I Neoprimitivi compongono suite spaziali per alieni di passaggio

Un’astronave aliena che si schianta sulla Terra. Orgia Mistero, l’album di debutto della band romana Neoprimitivi, si presenta più o meno così. Quattro tracce, di cui la prima – Sul Globo d’Argento dalla durata di ben 21 minuti, nate dopo mesi di residency al Trenta Formiche di Roma. Esperienza durante la quale si sono scambiati ascolti, idee e persino gli strumenti. 

Il risultato è un viaggio cosmico e sonoro, tra atmosfere psichedeliche e un pizzico di oscuro citazionismo. Se glielo chiedi ti dicono che fanno krautpostpunksampler. E siccome volevamo capire cosa fosse (“è fisicamente un kraut?” cit.) glielo abbiamo chiesto di persona. Ma gli alieni non si scomodano solo per una domanda così banale, abbiamo quindi colto l’occasione per una lunga chiacchierata, passando dai Velvet Underground a Andrzej Żuławski, per provare capire cosa c’è dietro questo primo lavoro dei Neoprimitivi.

Evito la canonica domanda sul nome del progetto, ma lo uso come spunto: Neoprimitivi mi ha inevitabilmente ricordato il Battiato di Shock in my town, ma ascoltando il primo movimento di Sul Globo d’Argento ho notato anche un arpeggio che mi ha rimandato ai Velvet Underground (citati peraltro nel brano di Battiato). Sono riferimenti che effettivamente avete o sono io a essermi fatto “un viaggio con la mescalina finito male” (cit)? 

“Padre mio” nasce da una citazione degli Spacemen 3, che a loro volta citavano i Velvet Undergorund, quindi ci hai preso. Diciamo che poi, con le parole e la produzione ci siamo un po’ discostati, per dargli un tocco più “nostro”.

Neoprimitivi – Orgia Mistero [Ascolta qui]
“Sul Globo d’Argento”, oltre a essere il titolo dell’opening track, è anche un controverso film di Andrzej Żuławski. Mi spiegate i collegamenti tra film e la canzone? Possiamo dire che I Neoprimitivi sono, per gli standard della musica di oggi, quell’astronave che fugge dal degrado della Terra e si schianta sul pianeta alieno del film?

Abbiamo visto il film quando avevamo già scelto il nome per la band, ed è stato come una grande epifania. Effettivamente ci siamo rivisti in questi neoprimitivi che provano a ricostruire una civiltà, e cadono negli stessi errori dei loro antenati.

Un album di 4 tracce che si apre con una suite di 21 minuti è roba da sconsiderati nel 2025. È Forse ora che i progetti musicali ritrovino la loro strafottenza nei confronti degli algoritmi? In tal senso, quali sono i ragionamenti che avete fatto nell’approcciarvi ad un lavoro del genere?

L’idea iniziale nasce per musicare la proiezione di “On the Silver Globe” durante i live. È stato tutto molto naturale, dal pensare e mettere insieme le varie parti al suonarle senza interruzioni, improvvisando e perdendoci nel flusso. Ma solo in fase di registrazione e produzione, o forse proprio per questa attitudine naturale di cui ti dicevo, gli abbiamo dato la forma finale presente nel disco.

Come mai la scelta di dividere “Sul Globo d’Argento” in “movimenti” (termine generalmente usato nelle composizioni sinfoniche) e non in 5 brani separati?

Per noi è sempre stato in fondo un solo lungo pezzo e ci piaceva fosse recepito ed ascoltato così. La divisione in brani sarebbe stata forse più adatta alle logiche di mercato attuali (sarebbe potuto essere tranquillamente un EP), ma abbiamo preferito mantenere la coerenza d’intenti del progetto, in cui ogni scelta ha il suo peso e il suo significato.

Neoprimitivi
Neoprimitivi
Le 5 parti che compongono la prima traccia hanno codici musicali ben definiti, spesso contrastanti sulla carta (si va dal post-punk alla sperimentazione, dai primi Pink Floyd ai The Battles). Quant’è stata difficile la produzione di una suite così articolata? Qual è stato il momento più complesso?

Non è stato troppo difficile, perché la suonavamo già da un po’ e la sentivamo ormai completamente dentro le nostre corde. Certo, non eravamo mai entrati in uno studio di registrazione importante come Fonoprint a Bologna, ma Giacomo Fiorenza (che ha prodotto il disco insieme a Flavio Gonnellini) ci ha messi a nostro agio, e tutto è filato in maniera abbastanza naturale e armonica.

Mi ricollego alla precedente con una domanda più tecnica: se ripenso ai grandi album di genere dalle grandi suite musicali – su tutti Thick as a Brick dei Jethro Tull – la metodologia era chiara: si entrava in studio con una struttura più o meno definita e poi grande spazio alle improvvisazioni con buona parte delle registrazioni in presa diretta. Voi come avete registrato?

La nostra suite si discosta molto da quelle dell’epoca di cui parli, sia per tematiche che per sound. C’è stata una fase di preproduzione in cui dopo aver registrato una prima e unica take abbiamo riascoltato e editato parte dei brani e delle transizioni, e sulla quale abbiamo sovrainciso diverse texture sonore. Siamo poi tornati in studio con Giacomo per registrare di nuovo quello che avevamo fatto, tenendo presente gli edit fatti in post della prima preproduzione. In questo senso ci avviciniamo di più all’approccio dei Can, che erano soliti registrare per poi avere una seconda fase di ascolto e rimescolamento delle parti.

Anche l’idea della residenza artistica – che voi avete sperimentato al Trenta Formiche di Roma – è un concetto musicale molto retrò e purtroppo scomparso. Me ne parlate?

Le residency sono state un’occasione per legarci ulteriormente e sperimentare, sia con i video (ne abbiamo proiettati 4 differenti) che con la musica, avendo portato oltre al materiale della suite almeno altri due set di inediti, quindi è stata molto importante per noi (e speriamo anche di replicare)!

Neoprimitivi
Neoprimitivi

Detesto parlare di generi musicali, ma voglio assolutamente sapere cos’è il krautpostpunkampler.

“Krautpostpunksampler” è il pentolone dentro cui i Neoprimitivi mescolano per rielaborare, ed è anche il risultato stesso. Ovviamente il tutto è derivato da “krautrocksampler” di Julian Cope.

Quando ho letto la tracklist, a La teiera nera, ho immediatamente pensato a Twin Peaks. Poi la canzone parla di gnomi che preparano te avvelenato. C’entrano i Gong? Quanti riferimenti oscuri volete metterci dentro prima di farmi impazzire?

Sì, c’entrano i Gong, ma anche Grezzo 2 (da cui abbiamo preso un sample).

Più in generale, l’idea che mi sono fatto, è che abbiate un botto di ascolti collaterali che influenzano il vostro universo musicale. Mi citate un po’ di dischi “oscuri” che hanno ispirato questo primo lavoro dei Neoprimitivi? Cosa ascoltavate durante la residency?

Possiamo citarti due dischi a membro della band?

Andrea: Coil – Horse Rotorvator, Okay Temiz / Johnny Dhyani – Witchdoctor’s son

Giacomo: Walter Wegmuller – Tarot, Diamanda Galas – You must be certain of the devil

Martino: The Fall – This Nation’s Saving “Grace”, The Beach Boys – Smiley Smile

Flavio: Harmonia – Musik Von Armonia, Miles Davis – In a silent way

Pietro: Garrett List – American Images, Throbbing Gristle – D.O.A.

Roberto: Roxy music – Roxy music, Stereolab – Dots and loops

Emilia: Cocteau Twins – Treasure, L.u.c. – Chłopi soundtrack

Ok, vi ho tediato abbastanza, se volete ditemi voi qualcosa che non vi ho chiesto (e che ci tenete a far sapere). C’è un aspetto del disco o del progetto che sentite venga sottovalutato e che invece meriterebbe più attenzione?

Per adesso diciamo che siamo contenti di come stanno andando le cose, di come il disco è stato percepito e accolto, del calore e dell’interesse della gente venuta a vederci nelle residency. Per cui va bene così.

Non ne sono certo al cento per cento, ma prima dell’intervista, sbirciando dalla finestra, mi pareva di aver visto un’astronave parcheggiata in seconda fila. È sparita dopo che i Neoprimitivi sono andati via.

I Neoprimitivi potremo ascoltarli dal vivo il prossimo 1 Giugno a Firenze per “El Galactico Festival”, il festival dei Baustelle.

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