Missey: (ri)conoscersi

FUTURO3 per Missey rappresenta, metaforicamente e strutturalmente, un biglietto aereo di sola andata verso un pianeta “lontano”. Nel lavoro dell’artista pugliese trapiantata a Milano, il tema della lontananza e del viaggio rappresenta la spina dorsale di un percorso di arricchimento e sperimentazione.

Il trasferimento nella metropoli lombarda, con il suo carico di incertezze e perplessità ma al contempo di nuove sfaccettature umane da rincorrere e affrontare, ha rappresentato e rappresenta un’occasione unica e temibile di crescita. Dalla perdita degli schemi comportamentali tipici della provincia al senso di smarrimento e di affermazione dei propri impulsi artistici. Un lavoro complesso, in cui l’incertezza nel muovere i propri passi (incertezza emotiva, sociale e musicale) è accompagnata da una profonda testardaggine e fiducia nei propri mezzi. Fiducia nel sentirsi artisti e nel far emergere la “professionalità” di tale ruolo attraverso una scrittura attenta e spesso tagliente. Essere artisti nell’urgenza e nell’indossare giacca e cravatta.

Sette tracce piene di vita e di puntini sospensivi, in bilico tra liriche empatiche e sonorità spesso di frontiera.

Missey assorbe ciò che incontra facendone tesoro. Il suo ruolo è centrale in ogni passaggio ma senza voler imporre questa o quella sovrastruttura. La produzione, attenta e moderna, fornisce il giusto boost alle tracce. Da segnalare i due feat. con 999asura e Minerva, non scontati.

Missey ha risposto a dieci domande: dalla struttura di ogni traccia alla visione d’insieme. Dal senso del suo viaggio alle prossime tappe.

Missey – Futuro3 [Ascolta qui]
Sei pugliese, ti sei trasferita a Milano. Questo tema del viaggio, del cercare la propria strada nell’ignoto (personale, musicale) ha permeato la tua produzione testuale. Cosa pensi di aver perso, cosa pensi di aver conquistato a livello di vita e del tuo bisogno di espressione?

Ho perso una patina, direi spessa, di formalità che in qualche modo pensavo sarebbe stata l’unica via per una persona come me di “sopravvivere” nel mondo. Ho conquistato invece una nuova consapevolezza del termine “vivere”. Così, ho cominciato finalmente a capire di potermi permettere di fare di più del sopravvivere: ho cominciato a capire cosa serve a me e a chi mi è intorno per comprendermi e starmi accanto e per condividere serenamente idee e immaginari.

Mi collego alla domanda precedente. Cammini tanto, vivi Milano come un luna park. Come vedi la tua musica tra dieci anni? Come ti piacerebbe fosse?

Cavoli, purtroppo per via di imprevisti, cambiamenti di orari, di umori e altro, nell’ultimo anno non sono più stata la camminatrice “fisica” di un tempo. 🙁  Questa cosa mi ha fatto molto soffrire, sto riprendendo oggi a girare e vivere di nuovo almeno una parte di Milano come un luna park. 🙂  Nel frattempo però mi sono riscoperta per la lavorazione di f3, una camminatrice rapida con la fantasia, immaginando veramente di toccare molti altri luoghi mai visti o esistiti. Tra dieci anni mi piacerebbe che la mia musica fosse ancora a pieno un viaggio, un lavoro di riflessioni interne mischiate alle cose che succedono fuori, le scene, le persone.

FUTURO3. Ad un ascolto unitario le tracce musicalmente appaiono eterogenee, contaminate da influenze molteplici. A livello testuale la parola d’ordine è incertezza. Ti muovi su lastre di ghiaccio emotive instabili ma il tuo percorso appare definito, qualunque sia il prezzo da pagare. La tua generazione si affaccia ai trenta con ancora meno certezze. Quale è l’approccio con cui un artista affronta questo senso di smarrimento? Ti ritieni fortunata o a volte è una maledizione potersi aprire al mondo?

Penso entrambe le cose. Il mio senso di smarrimento deriva proprio da questo dualismo, dal sentirmi totalmente appagata dallo scrivere in modo libero e sincero, pensando di aggiungere qualcosa di utile e interessante nel mondo, a una forte ansia da prestazione rispetto alla possibilità che il tuo ruolo e il tuo progetto siano riconosciuti come frutto di un lavoro, come gli altri, SERIO e quindi apprezzato in toto.

Il fatto che non ci si sia ancora abituati a concepire davvero la carriera e il lavoro di un artista in modo diverso dal postare una foto su IG e scrivere come hobby “canzoncine”, fa sì che un momento idilliaco per scoprire se stessi, suggerire un diverso punto di vista a chi ascolterà per farsi in grande o minima parte di un quadro sociale in continua evoluzione, si trasformi in una forte pressione o in un rischio che spesso in molt* non sentono di potersi prendere.

Missey
Mi ricollego alla domanda precedente parlando di “Decade”. Parli della frustrazione del successo, dei demoni che attanagliano la vita ed il lavoro quotidiano di un’artista. Nel mondo delle views e degli stream, cosa significa davvero essere fragili?

Credo che significhi credere tantissimo nel tuo progetto sin dall’inizio, da quando fai 2 stream al giorno su una traccia e ti rispondi che ci vorrà tempo e fiducia, a quando non hai budget e ti industri per cercare comunque di portare la tua migliore idea possibile a qualcun* creando connessioni vere e non repost, quando provi a fare qualcosa che non necessariamente è in target con quello che “funziona” in modo canonico ma lo offri comunque al mondo. E questa non vuole essere solo sintesi del mio percorso ma di quella di tantissim* amic* musicist* che ho osservato e ricordato per coraggio, impegno, studio, talento e tenacia, e che nei giorni in cui era proprio difficile crederci, mi hanno lasciato una scia di speranza addosso. 🙂

“Destyni” è la mia traccia preferita. Intima, sospesa tra parole ed omissioni. Come nasce la traccia? Come hai scelto di collaborare con 999asura?

Non è mai stata decisa, ho conosciuto 999asura con uno dei suoi primi singoli su Spotify “DAMN BRO”, pezzo incredibile che più che altro mi ha fatto venir voglia di conoscere meglio la persona dietro i suoi testi combinati in un modo assurdo in musica. Quindi siamo diventati amici, poi un giorno è venuto a casa per un pranzo e una session insieme ad OMAKE ed è venuta fuori questa demo, a cui credo ci siamo tutti affezionati e che in seguito abbiamo deciso di continuare a lavorare.  🙂

“Futuro3”. Un pianeta lontano, un luogo dove è sacro dimenticare. Una racconto sofferto che hai scelto come title track. Il futuro delle emozioni e le loro scorie. Che rapporto hai con gli addii?

Avevo un rapporto tremendo con gli addii, la sensazione di abbandono, di abbandonare, di non aver detto o fatto tutto prima della partenza. Ora un po’ meno, grazie alla scrittura di questo EP, e tuuuuutto quello che è accaduto nel mezzo, le persone che si sono consolidate al mio fianco nonostante le distanze e le pause, quelle che ho lasciato per sempre: mi hanno fatto capire che ci sono diversi tipi di addio, e quasi tutti possono essere gestiti.

“Grano e satelliti interlude”. Non proprio un interludio considerando il testo…anche in questa traccia si sente la minaccia e la redenzione della distanza. A livello testuale è una traccia più densa, strutturata in un minuto. È una scelta stilistica voluta? Era troppo dolorosa continuarla?

In realtà è un interlude non doloroso, una pillola voluta, che porta alla vera parte reattiva del disco, l’ultima, durante la quale il viaggio è cominciato, le cadute pure. Non c’è più tempo per incatenarsi al passato, ma si procede dritti verso il sentiero. In questo la produzione di OMAKE in un solo minuto è secondo me incredibilmente bella, accurata e adatta per dare questo slancio.

“Metri sopra il terreno”. Tu e Minerva dimostrate molta empatia. “Ho vinto quella paura di essere perfetta”. Quanto è difficile da ammettere?

Tantissimo, ci vogliono davvero decadi. Credo anche che però sia un esercizio che non finisci mai di perfezionare, la paura delle tue aspettative e quelle altrui sono voci che possono rimanere mute per tanto e tornare cronicamente. Ma quello che vinci dopo, che sia per sempre o in più o meno brevi attimi e periodi, è come accendere la luce e ritrovarti improvvisamente con tutto il “materiale” di cui avevi bisogno per ascoltarti, ritrovarti e piacerti. Minerva è stata la mia musa in questo.

“Cadere così” riassume tante delle precedenti domande. È una traccia testamento, una sofferta dichiarazione di intenti. Se potessi proporla come cover, a chi la affideresti e perché.

Che bella domanda e che domanda difficileeeeeee! Penso che l’affiderei a Moses Sumney, eresia un mio pezzo tra le sue mani ehhh, lo so. Però è un artista che mi ha molto ispirato nel capire come dosare l’intensità dei miei sentimenti unita alle parole e flow proprio in questo pezzo, ha quest’incredibile capacità di esprimere esattamente un certo stato d’animo attraverso salti vocali perfetti, che secondo me piangerei dall’inizio alla fine.

“Quasi-stella”. Il tuo viaggio sembra (per ora) giunto al termine. È anche un invito a seguirti e, universalmente, a riconoscersi nei propri dolori e proseguire il viaggio. Quale sarà la prossima stazione?

La prossima stazione è un pianeta in cui voglio divertirmi tanto, con suoni e più sperimentazioni, scrivendo cose che non ho mai scritto, meglio, cantandole meglio, amando me stessa molto meglio. Questo con tutte le persone che vorranno sperimentare lo stesso su loro stesse e avranno voglia di salire a bordo.  🙂

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