Lucio Corsi, un cantastorie d’altri tempi che vive in un mondo senza tempo

C’è un momento in cui cresci e sei stufo di sentirti dire cosa devi fare e soprattutto come la devi pensare. C’è un momento in cui anche le canzoni cominciano a farti quell’effetto, e inizi ad ascoltare jazz o musica classica per non farti distrarre da parole mal dette e dalle frasi retoriche, che disturbano il piacere della musica. Non succede tanto perché il cinismo prende il sopravvento. No, bugia. Succede proprio perché è il cinismo prendere il sopravvento, così non credi più ai buoni propositi e ai sogni di rivoluzione, quando anche ascoltando Brunori reagisci così capisci che serve qualcosa in più al cantautorato italiano. Così senti il bisogno di storie, e come se da grandi ritornassimo bambini affamati di racconti, necessari per prendere sonno.

A rispondere a questa esigenza ci ha pensato il cantautore toscano Lucio Corsi, che alle porte del nuovo decennio ha prodotto Cosa faremo da grandi?, secondo disco pubblicato per Sugar, che fa da coda a due EP prodotti inaspettatamente da Federico Dragogna (Ministri), e un primo album dal titolo Bestiario musicale, un concept che racchiude racconti musicati auto conclusivi, narrati dal punto di vista degli animali del bosco che popolano la terra di Corsi, ovvero la Maremma.

Le atmosfere notturne, lievi e sognanti, sono ben ricostruite grazie all’arrangiamento minimale, con questo disco Lucio si è aggiudicato il premio Pimi ai giovani autori e la sua penna ha fatto innamorare Francesco Bianconi che ha premiato le doti poetiche del conterraneo portandoselo con sé per aprire le date del tour “L’amore e la violenza pt.1” dei Baustelle. Bianconi, inoltre, ha prodotto il suo nuovo disco insieme ad Antonio Cupertino: nove brani in cui lo zampino Baustelliano si sente eccome, dalle chitarre elettriche, mai ascoltate prima nei lavori di Lucio, all’orchestra presente nei primi tre brani che aprono il disco.

Cosa faremo da grandi non è solo capace di raccontare storie fantastiche e avventurose, come sapeva fare un altro Lucio, quello grande (Dalla), ma sa attingere dal patrimonio musicale migliore: troviamo sonorità inglesi Beatlesiane nei brani L’orologio e Trieste, la chitarra country dei cantastorie americani in Onde e Senza titolo, canzoni che ricordano il primo Dylan.

Un ascolto attento di questo disco ti restituisce la stessa – indescrivibile – sensazione delle filastrocche folk di Barry Louis Polisar nei titoli di testa di Juno. La spensieratezza dell’adolescenza che si trova catapultata nel bel mezzo dei problemi dell’età adulta, affrontati dipingendo un mondo su misura, fatto di animali da fiaba, ragazze trasparenti, amici così secchi da volare via e storie antigravità, immagini tenere e lucide nello stesso tempo. Lucio Corsi è un vero poeta capace di utilizzare le parole, le immagini e le figure retoriche in modo magistrale, mai banale nella sua estrema tenerezza e semplicità nel raccontare il mondo che lo circonda.

È un cantastorie d’altri tempi perché vive in un mondo senza tempo, che si è costruito con le sue mani per sopravvivere all’avanzare dell’età adulta senza smettere di sognare. Nel video del singolo che dà il nome al disco, girato da Tommaso Ottomani, sembra lui stesso un personaggio delle sue canzoni, un ragazzo esile e glitterato dai lunghi capelli che ricorda Ziggy Stardust, surreale perché troppo reale in un mondo fantastico. Se la domanda è quindi “Cosa faremo da grandi?” noi risponderemo sicuramente che ascolteremo Lucio Corsi.

Ecco cosa ha risposto Lucio alle nostre domande:

Ciao Lucio, come si sta a Milano a ventisei anni?

Bene, come a venticinque. Ovviamente sto meglio in maremma, preferisco gli alberi e l’ombra ai pali della luce.

Che musica ascoltavi da piccolo? E oggi?

Mio padre mi faceva ascoltare De André, i Beatles e Ivan Graziani. Poche cose ma buone. Poi crescendo mi sono appassionato al Progressive Rock, poi al Glam Rock degli anni ‘70 dopo aver visto il film Velvet Goldmine.

Per scrivere prendi ispirazione dalla musica che ascolti o anche da altre forme d’arte?

Non solo dalla musica, dai disegni di Andrea Pazienza, dai quadri di Antonio Ligabue, De Chirico, le poesie di Emily Dickinson, insomma da diverse cose.

Raccontaci di te, della tua musica e delle tue storie, attraverso cinque personaggi che fanno parte dell’immaginario di Cosa faremo da grandi?

 – L’uomo che costruisce le conchiglie sull’Isola d’Elba:

Massima espressione di grande impresa mandata in fumo con l’animo in pace.

– Il topo che vive a Parigi:

Storia realmente accaduta. Il topo in questione apparteneva ad un amico di Federico Dragogna, fu lui nel 2015 a raccontarmi questa storia, finita anni dopo in una canzone.

 – Le zanzare con cui dividere l’affitto:

Dividevo con un folto gruppo di zanzare, erano circa 745, un appartamento in via Ripamonti, a Milano sud. Adesso vivo a Niguarda nord, solo con alcune di loro mi ci sento ancora.

– L’amico così secco da volare via:

La prima volta ci suonai a Lugano mi accorsi che d’autunno vi era l’usanza di pulire le strade dalle foglie secche. Così facendo uccidevano una intera stagione, l’autunno. Quella canzone è nata per dare un altro significato a quel gesto, da gesto violento ad atto di carità.

Qual è il personaggio preferito delle tue storie e perché?

Non ho un personaggio preferito, posso dirti che ci sono canzoni alle quali sono maggiormente affezionato. In questo disco la canzone alla quale tengo di più è “Cosa faremo da grandi? Poiché la scrissi e la lasciai in disparte. Fu Francesco Bianconi a farmela notare e rivalutare.

Dove ti vedresti bene a cantare le tue storie?

Nei teatri, sopra un albero o al volante di una vecchia Porsche 911 degli anni 70.

Quando eri più piccolo cosa volevi fare da grande? E ora cosa vorresti fare?

Da piccolo volevo fare il disegnatore, poi il paleontologo, poi il cantante. Comunque ho chiamato così il disco poiché ascoltando la prima canzone ti accorgi che quella domanda che fa da titolo non vuole risposta, e va benissimo così.

 

Lucio Corsi in Tour
Ascolta qui il nuovo disco di Lucio Corsi

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