincia ha dei pro e dei contro. Ad esempio qui, ormai, non c’è più niente e questo ti porta a scrivere e raccontarti, non avendo molto da fare.

Come vorreste venisse inquadrato quest’album?

Il titolo “Nessuno ricorda niente” racchiude il messaggio principale. Oggi con questi talent è tutto oggetto di consumo, sia le cose che gli artisti. E quindi noi, di una provincia quasi perduta, vogliamo lanciare il messaggio secondo cui “nessuno ricorda niente”. Dovrà pur esserci un momento in cui ci rendiamo conto di questa cosa e iniziamo a ricordarci le cose, a ricordarci di una canzone piuttosto che prenderla e buttarla via come se fosse niente. La nostra è una denuncia contro una musica diventata oggetto di consumo.

Quindi nessuno ricorda niente, ma tutti devono ricordare i vostri sei brani.

Chiaramente sì.

Considerato il presente aspetto cinematografico all’interno della vostra produzione musicale, e questo vi fa onore, cosa nasce prima? L’idea cinematografica e poi il brano, o viceversa?

Nel caso di Cooper in particolare abbiamo avuto prima l’idea cinematografica. Ma fondamentalmente, in tutto il disco c’è prima una forte componente cinematografica.

Dato che Cooper è il mio brano preferito, vi chiedo: ma Diane chi è?

Diane è una protagonista di Twin Peaks che in realtà non si vede mai. Nella serie c’è Cooper che parla con il registratore e dice a Diane cos’ha fatto durante la giornata, ad esempio. Noi ci abbiamo fatto una canzone sopra su questi dialoghi. Quando poi, guardando la serie, non si capisce neanche se Diane esista o meno.

Alla fine di questa intervista, ci tengo ad inserire una piccolissima, forse irrilevante nota che il caro Filippo mi ha dato nei confronti di Leonardo, la voce del gruppo. Quando quest’ultimo ha dovuto assentarsi, Filippo dolcemente, con quella dolcezza a cui mi sono affezionata, mi ha confessato timidamente che “Leonardo, e non lo dico perché ci suono insieme, è forse una delle penne più belle che conosca. Ma questo te lo dico perché lui ora non può sentirmi, altrimenti non lo farei.”

E allora non chiamiamoli “indie” questi Santamarya che si differenziano dal contesto musicale italiano con semplicità e dedizione che fanno di loro dei competenti in materia.

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