Indie Pride: noi ci mettiamo la faccia, e voi? Intervista ad Antonia Peressoni e Benedetta Solari

Indie Pride giunge alla sua settima edizione. L’appuntamento è il 27 Ottobre al Tpo di Bologna in compagnia di tanta bella gente e tanta buona musica.

C’è ancora molto bisogno di un evento che parli, attraverso la musica, di lotta all’omotransfobia, al bullismo e al sessismo, e più in generale di difesa delle diversità e sensibilizzazione al rispetto alle minoranze siano esse legate al sesso, alla religione, all’etnia o al colore della pelle.

Oggi Indie Pride è una grande famiglia composta da persone che non hanno paura di metterci la faccia. Pertanto invitiamo tutti coloro che operano nel settore musicale a schierarsi dalla nostra parte. Come? Molto facile, basta sottoscrivere la Carta d’intenti che potete richiedere sul sito di Indie Pride e realizzare un breve video con bacio!

La line-up verrà annunciata nei prossimi giorni, intanto abbiamo intervistato le organizzatrici di Indie Pride, loro sono Antonia Peressoni e Benedetta Solari. Due donne, avete proprio capito bene. Due donne che negli anni hanno fatto valere i propri ideali e hanno coinvolto in questa battaglia moltissime persone. Ci hanno raccontato quante cose sono cambiate in questi anni e quante ancora devono cambiare per vivere in un’Italia migliore…

Manca poco più di un mese all’Indie Pride, quali sono le vostre sensazioni riguardo all’evento?

A: Sono molto contenta perché abbiamo lanciato l’evento Facebook ai primi di Agosto e senza invitare e sponsorizzare, abbiamo quasi 700 partecipanti e quasi 10.000 interessati. Quindi siamo entusiaste e dopo 7 anni finalmente qualcosa si sta smuovendo.

B: Siamo molto cariche, è bello sentire che la community intorno al progetto sta crescendo. Abbiamo anche altri progetti imminenti ma a livello mediatico l’Indie Pride è la nostra più grande soddisfazione.

Quali saranno le novità di questa edizione?

A: Dal punto di vista prettamente artistico si giocherà un po’ sulle collaborazioni. Siamo certe che non mancheranno le soprese e gli interventi non programmati sul palco. Al Keep on Festival abbiamo presentato un questionario indirizzato ai night club..

Quali sono i principali obiettivi di questa associazione che opera 12 mesi all’anno (e non solo nel giorno dell’evento)?

A: Il nostro obiettivo principale è debellare l’omotransfobia, il bullismo e il sessismo. Potrebbe sembrare utopico ma è un obiettivo che pensiamo si possa raggiungere, o comunque pensiamo che ci possano essere tanti piccoli passi per sensibilizzare le persone su queste tematiche. L’Indie Pride è nato nel 2012 quando si stava discutendo il Disegno di Legge Scalfarotto, siamo nel 2018 ed è ancora tutto fermo in sede parlamentare..

B: A livello concreto vorremmo avere una legge contro atti di bullismo..

Sulla pagina Facebook dedicata all’evento si legge “Sono passati 7 anni dalla prima edizione, ma arrivati nel 2018 la situazione politica e culturale italiana è, se possibile, peggiorata”, secondo voi che tempi stiamo vivendo?

A: Dal punto di vista politico i tempi sono nettamente più negativi rispetto a quanto è nato Indie Pride. Dal punto di vista delle persone e della consapevolezza che c’è la necessità di fare qualcosa, va molto meglio. Il bacino di persone che collaborano all’Indie Pride si è allargato ed è molto propositivo.

Hai incontrato resistenze politiche o culturali quando hai deciso di ideare questo Festival?

A: No, direi di no. Nel 2012 era l’anno del pride nazionale a Bologna, e in questi anni Bologna ha dimostrato di essere focina di laboratori per quanto riguarda la libertà di essere ciò che ci è. Abbiamo il Cassero che insieme al Centro Mario Meli è uno dei più antichi per quanto riguarda  la lotta della comunità lgbtqi. Da un anno e mezzo c’è un dialogo con l’assessorato e non abbiamo mai trovato resistenze di alcun tipo.

B: Bologna è una città fortunata, speriamo di fare un Festival itinerante e portare Indie Pride fuori dai confini in cui è nato..

Perché hai scelto come location proprio il Tpo di Bologna?

A: Le prime due edizioni sono state fatte al Locomotiv, poi avevamo intenzione di ingrandirci. I ragazzi del Locomotiv ci hanno sempre supportato. Il Tpo è nato pensando ad una location più grande, poi si è consolidato il rapporto con una realtà che è vicina a quella di Indie Pride.

B: C’è dietro un collettivo di persone a livello umano e professionale di alto livello.

Cosa pensi di ciò che è accaduto a CRLN durante l’Indigeno Festival? Se ne è parlato poco?

A: Se un’artista ha dei fan aggressivi, violenti ed offensivi, non può tacere. Non è stato fatto a sufficienza per una ragazza giovane che è stata aggredita in maniera più che violenta con le parole.

Perché un’artista dovrebbe decidere di schierarsi socialmente e politicamente oppure di non farlo?

A: Io personalmente, operando nel settore musicale da 15 anni, ritengo che i musicisti hanno un microfono e una visibilità che le persone comuni non hanno. Dunque hanno una responsabilità nei messaggi che trasmettono, dovrebbero anche avere la responsabilità di veicolare certi messaggi e prendere delle posizioni.

Credi che le donne siano ancora svantaggiate nel settore musicale (parlando non solo di artisti ma anche delle figure che lavorano dietro le quinte di concerti, uffici stampa ecc)?

A: Si! Come in tutti i ruoli del mondo del lavoro, la musica non si esime da queste differenze molto gravi. Guarda caso nel mondo della musica, le donne sono le referenti della comunicazione, degli uffici stampa. Invece i ruoli dei tecnici sono affidati sempre agli uomini.

Che tipo di pubblico è quello dell’Indie Pride? Credi sia cambiato dalla prima edizione?

A: Il pubblico è sempre stato abbastanza eterogeneo. Vi racconto questo episodio bellissimo, l’anno scorso abbiamo ricevuto un messaggio su Facebook da un papà veneto che ci ringraziava perché aveva potuto portare la sua bambina all’evento e sosteneva fortemente i nostri valori.

Negli ultimi anni Bologna è diventata il centro della musica in Italia, più di quanto lo sia stata in passato (almeno questa è la mia percezione). Tutti gli artisti passano di qui e alcuni (ad esempio Cimini) partono proprio da questa città. Ti sei data una spiegazione?

A: In Italia si va a periodi, c’è stato il periodo in cui Torino era focina di grandi artisti. Negli ultimi anni è emersa Roma e adesso anche Bologna sta tornando in auge, spezzo una lancia a favore delle persone con cui lavoro, in questo caso Garrincha Dischi ha fatto tanto.

Quest anno sul palco vedremo nomi già noti al grande pubblico che a breve verranno annunciati sui social, dunque su cosa si è basata la scelta della line-up?

A: In parte su artisti che l’anno scorso avevano firmato la Carta d’intenti. Poi comunque sono stati coinvolti artisti che sono tra i nomi più seguiti, ma soprattutto ci appoggiano.

B: Gli artisti devono essere coinvolti sempre di più, deve partire anche da loro, come testimoni della nostra associazione.

Cosa può fare, secondo te, ogni singola persona per rendere la nostra nazione un posto migliore?

B: Fare attivismo nelle forme più svariate. Sui social ma anche e soprattutto nella vita reale.

Perché firmare la Carta d’intenti e metterci la faccia (e il bacio)?

A: Perché bisogna essere attivi nella vita, con il silenzio non si va da nessuna parte. In questo modo nessuno può prendere una posizione al posto nostro. Deve partire anche da persone che non fanno parte della causa in prima persona ma hanno dei valori importanti che vogliono esternare.

 

 

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