La “Vergogna” contagiosa di Cmqmartina

Ad un mese dall’uscita del suo ultimo album “Vergogna”, abbiamo raggiunto Cmqmartina nel suo “Cool tour” per intervistarla nella data del Let’s Festival di Castelfranco di Sotto. 

L’estate per molti significa tornare a casa e, in effetti, quando si entra al Let’s Festival sembra di aver appoggiato la valigia sullo zerbino e di essersi ritrovati nel bel mezzo di una serata in famiglia. A Castelfranco di Sotto, nella serata del 22 luglio, si è svolta la quarta tappa del “Cool tour” della promessa della nu-dance italiana, Cmqmartina. Con l’uscita del suo ultimo disco “Vergogna”, il 17 giugno scorso, l’artista firma il suo terzo album e, in questa occasione, ci porta all’interno delle sonorità e del linguaggio che la contraddistinguono con una messa a nudo delle proprie sfaccettature sempre più intensa e reale.

Nel clima disteso del festival, tra l’ampio prato vicino al palco e gli stand con abbigliamento e piccole mostre, ci si mette subito a proprio agio. Nel dietro le quinte, prima dell’inizio dei concerti, mi sono fatta raccontare da Martina qualcosa in più sul suo nuovo disco e sul suo rapporto con la vergogna con le gambe incrociate e le scarpe sul divano. 

cmqmartina – Vergogna [Ascolta qui]
Cosa ti ha portata a dare il titolo “Vergogna” al tuo ultimo album?

Le parole nei miei dischi, anche i titoli stessi delle canzoni, sono sempre importanti, evocative e provocatorie. L’essere provocatoria fa parte di me e del mio progetto e, la vergogna, in particolare, è una sensazione che gli altri mi hanno fatto provare per tanto tempo. Ho sempre avuto una personalità molto eccentrica e mi veniva detto spesso: «Ma non ti vergogni!?». Il messaggio è che le cose di cui la gente ci fa vergognare, in realtà, sono le nostre particolarità.

Com’è cambiato il tuo rapporto con la vergogna e qual è stato il momento esatto in cui l’insicurezza ha ceduto il posto ad un sentimento di rivalsa?

Devo dire che da quando faccio questo lavoro, cioè da quando esiste Cmqmartina, sento di aver trovato il mio posto nel mondo. Ho cercato di trasformare tutte quelle sensazioni negative nel mio punto di forza perché, alla fine, nei miei pezzi racconto soprattutto di quello, di quanto non mi sento al mio posto e di quanto si faccia fatica. Mi piace scrivere di questo perché so che ci sono persone che non hanno le parole per spiegarselo e, magari, possono trovarle nelle canzoni. Ecco, quindi, non lo faccio solo per me. Devo ammettere che da dopo X-Factor ho completamente smesso di preoccuparmi di tutto quello che era al di fuori perché mi sono resa conto che l’unica cosa che conta è che sto bene. Ultimamente mi sto distaccando tanto dal giudizio degli altri, la vergogna è diventata una cosa fica.

cmqmartina, Vergogna
cmqmartina, Vergogna
Ad oggi, una certa esposizione mediatica sembra inevitabile. Come hai vissuto questa uscita alla luce del sole e come cerchi di gestire pubblico e privato?

È stato un cambiamento pazzesco. All’inizio l’ho presa benissimo, come se non fosse mai successo niente, dopo un po’, invece, ho iniziato a vivermela molto male, a vedere quante persone mi visualizzavano le storie e, quindi, ogni storia che facevo mi dava il panico. Poi, fortunatamente, sono uscita da questo loop tossico e, adesso, sto cercando di approcciarmici in modo molto più semplice, ad esempio, per parlare con chi mi segue. 

Come nasce il feat con Boyrebecca in “La peggiore”?

Per questo disco, tra un sacco di idee e vari drammi, ho detto: «Voglio nel mio disco un’artista che stimo, che mi piace e che è emergente». Sono innamorata del fatto che nell’unico feat del disco ci sia Boyrebecca che è un personaggio incredibile. Sono molto fiera di averla coinvolta. 

Quando si parla di vergogna non si può tralasciare il legame di questo sentimento con i temi del confronto e dei pareri esterni. Questi fattori hanno avuto un peso nel tuo percorso di crescita come donna e come artista?

Il parere altrui che più mi ha segnata nella vita è stato quello di mia madre. Con lei ho un rapporto molto impegnativo e uno dei motivi per cui faccio tutto questo è di dimostrarle che ce la posso fare. Lei era la più grande critica di me e del mio progetto e, col tempo, sono riuscita ad approcciarmi a questa cosa in modo stimolante. Non è diventato un dispetto a chi pensa che non ce la posso fare ma un “voglio fare questo”. 

ph. Guglielmo Meucci
I testi sono piccoli racconti autobiografici in cui traspare la tua voglia di metterti a nudo. Com’è cambiato il tuo modo di scrivere dopo aver messo da parte i sentimenti che ti potevano bloccare? 

Devo dire che ho sempre avuto un modo di scrivere abbastanza disinibito. Però, se ascolto i testi che ho scritto nel mio primo disco e i testi che ho scritto in quest’ultimo album, c’è un’evoluzione emotiva. Nel primo disco ero molto un’adolescente arrabbiata, invece adesso, sento di raccontare le mie storie in modo un po’ più consapevole. Forse anche perché sono molto più sicura di me stessa, sì, sarà anche un po’ questo.

In “Inferno rosa” parli di “malamore”, cosa indica per te questo termine?

Nasce prima di tutto come tributo a Carella. Enzo Carella è un cantautore incredibile e “Malamore” è uno dei suoi pezzi più importanti. Mi ha sempre colpito quella parola in particolare, quasi un suo neologismo, “malamore”. Non so, non è il mal d’amore ma è quell’amore che fa male ma che vivi lo stesso, nel presente, e ti va bene così.

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Quali sono le tue fragilità o i timori che speri di riuscire a esorcizzare con la musica in futuro?

Sicuramente in quest’ultimo disco sono riuscita, per la prima volta, a parlare di cose di cui non ero mai riuscita a parlare. Ho parlato di depressione, di farmaci, argomenti che mi appartengono ma per i quali, comunque, c’ho messo tre dischi per parlarne. Avevo bisogno di trovare le parole giuste e anch’io, per prima, di capirci qualcosa. È stato un modo pazzesco per esorcizzare la cosa, la scrittura per me è molto terapeutica e, per questo, mi piacerebbe continuare a scrivere e parlare di me, del rapporto che ho col mio corpo, con la femminilità e di molti altri argomenti, anche controversi. Insomma, fortunatamente posso fare ancora un sacco di dischi e le cose di cui parlare non finiranno mai.

vergogna
Con i suoi dieci brani, quindi, Cmqmartina racconta di un passaggio ulteriore nella propria crescita artistica e personale che riguarda l’accettazione.

La vergogna, soprattutto quella indotta da chi o cosa ci sta attorno, diventa qualcosa da tutelare e da alimentare fino al momento in cui non si riesce a dire che sì, la propria vergogna può essere positiva. Mettersi a nudo e sporgersi dal parapetto delle proprie insicurezze ci rende spesso fragili e, per questo, maggiormente esposti ai cambi climatici delle nostre stagioni siano esse di pensiero, di emozioni o di progetti per il futuro.

Quello che Cmqmartina ci porta con la sua “Vergogna”, e con il suo tour che si prolungherà fino ad ottobre tra festival e club, è la capacità di esorcizzare i nostri malumori, tramite suoni dal gusto techno e testi che parlano ad un io collettivo, in cui è semplice riconoscersi. Ci si apre a tutte le forme possibili che si sentono di assumere, senza nessun timore di perdersi nelle proprie variazioni. Così, con un’attenzione millimetrica al dizionario con cui ci definiamo, impariamo a fare nostri anche i vocaboli che non ci aspettavamo di riconoscere per poterci lasciare liberi di esprimerci. 

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