“Sciocchi e vani dettagli?” Tutto il contrario: The Shalalalas sanno come sfruttare la semplicità
Altro che dettagli sciocchi e vani, The Shalalalas emergono con cinque brani in cui i dettagli sono semplici, ma che fanno la differenza. Il duo romano è stato così preciso scegliendo il loro nome d’arte, ma così tirato decidendo il nome della loro ultima opera, l’EP silly vain details, al punto da privarlo perfino delle maiuscole, dalla testa ai piedi.
Umili, modesti? No, semplicemente al passo con i tempi.
Nella musica ultimamente sgorga questa tendenza verso il minimalismo, questa volontà di resettare l’eccesso di note rockish per far spazio ad una sintesi vocale e sonora che, come la primavera di De André, non bussa, e come il fumo penetra in ogni fessura. Sempre lei, da copione dovrebbe, oltre che non bussare, entrare sicura, eppure non ci scommetterei troppo.
La nuova musica italiana, in particolare l’indie, sfacciatamente non chiede il permesso, ma comunque penetra in maniera soffusa, accennando un ingresso timido e proponendosi in maniera (quasi) minimal.
Questa frenetica voglia di togliere tutto, di denudarsi di fronte il pubblico ascoltatore e offrire un buffet di note semplici, è una giusta e lecita conseguenza dell’eccesso, anch’esso giusto e più che lecito sul nascere.
Poi ci sono gli Shalalalas, che shalalalando – letteralmente – si infilano nelle fessure di chi oggi vuol star bene, di chi oggi non ha intenzione di star lì a parafrasare una canzone, quanto più semplicemente ascoltarla e lasciarsi coccolare.
Sfido chiunque ascolti la loro musica a non ritrovarsi letteralmente coccolato dalla candida voce di Sara, condita da quella calorosa di Alex.
Non amo adornare gli artisti con soliti aggettivi “carini” per far riferimento alla loro bravura, ma ciò che più mi ha messo in difficoltà ascoltandoli è stato proprio la ricerca di termini poco abusati nella retorica e critica musicale, non perché non ne esistano di poco banali e conformi al loro stile vocale e sonoro, tanto perché Sara e Alex sono la perfetta combo che esplode delicatamente tra una voce candida e una calorosa: altri aggettivi non renderebbero l’idea.
Sono un’unione venuta molto bene.
Nel loro duo, Sara sta ad Alex come in un piatto di spaghetti il pomodoro sta al basilico: puoi dividerli? No. Puoi fare di meglio? No, o forse sì, ma perché dovresti?
Questo EP riesce ad essere tanto vario in soli cinque brani, soprattutto diverso da tanta, ma tanta altra roba che si sente in giro.
Giocano tra un dream folk, che li ha sempre caratterizzati, e un indie pop, che vi assicuro non esser per niente simile all’indie che avete ascoltato fino ad ora nelle radio italiane.
Vi spiego perché, portandovi in particolare all’ascolto di “caroline”.
Caroline è un sogno cantato e suonato in stile più che vintage: una country house, animali eccentrici, lei che parla alle piante e lui che prepara dolci. Nulla di più semplice e al contempo tremendamente genuino. Ecco perché è un brano sì indie, ma soprattutto pop: l’indie romanza spesso su sentimenti tristi, su scenari di cuori infranti e amori non corrisposti, gli Shalalalas, al contrario, hanno scavalcato questa tristezza modaiola, e con estrema schiettezza e purezza ci offrono un ambiente felice, idilliaco, dove sognare cose felici è facile e – finalmente – possibile.
Alex e Sara vanno oltre il sad mood della musica italiana attuale
Si donano con estrema naturalezza alla purezza di una canzone scevra di mondanità, e ambiziosamente innovativa.
Sono romani, e non cantano romano, bensì in inglese, e non si tratta di una scelta di controtendenza. L’innovazione avviene quando si crea qualcosa di nuovo e di diverso dal precedente, ma in maniera ottimale, altrimenti sarebbe solo un procedere in modo anticonformista. Questo è il loro caso, specialmente ora in questo preciso periodo musicale, con l’uscita dell’EP in questione: aria nuova di cui avevamo bisogno.
Ed è infatti arrivato il momento di parlare di equilibrio, con il loro “balance” che chiude il disco spiegandoci perché si è parlato di sciocchi e vani dettagli.
Non ci girano attorno, come d’altronde fanno nel resto dei brani, ma qui lo fanno ancor meno, denudando la canzone del sound folk precedente, portandola all’osso con voce, chitarra, e pochi archi. Il minimal qui è essenzialmente dolce, e colpisce a fior di pelle d’oca.
Ecco, i colleghi musicisti devono temere proprio questo: quando una canzone riesce meglio delle altre nonostante venga ridotta all’osso nell’esecuzione e nel testo.
I daydreamed of not having to lose myself
Inside those silly vain details
But now you’re flying by
E così si chiude l’EP, sognando di non perdersi dentro quei sciocchi, vani dettagli. E così ve lo introduco io, augurandovi di ritrovarvi in questi Silly Vain Details.
Che il mondo indie si affacci un po’ su questi Shalalalas, giusto per vedere cosa accade al di là della tristezza.
Cristiana Dicembre
Ho iniziato a scrivere per pensare ai fatti miei, ora scrivo solo di quelli degli altri. Di solito mi faccio descrivere dalla musica che più mi piace, per esempio: il mio album preferito ha una banana sullo sfondo.