Willie Peyote a Indie Pride, la necessità per un artista di sviluppare un pensiero critico

Il terzo episodio delle interviste dal divanetto di Indie Pride vede protagonista Willie Peyote, co-conduttore – insieme a Honeybird – dell’edizione 2018 del festival.
È stato uno dei protagonisti assoluti degli ultimi mesi nella scena musicale indipendente e non, tanto che tornerà in giro per l’Italia, con il super Ostensione della Sindrome, Ultima cena tour.

Il rapper torinese si è prestato alla nostra chiacchierata sul tema centrale di Indie Pride: la lotta a bullismo, sessismo e omotransfobia.
Da Toninelli a Salvini, dal caso CRLN all’abitudine di vedere la donna come possibile addetto ai lavori, la conversazione tocca più campi.

Di seguito trovate l’intervista!

Sono stati fatti molti passi avanti contro la discriminazione, però nel 2018 ancora non è così scontato. Tu in prima persona ti sei mai trovato vittima di episodi di discriminazione?

Nella vita mi sono trovato in episodi del genere quando ero piccolo per motivi religiosi- oltre al fatto che somiglio a Toninelli, che è molto peggio di quello che mi è successo da piccolo (ride). […] Non so se la musica sia l’ambiente dove è più palese questa discriminazione. Finchè a un colloquio di lavoro ti chiedono, se sei donna, se sei fidanzata o hai intenzione di avere dei figli, il problema è più sostanziale di quello che può sembrare per il numero di artiste donne che ci sono.

Secondo me la musica non è così esclusiva. Nel senso che è uno di quegli ambienti, un po’ come l’arte in generale – è vero che ci sono pochi esempi – per cui non parlerei di “sessismo”, parlando però nella struttura. Se parliamo del pubblico è un altro discorso. Però esiste un problema reale di sessismo nel nostro paese. Nel nostro paese è atavico come problema. Nella musica lo vedo meno, è più libero, più di un ambiente aziendale – mettiamola così.

Però noi molto spesso notiamo casi che sono venuti fuori, come quello di CRLN o anche il fatto che molto spesso non è così scontato trovare una donna, ad esempio, che faccia il fonico…

Come addetti ai lavori lo è molto meno ed è palese che sembri strano se becchi una donna che fa il fonico, il backliner, sembra sempre strano. Però lì è questione di abitudine e di educazione. Quindi secondo me per risolvere questo problema bisognerebbe partire dai bambini. È educando i vostri figli maschi che non avrete degli stupratori in futuro.

Guarda qui l’intervista completa

In generale pensi che chi fa musica debba schierarsi e metterci la faccia – come per la copertina di Rolling Stone – oppure sono due cose che non devono essere per forza andare insieme, ostentate?

[…] Io credo di essere uno degli artisti che più di tutti prende posizione nella musica e anche come persona. Ritengo che dal mio punto di vista sia necessario che un artista prenda posizione. Dal momento in cui si allarga il suo bacino d’utenza deve utilizzare il suo megafono per dire qualcosa che abbia un senso e che possa aiutare davvero gli altri o anche solo per cercare di sviluppare un pensiero critico. Non voglio che la gente la pensi come me, però voglio che si faccia una domanda in più. […] Io credo che gli artisti, gli intellettuali in generale dovrebbero recuperare quel ruolo. Si è un po’ perso ma perchè è un momento storico particolare per il nostro paese.

Dopo di che penso sia anche tanto facile prendersela con Salvini e solo con Salvini. Ci sono tante altre persone e tanti altri esponenti politici, o del giornalismo o opinionisti in generale che inquinano l’Italia tanto quanto Salvini. Anzi, per certi versi, concentrarsi soltanto su Salvini gli si fa anche un po’ il suo gioco. Io non ho firmato la copertina di Rolling Stone, anche perche non me l’hanno chiesto ma non l’avrei fatto perchè mi sembrava fuori luogo. Sono 10 anni che me la prendo con la Lega, svegliarsi adesso è anche colpa vostra (in generale), di tutti noi che abbiamo finta di niente se adesso sono al potere.

Indie Pride 2019, cosa ti aspetti?

Io penso che si debba normalizzare la questione. È rendendolo un momento così unico che questo si accentua. Se normalizzassimo il tutto, se rendessimo tutto, non solo diffuso, ma anche più capillare e più frequente. Tenendolo come un evento “all’anno” è anche in qualche modo riduttivo. […] Ciao Rane!

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