Fran e i pensieri molesti sono senza dubbio il gruppo più avanti della scena emergente torinese. Francesca Mercurio, Roberto Testa, Jacopo di Nardo e Lorenzo Giannetti – questi i loro nomi – sfidano la sonnolenza in cui sembra immersa una città che fino a qualche anno fa era invece produttrice di situazioni musicali influenti. In questa intervista ci parlano un po’ della loro identità e dei loro progetti, ma non ci siamo fatti mancare qualche riflessione proprio sugli scenari in movimento della città sabauda.
Parlatemi un po’ di voi come gruppo.
Non siamo solo un gruppo ma una fabbrica ben oliata. Ci dividiamo i compiti, tutto è diviso tra tutti e quattro, dalla direzione artistica al booking alla comunicazione. Col tempo si sono aggiunte persone nel team come Valeria Tortoreti (costumi), Erfan Morelli (fotografo), che contribuiscono nel loro a dare identità al progetto. Nasciamo come gruppo folk, con l’intento di volerci divertire, ma poi negli anni e nel lavoro ci siamo resi conto di voler fare questa cosa nella vita, che alla fine è ciò che ci rendi felici. Abbiamo ricercato una professionalità, che appunto è in divenire, e cerchiamo di trasmetterla sempre. Anche nei concerti, che non vogliamo siano semplici sono spettacoli con dei costumi, un’organizzazione, caratterizzati da quella che vuole essere la nostra identità, rintracciabile in tutto quello che facciamo, anche nei social. Sicuramente cambieremo nel futuro, stiamo ancora facendo ricerca, soprattutto con i suoni. Inoltre qualcosa a cui teniamo molto è il rispetto per chi ci ascolta. Ne teniamo conto quando produciamo, quando facciamo un concerto. Se spendi dei soldi, se supporti un artista vogliamo che tu sia contento di averlo fatto.
A che punto siete ora col progetto?
In questi anni su Torino ci siamo mossi da soli con tanta fatica e tanto lavoro. Abbiamo avuto pochi aiuti esterni, magari per occasioni specifiche o rapporti che si sono consolidati poi, ma sono cose recenti, che un anno e mezzo fa non c’erano. Abbiamo sondato il terreno, ci siamo mantenuti liberi per poter mettere in mano alla persona giusta il nostro progetto. Sappiamo che arriverà questa persona e che ne avrà cura come abbiamo fatto noi i questi anni.
Che ne pensate della situazione musicale di Torino?
Torino è scesa molto musicalmente, si è un po’ anestetizzata. Sono sopravvissuti pochi locali, che però hanno volontà di fare qualcosa, sempre di qualità. La proposta c’è, ma cercare di strutturarla in una città che culturalmente si è po’ spenta rischia di non funzionare. Noi ragazzi di Torino ci siamo abituati a non avere niente da fare, al punto che anche quando c’è qualcosa da fare, non ci andiamo. Si è persa la mentalità di spendere i soldi per l’arte e la cultura. Ci si sposta più per mangiare che per andare a una serata. È un problema quando da gruppo musicale devi portare persone a una serata. Inoltre la città subisce anche il paragone diretto con Milano, data la vicinanza, che è la città da conquistare per eccellenza, “il posto dove le cose accadono”. Ma anche Bologna, dove la gente la sera esce e si ritrova nei posti e magari finisce al tuo concerto.
A dicembre vi siete un po’ consacrati nella vostra città con un concerto all’Hiroshima Mon Amour. Come è andata?
Hiroshima è stato un atto di coraggio. Abbiamo fatto tante date più piccole in città prima di questa, anche sold-out. Però ci siamo detti “vediamo che succede a fare qualcosa di più”. Ci siamo fidati del nostro pubblico e abbiamo scelto di metterci alla prova. Eravamo terrorizzati, ma con le idee chiare. Era tutto molto pensato ovviamente, cerano i visual, la scaletta e gli ospiti (Elio Biffi dei Pinguini Tattici Nucleari, Burbank, Fabio Brunetti e due ballerine). Fare Hiroshima ci ha dato credibilità, perché ha definito il nostro livello a Torino. Nel poi è stata una spinta per scrivere altre cose, e di incoraggiamento per lavorare con entusiasmo a tutte le cose che stiamo facendo. Infatti anche se sembra che siamo fermi in realtà abbiamo tantissime cose all’attivo, che aspettiamo di poter annunciare.
Come raccontereste la vostra musica? Come nasce, di cosa racconta?
I nostri brani nascono da Fran – per la parte del testo – e per quanto riguarda melodie e composizione ce ne occupiamo equamente tutti e quattro. Una volta che abbiamo la struttura del brano andiamo in produzione. Per il primo disco ci siamo autoprodotti, nel secondo abbiamo lavorato con Marco Liba Libanore, per il terzo ancora non sappiamo quali saranno le figure in gioco. Fino ad oggi abbiamo toccato tematiche sociali di varia natura, dalla violenza di genere, al passare del tempo, alla società che corre, alla prostituzione. Cerchiamo sempre di avere uno sguardo sulla società, e di parlarne in maniera attuale. Nel terzo disco vogliamo smuoverci un po’ rimanendo su questi temi ma “alleggerendo” il tutto.
Quali prossimi live avete in programma?
Il sedici siamo stati al circolo Ohibò per il Brilla, e il 22 ancora a Milano per il This Is Indie. Il 10 marzo suoneremo per Nausicaa alla Lavanderia a Vapore, un progetto col sostegno di mibact e SIAE nell’ambito del programma “Per chi crea”. Sarà una serata con maggioranza di progetti femminili. Infine (per ora) a Le Segrete di Strevi per Indiependenza il 21 Marzo. Poi tante sono ancora in arrivo.
Ascolta l’ultimo album di Fran e i Pensieri molesti
Maria Giulia Zeller
Rifletto molto, parlo troppo, e mi piace scrivere. Amo la musica, l'arte, la creatività, soprattutto quando riesco a farne un collante sociale. Credo nel potere della cultura e nella bellezza delle persone. Mi piace trovare e inventare opportunità, lavorando con nuove persone che possano insegnarmi qualcosa.