Miglio, la Pianura Padana e la navicella spaziale dritta alle nostre origini
Miglio è il progetto musicale di Alessia Zappamiglio, cantautrice bresciana. La sua scrittura è da sempre caratterizzata da immagini dirette ed evocative riguardo panorami metropolitani e ai sentimenti predominanti del nuovo millennio. Il nuovo brano, Pianura Padana, è l’inizio di un nuovo percorso musicale sotto l’etichetta Matilde Dischi. È prodotto da Simone Pedrini e Michele Zuccarelli Gennasi. In un periodo in cui gli ambienti e gli affetti domestici sono l’ancora in questa nostra quotidianità dalle priorità sovvertite, abbiamo colto l’occasione per fare due domande a Miglio in merito al nuovo brano uscito ieri.
Cara Miglio, il 20 marzo esce Pianura Padana, che segna il tuo ritorno sulle scene musicali sotto l’etichetta di Matilde Dischi. Un brano introspettivo attraverso cui disegni un filo conduttore dalla tua infanzia alla persone e ai valori che ti caratterizzano oggi. Cosa significa per te tornare sulle scene con un brano così intimista in un momento così delicato, anche per gli artisti, anche per la musica che è collante tra le persone?
Pianura Padana è un brano molto intimo, c’è dentro gran parte della mia vita e del mio personale. Crescendo cambiano tante cose, la vita spesso ti mette davanti a situazioni difficili e che possono anche rivoluzionare tutto quello che vivi. La musica mi ha comunque sempre salvata. Sono felice di tornare con un brano così introspettivo proprio in questo momento, oggi le persone hanno bisogno di cose vere, che arrivano dritte nello stomaco senza mezzi termini.
È giusto quindi, a tuo avviso, far sì che la musica continui a rappresentare un baluardo di speranza in questa routine stravolta?
Il compito di noi artisti è spesso quello di veicolare messaggi costruttivi attraverso la musica e mai come in questo momento la musica è davvero una delle poche cose salvifiche a cui appoggiarsi nei momenti di sconforto. Una canzone oggi può essere ascoltata dal divano di casa, basta avere la connessione ad Internet, siamo in un’era fortunata sotto questo punto di vista. Spero quindi che la musica possa essere una piacevole pausa dai bombardamenti mediatici che ogni giorno ci fanno sentire sotto pressione, ancora di più in questo momento così delicato.
Cosa significa per te la tua terra d’origine e come la percepisci nel momento in cui ti ritrovi a dovertici allontanare?
Brescia è la città in cui sono nata e cresciuta ma non l’ho mai vissuta come un confine per me, ho sempre avuto voglia di spostarmi ed esplorare altro. Ho un rapporto contrastante con la mia città, un po’ di odio e un po’ di amore. In questi giorni sono lontana da Brescia, ho deciso di vivere la quarantena a Bologna e ci sono momenti in cui mi manca la mia città, qualche settimana fa non l’avrei mai detto. Questo perché chiaramente ho nostalgia della mia famiglia, della mia nipotina Martina e quando siamo vincolati nella libertà personale di muoverci e prendere anche un semplice treno, ci ritroviamo a rivalutare la nostra scala di priorità.
Quale ruolo ha avuto sulla tua scrittura questa nuova strada intrapresa?
Scrivo da quando sono piccolissima e naturalmente la mia scrittura si è evoluta ed è cambiata nel corso degli anni, così come sono cambiata io. Questo per me è un periodo molto stimolante grazie anche all’incontro con addetti ai lavori che hanno creduto in me e che mi hanno spronata a fare di più e a fare meglio. Venivo da mesi di forte apatia anche nella scrittura e adesso va decisamente meglio.
La tua riflessione sui tempi attuali, che già è contenuta nel brano, ti ha portato a qualche conclusione particolare sul legame, ad esempio, con la solitudine e con i rapporti interpersonali?
Come avevo accennato anche nei miei brani precedenti, oggi siamo tutti super connessi ma spesso ci sentiamo soli, perché un “mi piace” su Instagram o un follower in più, non sostituiscono i rapporti reali, gli abbracci, le strette di mano, le fotografiche scattate con una polaroid. La navicella spaziale che uso come metafora di un luogo in cui mi rifugio per sentirmi protetta, è esattamente quel posto in cui non ci sentiamo vulnerabili, in cui possiamo essere noi stessi senza filtri e questo dovrebbe accadere anche con le persone e con i nostri legami. Cercare sempre un confronto reale.
“La nostra stanza sembra una navicella spaziale”: i nostri valori usciranno rafforzati da questa condivisione strana e forzata con gli ambienti casalinghi ? È possibile evadere con la musica stando fermi tra le mura domestiche?
Sicuramente questo “nuovo” stile di vita ci ha posto davanti a cose che prima davamo per scontato, come semplicemente andare a pranzo da un’amica o fare un aperitivo in centro. Ma soprattutto ci ha portato ad apprezzare gli affetti più cari, le persone più vicine che a volte diamo per scontato. Questo senso di comunità sono sicura che ci farà bene, ci renderà più consapevoli e più attenti alla percezione dell’altro. La musica è un buon mezzo per evadere dalle mura domestiche, in fondo ogni canzone racconta una storia e quella storia può essere vissuta da ogni ascoltatore in modo diverso. Ad esempio vi immagino seduti fuori al balcone o al terrazzino, mentre ascoltate nella cuffiette “Pianura Padana” e vi sentite meno soli.