Gli España Circo Este hanno creato la ricetta per essere felici

Avete presente quando avete voglia di una precisa cosa da mangiare, così, senza un perché?

Tipo quel piatto mai provato o che esce bene solo se letteralmente sfornato dalle mani di vostra madre? Poi magari esprimete a voce quel desiderio, parlate al vostro migliore amico di quel languorino aleatorio e un istante dopo: eccola lì, la ricetta dei maccheroni al formaggio proposta da Giallo Zafferano, proprio lì sulla home di Facebook. Stupore, inquietudine e un sacco di fame vi attanagliano. E magari alla fine, sporcando mille pentole e contando male i minuti di cottura della pasta, quella ricetta la usate per davvero.

Il titolo di quest’articolo non vi inganna affatto. Lo scorso 6 novembre gli España Circo Este hanno pubblicato il loro nuovo album dal titolo “Machu Picchu” e questa è realmente la recensione del suddetto disco. La cosa bizzarra è che il modo in cui “Machu Picchu” è giunto alle mie orecchie è assolutamente assimilabile a quello con cui Giallo Zafferano ci propone la ricetta su cui fantasticavamo soltanto: in maniera (apparentemente) casuale, ma al momento giusto.

Avevo silenziosamente bisogno di sentirmi felice e ho trovato “Machu Picchu”.
España Circo Este – Machu Picchu [Ascolta Qui]
Su Google son riuscita a trovare ben dieci misteri legati a Machu Picchu. L’affascinante città perduta degli Inca vi ha ispirati al punto da dedicarle il titolo del vostro nuovo album. Se ci fosse un nuovo, undicesimo mistero su Machu Picchu, quale sarebbe? (Inventate e argomentate con tutta la fantasia di cui disponete).

Si dice che se il giorno del tuo ventunesimo o ventinovesimo o trentaquattresimo o quarantaduesimo compleanno tu riesca a visitare la Cittadella Inca. Il cielo e le stelle ti parleranno in sogno, e ti daranno le risposte per combattere noia e dolore nella tua vita.

Evviva il caos perché l’ordine ha fallito

Gli ECE aprono le danze con “La Mia Rivolta”, un inno alla sacrosanta disubbidienza, a quella trasgressione che, se guidata da senso critico, può smuovere la nostra realtà fin dalle fondamenta. E se da soli non ci riusciamo, ci sarà forse un ideale poco ortodosso, un sentimento fiammante, un paio d’occhi innamorati a muoverci, spingendoci oltre i confini della nostra comfort zone.

Quello degli ECE è come un canto d’amore rivoluzionario che comincia con la prima traccia dell’album e termina proprio con l’ultima canzone di “Machu Picchu” grazie ad una riuscitissima struttura ad anello.

Canzone Per Un Mondo Meglio”, traccia finale dell’album, strizza l’occhio al futuro dell’umanità attraverso le confortevoli note di un ukulele e una componente testuale che per due minuti e diciannove secondi ci convince che cambiare le cose è possibile per davvero.

Duermo poco, sueño mucho

L’esperienza del viaggio e l’America Latina: “Dormo Poco Sogno Molto” è il brano dell’album scelto per consacrare e celebrare queste due smisurate e manifeste passioni che legano i componenti della band. Partendo da una nota citazione in lingua spagnola, questa canzone pone l’accento sul viaggio con una duplice accezione: esperienza umana e bisogno primario.

Avete trascorso gli ultimi due anni a girare il mondo con zaino (e chitarre) in spalla. In un periodo storico così anomalo in cui la staticità è una condizione fisica a cui nessuno può sottrarsi, come si può “viaggiare stando fermi”?

Fantasia, tanta musica, qualche libro, film. Se abbiamo imparato qualcosa dalla pandemia è proprio che l’arte, in ogni sua forma, è evasione. Guardare un film, ascoltare musica, vedere le repliche di uno spettacolo o leggere un libro ci permette di volare fuori dalle quattro mura in cui siamo costretti e di avere un contatto emotivo, vero, col mondo. Sento che siamo sempre più bombardati da un mare di notizie che “scivola” sulle cose, le accenna appena e subito le dimentica.

España Circo Este – foto di Andrea Domeniconi
L’arte invece è testarda, va a fondo, si basa sull’esperienza e parla alla pancia.

La musica latina è maestra in questo. Racconta storie con parole insieme leggere e profonde, ritmi energici sotto melodie malinconiche, un mare di contraddizioni che genera armonia, energia, emozioni: in una parola, vita. La musica latina (e l’arte in genere credo) ha questa forza: ti permette di fare esperienza delle cose prima che accadano, ti dà un prima spinta a superare la paura e le scuse che ci portiamo dentro e che ci fermano, non solo fisicamente.

Addentrandoci sempre più nel profondo dell’album, proprio lì, ad un passo dal cuore di “Machu Picchu” troviamo “Cento Metri”, un brano che attinge da sonorità prevalentemente reggae che riescono (inaspettatamente) a condurre l’ascoltatore in una dimensione onirica e, a tratti, malinconica: cornice ideale per raccontare la storia di un sogno.

Partendo dalla citazione dello scrittore cileno Roberto Bolaño, secondo cui “ogni cento metri il mondo cambia“, gli ECE mostrano come la predisposizione alla curiosità e, quindi, l’innata ed insaziabile fame di conoscenza del mondo che spinge al di là del proprio rassicurante orticello è qualcosa che, in fin dei conti, nasce e cresce con noi. Ed è così, un po’ più affamati di prima, che passiamo alla traccia successiva.

Raccontateci la storia nascosta tra le righe e le note di “È Da Un Po’ Che Aspetto Il Mio Fra Un Po’”, quarta traccia di “Machu Picchu”.

“È da un po’ che aspetto il mio fra un po’” è  la risposta. È il pensarci domani, non allinearsi ai ritmi imposti, è l’arte del rimandare le cose, arte in cui io sono il campione del mondo. Se poi uniamo tutto questo ad un po’ di sfighe di percorso succede che il tuo auspicabile traguardo si allontana sempre di più e… e poi succede che pensi, pensi, ripensi e capisci che fino a quando non lo deciderai tu, nessuno ti aiuterà a prendere decisioni, a decidere dove svoltare a cominciare a costruire qualcosa.

Tu non aver paura e non cercar nessuno che ti raddrizzi mai

L’equilibrio è una faccenda personale, si sa.

Lo insegnano gli esercizi di yoga, i libri di psicologia e anche “Nati Storti”, in assoluto la mia traccia preferita del nuovo album degli España Circo Este. Arricchita da un trionfo di chitarre e percussioni latine, questa canzone assume i connotati di una lettera che ha due soggetti come protagonisti e, al contempo, destinatari: un’amica del mittente e il mittente stesso. Due individui e la loro equilibrata imperfezione. Che siate a ritmo o che azzardiate movenze un po’ goffe, questo brano vi farà venir voglia di ballare.

Gli ECE aprono poi una parentesi musicale cruda, quasi catastrofica, contrastata da un sound che trasuda allegria: “Se La Cantiamo Ci Passerà” è un ossimoro, una sarcastica denuncia sociale travestita da canzone. Da leggere tra le righe e sentire tra le note.

Perderò tutto, ma non perderò te […]
E se la vita non sarà perfetta ci stringeremo fra le nostre braccia

A precedere la già citata ultima traccia di “Machu Picchu” v’è, infine, “La Cosa Giusta”, una canzone d’amore che mescola reggae e variazioni sonore che ricordano la musica tradizionale orientale. Ma qual è la cosa giusta? Probabilmente, è esattamente tutto ciò che ci rende felici.

Siamo nel futuro, tutto riprende, tutti ripartono. Biglietto fatto. Meta decisa. Potete portare con voi solo quattro cose: cosa scegliete e perché?

Questa è facile: un guitarlele, così si può suonare e comporre; un costume da bagno, non si sa mai; un pallone, oggetto universale per conoscere gente. E come quarta non saprei. Direi qualcosa che riproduca musica. Che senso ha viaggiare senza mettere i Gipsy Kings in sottofondo?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *