Auroro Borealo, il suo primo disco d’amore e il ritorno della “musica diversamente bella”

Da un paio d’anni siamo nel pieno della disco new wave, soprattutto napoletana. Nu Genea, la compilation Napoli Segreta e anche i francesi L’Impératrice. Un ritorno a un genere che negli anni Ottanta era ascoltato da pochi e da molti considerato cheap. C’è chi, però, di questo genere ne ha fatto uno stile di vita e ci ha costruito una carriera. Auroro Borealo è stato uno dei primi a scrivere e a pubblicare brani disco funk con sonorità demenziali.

Chi segue Auroro sa che è uno dei maggiori esperti del genere che abbiamo citato e che da anni cerca di far amare queste sonorità a un pubblico sempre più esteso seppur usando testi perlopiù no sense. L’8 marzo è uscito il suo nuovo disco, Aurora Boreale. Qualche giorno fa gli ho fatto qualche domanda. Abbiamo parlato del disco, di progetti e di questa inondazione di disco che sta travolgendo tutti.

Ciao Auroro, come stai?

Bene, sta andando tutto bene e come sai non lavoro solo di musica, ma faccio anche altro. Il lockdown non è stato facile per nessuno però siamo ancora qua e la cosa importante è quella.

“Ti amo” mi ha stesa. “Se questa canzone avesse le ali io sono sicuro che mi cagherebbe in testa”. Voglio farci un neon e appenderlo sulla testata del letto. In merito al testo, tu usi il no sense. I tuoi testi sono sempre stati così o è una cosa che ti è venuta man mano?

Ci sono abbastanza nato dentro. Le prime musicassette che mi sono venute in mano per colpa dei miei genitori sono state La mia moto di Jovanotti e Pesissimo! degli Skiantos. Tu prendi queste cose insieme ed esce fuori che le cose surreali sono sempre state un po’ nel mio DNA. Per me è normale, non c’è un altro modo per dire le cose per cui seppur si rigirano alla tutto torna. È no sense, ma poi torna tutto. È molto meno no sense di quello che sembri in realtà.

Auroro Borealo – Aurora Boreale [Ascolta qui]
Io ti seguo da un paio d’anni ormai, se no di più. Ho sempre visto questa tua passione per la disco pop italiana anni 80 (oltre alla tua collezione di dischi che t’invidio). “Codogno lord” mi ha ricordato questo genere. Ti sei ispirato a qualcuno o qualche artista in particolare?

Sì. Parallelamente ad Auroro Borealo ho sempre gestito questa cosa che si chiama Orrore a 33 giri dove da tantissimi anni andiamo a raccogliere la “musica altra” e “diversa” italiana e la musica disco italiana, da sempre, è stata il nostro pallino perché in realtà, come quasi tutte le mode musicali italiane, la disco music la personalizza molto. La rende molto melodica e ha fatto dei groove suoi. Non scimmiottavano solo le corde americane e straniere. L’esempio più famoso è Pino D’Angiò che ovviamente ho tributato ne Gli occhi del mio ex. 

Ci sono un sacco di perle di disco music italiana e adesso stanno tornando di moda perché questo è il pieno della disco. Tantissime etichette stanno ripubblicando capolavori disco punk degli anni Settanta e queste cose a me sono sempre piaciute e sono stato tra i primi a tirarla fuori.

In realtà sono contento. Non sono uno di quelli che fa una cosa prima degli altri e si lamenta se adesso va di moda. Sono felice perché sono cose fighissime che sono state sottovalutate per anni ed è un bene che adesso vengano scoperte e ascoltate. Ad esempio Ti voglio della Vanoni o Alan Sorrenti. È tutto giusto e importante. Anche tutto il lavoro stupendo che stanno facendo i ragazzi a Napoli come i Nu Genea.

Che poi questi artisti disco pop italiani sono delle leggende. Pino D’Angiò è uno dei maggiori esponenti che abbiamo avuto negli ultimi quarant’anni.

Devi immaginare che quando abbiamo cominciato a parlare di queste cose le hanno considerate cheap. Non erano ancora state riscoperte e rivalutate e quindi venivano considerati poco rilevanti. È la nostra generazione che si è accorta di quelle figate. In realtà è che tra i primi a parlarne sono gli appassionati e i collezionisti di vinili. Dieci/quindici anni fa si parlava di musica diversamente bella nel senso “brutta per gli altri e bellissima per noi”.

Ricordo una playlist di Orrore a 33 giri che si chiamava The Police: le canzoni più strane.

Il gioco sul bello e il brutto è proprio quello: sono soggettivi. Quello che mi piacerebbe fare con la musica è far scoprire delle cose che uno non conosceva e che invece più che brutte o belle sono rilevanti. Pino D’Angiò è rilevante perché ha fatto quelle cose che nessuno ha fatto in Italia e così tanti altri. A un certo punto negli anni Novanta e Duemila la disco music italiana era considerata cheap e adesso con la new wave italiana del pop, con l’indie ecc è stata scoperta e tutti si sono accorti che è rilevante.

La questione dei generi musicale dei miei dischi contribuisce a dare rilevanza alla musica italiana che per tanti anni non è stata considerata. Non lo faccio bene come lo fanno i Nu Genea o altri che sono bravi, io lo faccio nella mia maniera più distorta.

Secondo me, invece, il tuo modo di fare è più “genuino”. Un po’ più accessibile a tutti in quanto i Nu Genea sono arrivati grazie alla radio (il che è un bene per loro visto il lavoro) mentre tu lo fai con più spensieratezza, più semplicità e indipendenza. Ammetto che a me questa cosa piace.

Ti ringrazio. In realtà lo faccio senza velleità e senza pretese. Lo faccio in maniera veramente indipendente, nel senso che tutto quello che succede all’interno della mia musica è gestito interamente da me. Non ho contratti e addirittura ho creato una mia etichetta. Che poi questa cosa è proprio do it yourself. È una cosa molto figa che mi permette di essere libero e sono contento se si percepisce anche fuori.

“Quando facciamo i bambini” me la immagino suonata dal maestro Domenico Bini. Secondo me è l’unico che può eseguirla, non immagino nessun altro.

È vero ci sta. Sarebbe un onore se Domenico facesse questo brano. Questo brano poi è molto punk. Secondo me parlare di paternità all’interno di un brano è molto punk. Io vorrei diventare papà e non c’è niente di male nel dirlo e ammetto che mi faceva ridere inserirlo in una canzone di questo genere.

Hai detto che è un disco che parla d’amore. Siamo pieni di dischi che parlano d’amore, ma il tuo mi sembra genuino e pulito. Come mai hai scelto proprio questo sentimento?

Perché non ne avevo mai parlato. Non ho mai fatto dischi che parlano d’amore. Questo disco l’ho cominciato a scrivere prima del lockdown e la novità era questa: fare un disco d’amore. Volevo vedere se ero capace a scrivere questo tipo di canzoni. Che poi sono facili, ma anche difficili. È come far ridere: è facile, ma allo stesso tempo difficilissimo.

Volevo provare anche per uscire dalla percezione del personaggio Auroro Borealo che in realtà non esiste. Molti vedono questo coglione e pensano che io sia un personaggio, ma in realtà sono così. Devo dire che il lockdown mi ha molto frenato su questo: non avevo molta voglia di fare musica perché per me fare un disco vuol dire portarlo dal vivo e non poterlo portare dal vivo per tanto tempo mi ha frenato.

Poi a un certo punto mi sono un po’ mezzo obbligato e ho cominciato a finire tutto il lavoro iniziato durante il lockdown e non si sente che hanno tre anni.

“La nostra tribù” mi ha sorpresa. Mi aspettavo un finale “matto” e invece te ne sei uscito con un brano che sembra essere uscito da un film di Wes Anderson.

Ti ringrazio infatti non l’ho scritta io. L’ha scritta Alessandro Fiori che è bravissimo. È uno dei cantautori più bravi che abbiamo in Italia, secondo me. Mi ha regalato questa canzone qua che secondo me è la canzone che affronta la questione di genere e di fluidità nella maniera migliore possibile. Nella canzone lui è innamorato di lei e lei vuole ritornare dalla ragazza di prima. Lui dice “ma che me ne importa se mi chiamavi Martina”. Alessandro me l’ha regalata e io l’ho inserita nel disco. L’ho inserita in chiusura anche perché non te l’aspetti che io faccia una canzone così.

Tour
Puoi spoilerarci qualcosa del tuo “Tour non degli stadi”?

Sì certo. Il tour è composto da dieci date. Visto che tutti stanno facendo i tour negli stadi ho specificato che il mio non lo era. Ho usato l’intelligenza artificiale per generare dieci miei sosia: uno per ogni data del tour. In ogni data in apertura ci sarà uno degli artisti talento della mia etichetta, faremo gran parte del disco nuovo e poi le solite cagate che ti aspetti ai miei concerti: outfit pazzi, momenti in cui si balla, si ride, si piange e ci si prende bene. Questo disco è l’occasione per rendere i miei spettacoli ancora più completi. Nei miei live c’è sempre stato un sali e scendi e volevo aggiungere più pezzi alla mia scaletta. Ora saranno ancora più completi e ci sarà un momento per chiunque.

Auroro Borealo che dire, un saluto agli amici de Le Rane?

Ciao amici de le Rane. Grazie perché mi volete sempre bene.

Il Tour NON negli stadi di Auroro Borealo

30 marzo 2023 | Segrate (MI) @ Circolo Magnolia

14 aprile 2023 | Brescia @ Der MAST

20 aprile 2023 | Torino @ Cap 10100

21 aprile 2023 | Soliera (MO) @ Kalinka Arci Dude, Habitat

22 aprile 2023 | Roma @ Wishlist Club

28 aprile 2023 | Verona @ The Factory

29 aprile 2023 | Pistoia @ H2NO

6 maggio 2023 | Fidenza (PR) @ Lsd Festival – NUOVA DATA

12 maggio 2023 | Bologna @ Pontelungo

13 maggio 2023 | Macerata @ Dong

Tickets e info

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