“ITASIAN” consacra Mike Lennon come nuovo esempio del rap italiano

Parlare di Mike Lennon non è facile. Definirlo un progetto intrigante sarebbe riduttivo nei confronti della sua persona. Senza dubbio però mi sento di dire che Mike è un esemplare da proteggere, una blessing come dicono oltreoceano.

ITASIAN è il terzo disco firmato da Mike Lennon, pubblicato il 25 febbraio sotto Carosello Records.

Viene rilasciato in un momento storico, quello attuale, in cui ognuno bada al proprio orticello, schiavo della paura che qualcuno possa approfittarsene. Non è forse questo uno degli atteggiamenti da XXI secolo? L’approccio post-moderno che vede la sfiducia nella modernità, nelle istituzioni, nelle nuove tecnologie che prendono sempre più piede all’interno delle nostre vite, ci rende individui avviliti. Ma questa spossatezza morale viene pur sfogata da qualche parte. Generalmente l’odio che ci portiamo appresso viene scagliato sugli altri: i politici, i genitori, i datori di lavoro magari, meglio ancora le minoranze.

Quelli che “ci rubano il lavoro”, lo spazio per vivere, i soldi. Seppur questa ostilità sia rivolta a tutti a causa di un’apparente sfiducia cosmica, la parte peggiore è riservata allo straniero. L’invasore. Non scopriamo di certo ora le varie forme di discriminazione nei confronti degli immigrati. Anzi, essendo italiani, forse le conosciamo meglio di altri.

ITASIAN prende tutti gli stereotipi che hanno reso questa situazione sociale così stagnante e li capovolge, dimostrando che il male sparso da qualcuno sarà il bene di qualcun altro.

Mike Lennon, all’anagrafe Duc Loc Michael Vuong, è un ragazzo vietnamita nato a Parma da una famiglia povera. Le prospettive alla nascita sono poche, per questo i fratelli negli anni si disperdono in varie parti del mondo in cerca di un futuro più roseo. Mike sceglie Milano come meta per la sua carriera da rapper-produttore, ma anche quella da designer. Per la precisione si laurea in Design degli Interni al Politecnico. Mike però è un cultore del rap: lo studia, lo pratica e affina sempre di più la sua tecnica. L’etica del lavoro non passa inosservata e in breve tempo collabora con artisti del calibro di Guè ed Emis Killa.

Dopo un primo tentativo di sfondare in lingua inglese con Lennonhaze, suo primo album indipendente, Mike ha la fortuna di incontrare Lussorio Piras e Riko De Ville, futuri manager e direttori artistici del progetto che gli avrebbe cambiato la vita. In un video sul suo canale Youtube (guardalo qui) racconta di due anni di vita passati a recitare la parte di una persona che non era. Uno stereotipo.

Da KonicHiwa a Viale Padova fa credere al pubblico di essere un cinese con la passione della trap. A renderlo unico, la sua dizione: nel comedy-rap dei suoi brani, da vero asiatico che si rispetti, sostituisce la lettera R con la L, convincendo tutti di non essere in grado di articolare il fonema italiano.

Mike scopre il bug nel sistema italiano, ovvero il trash. Costruisce a tavolino un personaggio che incarna tutti gli stereotipi dell’asiatico: quello che lavora ininterrottamente, mantenendo saldo in viso un sorriso al limite dell’inquietante. Unica differenza dallo stereotipo è che lui stava lavorando davvero per sopravvivere. Prima in una fabbrica di grissini poi di pomodori, all’occorrenza fattorino. Partendo dai social ottiene sempre più visibilità guadagnandosi servizi al telegiornale, interviste in radio e in televisione, ma soprattutto i palchi di festival e concerti.

Il gioco è fatto. ASIAN (2019) è il suo secondo album.
Mike Lennon – Itasian [Ascolta qui]

Come recita la sua attuale tag: il primo rapper asiatico d’Italia, si chiama Mike Lennon.

Mike Lennon è una novità assoluta nel nostro panorama musicale. Basti pensare allo slang e ai neologismi che potrebbero nascere dalle sue origini italo-vietnamite. Nella sua arte potrebbe prendere forma un canale transculturale mai visto in Italia. Cosa conosciamo del Vietnam oltre alla guerra? Forse lo street food, ma finisce qui. Con la sua musica Mike ha la possibilità di aprire la porta verso l’oriente per contenuti, ma soprattutto per la forma, parte imprescindibile del rap.

Così facendo si potrebbe assistere a una rottura della tradizionale bidimensionalità che lega la lingua italiana a quella anglofona. Da molto tempo, questa dipendenza dall’America, viene vista come un limite per la musica italiana. Si tratta di un fatto ormai depositato nella nostra cultura musicale. Ma Mike Lennon, ancora una volta, potrebbe ergersi a baluardo di un nuovo ordine linguistico e musicale.

È riuscito a farci saltare ai concerti cantando solamente “Konichiwa”. Le carte che ha da giocarsi sono ancora molte.

È giunto però il momento di togliere il velo di Maya e dichiarare al mondo la verità. Con un’operazione simile a quella ideata da Federico Clapis nel recente passato, Mike può finalmente gettare la maschera da icona trash e presentarsi al pubblico per chi realmente è: un rapper-produttore, designer e grafico italiano a tutti gli effetti.

“Libero” è la prima canzone in cui sfoggia una perfetta R. Inizia da qui l’hype per ITASIAN.

Va ricordata una cosa. Mike è un infiltrato nel rap game, un ninja appunto. Ci sguazza ormai da anni e ne conosce le meccaniche interne. Conosce il linguaggio, l’attitude da mantenere, sa come porsi a colleghi e fan, ma soprattutto, sa come farlo il rap.

Con un tono in perenne equilibrio tra l’ironico e il dissacrante, Mike ribalta lo stereotipo dell’immigrato asiatico (o più correttamente del cinese) di cui è stato vittima in giovane età. Da questo cambio di prospettiva nasce un ponte interculturale tra Italia e il “Sud Est, dall’altra parte del mondo” da dove dice di venire in Ninja, pezzo di chiusura dell’album.

L’artwork del disco mantiene vivo il focus sull’asiaticità del personaggio: uno zoom sulle curve del suo occhio a mandorla, adornato da un sopracciglio pettinato verso l’alto alla Heihachi Mishima, storico protagonista della serie videoludica picchiaduro Tekken. Come suggerisce l’occhio di ITASIAN, anche Mike, come Heihachi, possiede un alter ego malvagio, quello che conosce la verità.

La verità di chi è stato ostracizzato, di chi pur conoscendolo a fine giornata lo chiamava comunque il cinese, per convenienza. Ora Michael, forte delle varie vite vissute, è pronto a raccontarsi.

Mike Lennon – Itasian [Ascolta qui]
Il primo singolo pubblicato è “Lady”, una love song lontana dalla tradizione italiana.

Niente chitarre o serenate, ma immagini chiare che appartengono all’immaginario delle relazioni dei vent’anni. La musa ispiratrice è ovviamente la sua ragazza (ormai moglie) che ricomparirà anche nel brano Kanye West.

Fin da subito Mike mette in chiaro una cosa: il finto cinese che ha impersonato per 2 anni non è del tutto svanito dal suo personaggio. Anzi, grazie a lui nei suoi testi Mike si arroga il diritto di citare ancora i simboli del panorama asiatico dandogli nuovo significato. Gli uramaki, Hokusai e la catena di Aumai non sono più stereotipi, ma motivi d’orgoglio. Accanto ad essi questa volta si aggiunge il vero Mike, il ragazzo cresciuto in occidente dove suonano le canzoni di Nesli, si guarda Netflix e ci si appassiona a Michael Scofield di Prison Break.

I singoli successivi sono FAXXX featuring Pepe e Ninja, brani che attestano l’anima rap degli interpreti che sputano real fax (gergalismo rap di facts, ovvero fatti in inglese). Particolarmente in Ninja, canzone dal beat tanto scarno quanto violento.

“Kanye West” è l’ultimo singolo, nonché primo pezzo dell’album.

Mike coglie l’occasione per aprire una finestra sulla sua vita privata perché “questo pezzo è come confessarsi al prete”. Scrive il suo nome accanto a quello di un’icona come Kanye perché ne condivide il pensiero. Il testo infatti demonizza gli aspetti più tossici del rap, tra i quali la droga, lo spaccio e il fascino per il gabbio, ricordando a tutti che non serve essere criminali per saper rappare e avere successo. Nella seconda strofa si mette a nudo parlando della propria famiglia e del suo recente matrimonio, con la promessa di mantenere la stessa ambizione di quando era un ragazzino con lo studio in garage.

Nei restanti pezzi inediti di ITASIAN, assieme ai brani in solitaria, si svelano le ultime collaborazioni. La prima con Nicola Siciliano, astro nascente del Sud Italia, in “Johnny Dang”, omaggio al famoso gioielliere di origine vietnamita, considerato uno tra i pusher di grillz e collane più influente nel rap a livello globale.

Ultimo ma non meno importante tra i featuring è G.bit, da sempre grande estimatore e amico di Mike, che compare in “Oke Oke” e “Barzelletta Freestyle”. È importante soffermarsi su questo sodalizio per sottolineare quanto Mike Lennon sia nella situa, come si suole dire.

G.bit è stato uno dei primi a credere nel rapper itasiano remixando il suo brano KonicHiwa e portandolo sul palco assieme a lui. Come un fratello, ha la capacità di ricordare a Mike Lennon la regola più importante del gioco: divertirsi. L’intesa che c’è fra i due è limpidamente trasposta nelle loro canzoni.

In Oke Oke, una delle canzoni più ascoltate del disco, i due cominciano a mettersi a loro agio su un beat che sul finale diventa impossibile da non ballare. In Barzelletta Freestyle esplode la componente ludica del rap a partire dai primi versi. Qui vengono presentati in modo canzonatorio alcuni tra i migliori amici (e collaboratori) di Mike.

Mike Lennon
Un magro, un pelato, un asiatico e un punkabbestia: G.bit, Simone Panetti, Mike Lennon e Naska.

Tutti personaggi immersi nella musica che possiedono anche un seguito sul web grazie a Twitch. Sì perché Mike aveva già capito che il futuro dell’intrattenimento sarebbe stato lì, dove non devi passare dal via o chiedere il permesso per dire la tua. Se lo vuoi, lo fai e basta.

Non è raro trovarli all’interno di uno schermo mentre scherzano, raccontano delle loro avventure più folli o fanno freestyle. È probabile che la loro barzelletta rap possa essere nata proprio da una live streaming.

Mike Lennon sa il fatto suo. Per questo è riuscito in una delle imprese più ardue di questa era di grossi cambiamenti che stiamo vivendo: rendere credibile uno streamer che fa musica. Si tratta proprio di Simone Panetti, il più inserito su Twitch. Il suo primo ep Profondo Rosa, uscito a inizio 2022, è interamente prodotto da Mike Lennon e ad oggi ha già superato i 10 milioni di ascolti.

Ci sarebbe ancora tanto da dire.

La carriera di Mike è solo all’inizio, ma è già successo così tanto, addirittura un matrimonio. Mike Lennon è un animale raro, ma non di quelli da mettere in un circo solamente perché viene da un luogo esotico. Di fatto è nato a Parma, a un’ora di treno da Milano.

Lo slogan “Ca**o piccolo, pa**e grosse” di Oke Oke riassume perfettamente la sua personalità.

Non c’è stata pausa nel progetto di Mike. Si è preso la responsabilità di difendere a spada tratta la diversità dall’interno, facendone un punto di forza. Le persone che lo inneggiavano ai concerti e sotto i video delle canzoni, erano gli stessi che non volevano avere a che fare con gli stranieri, che non andavano al negozio dei cinesi perché “chissà da dove viene quella roba”. Ma il finto Mike Lennon era riuscito a metterli d’accordo con la musica. Tutto questo non è un semplice raggiramento, ma un brillante metodo per far aprire gli occhi alla gente.

È riuscito a valorizzare positivamente uno stereotipo considerato da sempre negativo. Praticamente è riuscito nell’impossibile. E il cambiamento non è arrivato dall’alto, dalle istituzioni, ma dal basso, dalle persone vere. Non dagli stereotipi. Mike Lennon si è preso carico delle ingiustizie e ne ha fatto un lavoro alla faccia degli invidiosi che in lui vedevano solo un cinese.

Prendendo le distanze dalle romanzerie a stelle e strisce, Mike Lennon ci insegna che con una sedimentata forza di volontà si riesce a raggiungere i propri obiettivi. Il tutto senza mai diffidare della propria diversità.

L’invito non è quello di gustarsi il suo nuovo album, ma la storia di Mike Lennon per intero, affinché possa essere di ispirazione.

Se lo vuoi, lo fai e basta.

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