IMuri, il litorale abruzzese continua a sfornare band fortissime

IMuri è una band che merita e si è guadagnata attenzione attraverso una lunga gavetta e condividendo il palco con nomi di primissimo livello. Oggi è sotto contratto con la Garrincha Dischi ed è in tour facendo tappa al Linoleum, Cortile Caffè e Circolo Kessel, locali trampolino di lancio per band che negli ultimi anni hanno ingolfato le nostre playlist.

Chi sono IMuri e come mai questo nome?

IMuri sono come avete già detto voi una banda di ragazzi abruzzesi da litorale, che fanno musica per passione e soprattutto per bisogno espressivo.

Il significato è semplicemente muro al plurale, utilizzato per ricordarci che le nostre vite sono piene di barriere, ostacoli, muri da superare e di non abbatterci mai nemmeno davanti al muro più alto, semmai abbattere quel muro.

Brenda portami il latte è rubata a Gianni Morandi dite la verità!

Haha no!! Grande Gianni Morandi (magari un feat un giorno) ma Brenda non ci porta solo il latte…

Avete condiviso il palco con grandi nomi come Zen Circus, Piotta, Meganoidi, Kutso, Sick Tamburo, Ratti della Sabina, Marta sui Tubi, Lorenzo Kruger, Fask, Canova e Blindur (solo per citarne alcuni) insomma…di gavetta ne avete fatta. Come siete cambiate nel tempo? Avete scelto consapevolmente ogni fase della vostra trasformazione o semplicemente seguite il vostro “stream of consciousness”?

C’è sempre in ognuno di noi un dualismo, una parte razionale e irrazionale che ci porta a fare determinate scelte, ma per quanto riguarda la musica ci sforziamo di essere sinceri di raccontare quello che siamo.

Come nasce il rapporto con i MADEPO che avete accompagnato in tour aprendo ogni loro data?

Il rapporto con i MADEDOPO nasce dal fatto che loro stavano cercando musicisti per ricostruire la band. Noi eravamo in attività sugli ultimi live di “Traffico Mentale” e proprio in quel periodo stavamo per fare un live a Pescara. Sono venuti al nostro live abbiamo scambiato due chiacchiere e dal li a qualche GG ci hanno contattato chiedendoci di entrare a far parte della band con successivo disco e tour.

Non abbiamo aperto i loro concerti eravamo noi i nuovi MADEDOPO.

Che si prova ad autoprodurre l’album d’esordio ed incidere il secondo per Garrincha Dischi, lavorando con Andrea Suriani, Manuele Fusaroli, Davide Grotta e Lorenzo Caperchi, parlando solo del mastering e del missaggio?

Bè diciamo che produrre un disco con dei grandi come loro è sempre un’esperienza unica e molto formativa, impari tantissime cose che poi continui a mettere in pratica per il resto della vita, ti confronti, scleri, ti incazzi, ti abbandoni, bevi, bevi, bevi, ma poi risolvi tutto e sei felice del risultato.

Che poi le “200 sigarette” le avete fumate davvero?

Bè si le abbiamo fumate veramente 200 cicche.

Come mai il nome “Chat hotel” ? Che rapporto avete col vostro pubblico?

Il nome del disco è venuto proprio durante il tour con i MADEDOPO, io e Luca Romagnoli stavamo scherzando sulle perle di saggezza di un nostro amico che veniva sempre ai concerti e che aveva sempre una parola giusta per descrivere quello che siamo oggi il grande Icks Borea.

Chat Hotel per noi è la descrizione della società che stiamo vivendo, un enorme Hotel in questo caso virtuale, che come nella realtà, ci passi qualche giorno quando sei in vacanza, e quando finita riparti e torni a casa. Ecco crediamo che tutto questo sia passeggero, tutto quello che siamo e siamo diventati è passeggero o almeno spero, tutta questa follia virtuale e non, probabilmente sarà passeggera ma di sicuro ci sarà una nuova proiezione in avanti, magari un Chat Hotel a 5 stelle ancora più completo e con un grado di follia maggiore perché non si può tornare indietro.

Il rapporto con il pubblico è sempre una cosa strana ed affascinante. Ci piace molto suonare in diversi contesti e poter apprezzare le diversità delle persone, gli stati d’animo e anche le esigenze. In ogni caso è un rapporto sempre molto bello perché c’è un vero scambio tra noi e le persone che ci seguono, che apprezzano la nostra musica e la nostra visione delle cose.

Ho letto che avete creato il vostro ultimo album in una casa in campagna, isolati dal resto. Si può raccontare qualche dietro le quinte di quel periodo?

In realtà tutti i dischi sono stati fatti così ahhah, abbiamo questa fortuna/sfortuna di trovarci in posti abbandonati da Cristo nostro signore, Amen.

Bè i retroscena sono moltissimi come ad esempio per dirne un paio, l’eterna lotta con i ciclopici insetti di campagna e le fughe in preda al panico per sfuggire ad ognuno di loro. Gli scontri tra noi e la gang di topi di campagna che si era impossessata della nostra casetta. Il rimanere bloccati in quella casa sommersi dalla neve perché in questi posti non sai mai
come va a finire, entri che c’è il sole, esci che c’è l’apocalisse e tanto altro ancora…

Di influenze ne avrete avute di certo, ma molte non riuscite a metterle a fuoco figlie di un “traffico mentale” perenne, come avete dichiarato in una recente intervista. Ma se vi chiedessi di scegliere un nome che più degli altri vi ha condizionato, chi scegliereste?

Personalmente credo ci sia molto poco di “Traffico Mentale” nel nuovo disco “Chat Hotel”, perché il primo è più ruvido, grezzo se vogliamo. Il secondo pur conservando una attitudine rock, è certamente più orecchiabile, morbido, pop.

Per questo lavoro le influenze sono moltissime, ma mi permetto di dire alcuni nomi: Battisti, Dalla, The Beatles, Tame Impala etc etc.

Una domanda strettamente personale. Cos’è per voi la libertà?

La libertà per noi in senso esteso non è quella che abbiamo oggi, quella che non può essere espressa liberamente fuori dalle nostre stanze e dalle nostre menti senza essere bombardata di pregiudizi, etichette e censure.

Ci rendiamo conto che non siamo ancora pronti per un vero concetto di libertà fuori dai meccanismi dell’odio, della violenza, della discriminazione, dell’invidia e questa è una cosa davvero triste, purtroppo la strada è ancora lunga ma siamo fiduciosi.

Iniziare dal nostro piccolo è il primo passo.

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