Maria Antonietta ha le scarpe adatte anche per questo inverno freddo

Su un treno di ritorno da Roma, dove era stata ospite di Radio 2 Social Club, abbiamo raggiunto al telefono Maria Antonietta, con cui abbiamo scambiato qualche battuta. In molti casi, le interviste agli artisti vengono svolte nel clou della promozione del disco, e necessariamente (e giustamente) gravitano attorno all’album. Questa volta, abbiamo scelto di incontrare la cantautrice marchigiana al di fuori dei classici rituali di lancio, per poter spaziare all’interno del suo universo variegato, e per poterci tuffare nel passato un po’ più remoto, alla ricerca di una nostalgia che sa di casa.

La tigre assenza, quarto album in studio di Maria Antonietta, è uscito nel Maggio del 2023. Ne è seguito un tour – quattro concerti speciali avevano, in realtà, anticipato il disco – che l’ha portata, tra gli altri, a calcare il palco del Mi Ami e ad aprire il concerto di Lana del Rey a Lido di Camaiore. Il tour si concluderà alla fine di questa settimana con un’ultima data al Largo Venue di Roma. Verrà poi il tempo della scrittura, della riflessione, dei bilanci e dei progetti nuovi.

Nel frattempo, abbiamo colto l’occasione per farci raccontare un po’ di cose. Ad esempio, che effetto le ha fatto tornare alla musica dopo 5 anni dall’ultimo album, cosa si fa quando non si possiedono le scarpe adatte per il terreno che si percorre, o che ruolo hanno gli archetipi religiosi nelle storie di assenza e delusione.

Maria Antonietta – La Tigre Assenza [Ascolta qui]
Gennaio è per antonomasia tempo di retrospettive. Il 2023 è tornato per te ad essere un anno dove la musica è stata la protagonista: com’è andata?

Benissimo. Ho suonato moltissimo, è uscito un disco che amo, La tigre assenza – come dicevi tu, è stato un anno di ritorno al mio primo amore, la musica, e me lo sono goduto. Anzi, se devo essere sincera, sarà gennaio, sarà il freddo, sarà che chiudo il tour domani, ma sento un po’ di tristezza. Questo gennaio è partito in tono minore, come spesso accade dopo un periodo molto bello, che proietta sempre un po’ di ombra. Vediamo cosa riserverà il futuro, ma sono veramente soddisfatta di quest’anno passato.

La tigre assenza racconta dieci storie, appunto, di assenze. A livello sonoro, però, è il tuo disco più scintillante, complice la produzione di Antonio Filippelli. Com’è nata la scelta di questo clash, che ricorda gli Smiths o i Joy Division?

Avevo voglia di sperimentare con un linguaggio differente, e di fare un disco più prodotto. Ero abituata a dischi più organici, più suonati; poi, crescendo, capita che si ascolti musica diversa rispetto a quella con cui ci si è formati. Come dici tu, c’è un bel cortocircuito tra il testo e il sound, che cerca di inserire la mia natura, l’amore per gli anni ’60, ma in modo più contemporaneo.

Non puoi fare oggi un disco degli anni ’60, lo hanno già fatto e l’hanno fatto benissimo, perché dovrei replicarlo! La musica pop che piace a me possiede sempre questo clash, inserisce testi con una dimensione di complessità in un contenitore che a primo ascolto sembra semplice, accessibile – ed è quello che, con l’aiuto di Antonio, ho voluto mettere in atto ne La tigre assenza.

Se passiamo ai riferimenti testuali del disco, torna in due canzoni l’immagine di “non avere le scarpe adatte”. Mi ha ricordato un verso della prima canzone del tuo primo album, che recita io non posso più accettare tutto quanto, come facevo un tempo quando bluffavo meglio. Capire quando non si possiedono le scarpe adatte, e avere il coraggio di fermarsi senza scendere a compromessi, è frutto di una crescita personale e artistica?

Assolutamente. Diventare grandi significa, ad un certo punto, avere consapevolezza di quali situazioni, quali contesti, quali persone ti realizzano e quali no. Quando senti di non avere le scarpe adatte per quel terreno, o cambi le scarpe o cambi il terreno. Altrimenti, ti fai solo molto male, e non vai neanche tanto lontano. Crescere, per me, significare bluffare meno, perché ti rispetti di più. Se non ho le scarpe adatte, le cambio – e tutto diventa più semplice.

Il disco prima de La tigre assenza è Deluderti, che racconta di quanto sia catartico concedersi la libertà di deludere le aspettative. Tu, di aspettative, ne hai deluse?

Puntualmente, ed erano le mie aspettative. Ho una grande sindrome dell’impostore che mi fa dubitare della mia capacità, rendendomi autocritica e severa. Mi pongo risultati e standard estremamente elevati, e alla fine non posso che deluderli. Con quel disco, la persona che dovevo imparare a deludere ero io. Anche gli altri, sì, ma è più semplice, gli altri sono un po’ più gentili.

Maria Antonietta

Credo che, come le scarpe di cui parlavamo prima, la delusione sia un’altra tappa del diventare grande. Se guardo i miei dischi in prospettiva, raccontano questo: il processo che mi ha portato dall’essere una teenager, a essere una specie di adulta – una specie, dico, perché non si diventa adulti al 100%, si diventa un po’ più adulti, al massimo.

Deludere per me è stato un punto di svolta, mi ha permesso di recuperare la leggerezza e il senso di quello che faccio. Se deludo una serie di standard che mi autoimpongo, pazienza. Ci sono un sacco di persone con cui condividere la mia vita, che è stupenda, quindi, sti cazzi!

A proposito di condivisione: il 2023 è stato un anno pieno di incontri. Penso al brano che hai scritto con Colombre, all’aver aperto la porta a collaborazioni nella scrittura (ad esempio a Francesco Bianconi, co-autore di Viale Regina Margherita) e ai featuring nel disco… è rimasta la tua festa, ma piena di invitati.

Credo che serva essere più consapevoli per aprirsi agli altri. E per me era il momento, ero pronta psicologicamente, stavo bene. La scrittura, ad esempio, è sempre stata solitaria per me, ed è stato liberatorio condividerla con altre persone. Ho scritto un pezzo con Laila Al Abash che amo molto, ho aperto il concerto di Lana del Rey, che è la mia artista preferita ed è stato un sogno. Il 2023 è stato un anno di incontri, e ne sono fiera. Ho portato nel mio mondo artisti con i quali avevo un qualche tipo di affinità, un legame spirituale. Un panorama di facce che amo molto ha reso il mio anno indimenticabile.

Non ti chiedo come è stato aprire il concerto di Lana del Rey, perché l’ho intuito dal tono della tua voce mentre la citavi. Ti chiedo invece, come hai reagito quando l’hai scoperto?

Guarda, io ero sotto l’ombrellone e stavo per comprare i biglietti per andare da spettatrice.

[Qua le faccio notare che ero impressionato dalla sua abilità, visto che a me i biglietti sono finiti mentre li mettevo nel carrello, ma mi rassicura che ci stava soltanto provando, e probabilmente avrebbe fallito].

Mi chiama la mia manager, e mi chiede se la domenica ero libera. Al che rispondo che no, non ero libera, dovevo andare a sentire Lana del Rey. Lei mi dice che avrei potuto aprirlo…

È stato completamente inaspettato. Ma alla fine, le cose migliori della vita, arrivano inaspettate. Si manifestano, e tu non hai fatto nulla – oppure hai fatto moltissimo, ma non lo sai. Hai lavorato tanto, hai mirato tanto a quell’obiettivo, è uno strano gioco di equilibrio e di energie. Mi piace pensare di essermelo meritato – è stata una bellissima sensazione.

Tornando alla tua discografia: uno dei temi più ricorrenti nei tuoi primi due dischi è la religione, mentre la presenza nei successivi si è diradata. Mi chiedo se è per una sorta di separazione dei media (nel mentre, hai condotto ad esempio Sacra bellezza su Sky Arte), o se concetti come la delusione e l’assenza si prestano forse a meno archetipi di sante e altri personaggi teologici.

È una riflessione molto pertinente, sì. I primi dischi, per loro natura, per le storie che raccontavano, intercettavano questi archetipi e queste storie di religione, cristianesimo. Per me è un mondo molto affascinante. Per un periodo, ho studiato teologia proprio perché volevo capire, certo, la spiritualità, ma soprattutto Dio, il mistero dei misteri. Io amo i misteri – è la ragione per cui amo l’arte, perché penso che sia uno dei modi per dire il mistero senza dirlo, e per avvicinarcisi il più possibile. Per questo faccio questo mestiere.

Maria Antonietta

Negli ultimi dischi ho raccontato altre storie, e quella dimensione è diventata più sotto traccia, è uscita dalla scrittura. Fa comunque parte della mia vita, del mio amore, ma forse sì, si è infilata altrove – citavi Sky Arte, ad esempio, dove oltre a Sacra Bellezza ho condotto anche Maddalena – Il mistero e l’immagine. Sono convinta che nulla nella vita ci abbandoni. Tutto si tiene, si trasforma, si incastra altrove forse, ma rimane.

Tra pochi giorni inizierà il Festival Sanremo: più che sul pezzo in sé, penso che sarei più curioso di sapere quale cover porteresti.

Questa è una domanda difficilissima. Sarebbe fonte di grande ansia, penso che mi rovinerei la vita per cercare la canzone perfetta! Dirne una è davvero difficilissimo. Nel mondo delle utopie, sarebbe bellissimo portare una canzone aliena rispetto a quel mondo, con un arrangiamento super pop, ma con un testo di qualche band del movimento punk anni ‘90 riot grrl, come ad esempio le Hole. Sarebbe un sogno vedere una donna portare qualcosa del genere, così distante da quel mondo – in un universo parallelo funzionerebbe molto!

Pisa e Roma sono le ultime due date del tuo tour, che si concluderà questa settimana: e poi?

Sì, a Roma ci saranno due ospiti (Colombre e Alice di thru collective) e non vedo l’ora! Poi, ho un sacco di progetti aperti. Sto scrivendo un nuovo libro, un nuovo disco… anzi, uno e mezzo, da quanti testi ho! È un momento di grande scrittura; trovarsi davanti al computer e avere l’entusiasmo di scrivere è una sensazione che amo molto. Mi aspetto qualche mese di struttura e di lavoro duro!

Un’ultima domanda: in Con gli occhiali da sole, dal tuo primo album, canti adesso sai io scrivo canzoni, perché credevo che rendesse in qualche modo migliori. Quattro dischi e una marea di concerti dopo ti chiedo: è vero?

Mi fa molto ridere, perché quando la canto dal vivo, ci aggiungo sempre “invece no”, perché credo che no, non ti salva e non ti rende migliore in automatico. Magari bastasse!

Però, la scrittura obbliga a lavorare su se stessi. Gli anni di scrittura e di analisi di me mi sono serviti per diventare migliore. Lo dicono i miei amici e il mio compagno, non me lo dico da sola. Ed è per questo che posso dirtelo!

Ultime due date del tour

26 Gennaio – Pisa – Lumiere

27 Gennaio – Roma – Largo

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