Wrongonyou: un cerchio che si chiude, una nuova vita che si apre

Ha voluto metterlo letteralmente nero su bianco quel cerchio che si sta chiudendo e che ha scelto come copertina del suo nuovo singolo, Circles appunto. Wrongonyou dal 3 maggio è tornato nelle cuffie di chi lo aspettava dalla scorsa estate e lo ha fatto con una doppia realese: oltre a Circles c’è anche il pezzo A new life.

Entrambi sono usciti per Carosello Records e saranno gli ultimi brani composti in lingua inglese dal cantautore romano. Dopo i successi di The mountain man e Rebirth e quelli in tv e al cinema, solo per citarne uno, ha firmato la colonna sonora del film di Alessandro Gassman Il premio, Marco Zitelli ha deciso di capire dove fosse arrivato come Wrongonyou e iniziare una nuova avventura, questa volta in italiano, che aprirà le porte a un nuovo ciclo compositivo per lui.

Hai alle spalle una carriera tutta in inglese, tanta gavetta ed esperienze anche all’estero, oltre che in Italia. Perché hai preso proprio ora la decisione di abbandonare l’inglese? Non hai paura di non riuscire a ricreare quelle sonorità e quelle sensazioni così sognanti a cui il pubblico si è affezionato?

Dopo la fine del tour, la scorsa estate, ho iniziato a provare qualcosa un po’ lontano da me, ho approfondito il mio rapporto con il computer, ho ricercato più cura e più gradevolezza nei suoni. E ho deciso che era il momento giusto di tentare anche in italiano, che poi è la mia lingua e ha un vocabolario vastissimo per spaziare nei temi che ho affrontato nelle mie canzoni. Non penso che sia una limitazione per me, anzi: è una sfida personale che affronto principalmente perché la mia vita è cambiata. Non vivo più “vicino ai boschi”, a un passo da quegli alberi e quegli spazi aperti che erano la cifra del mio primo EP e dei modelli e che mi hanno spinto verso sonorità folk e molto intime. Sono sempre io, anche se cammino per Milano, lontano da casa, traggo ispirazione da altro ed è normale che questo si rifletta nella mia musica.

Diciamo che questi due singoli li dovevo a chi mi ascolta ma anche a me stesso: così sono nati A new life, che è totalmente mio, scritto con Claudio e Flavio Zampa con cui collaboro da sempre, e Circles, prodotto da Mace e Venerus, due personaggi molto freschi e attuali, una scelta tutta nuova per la mia musica. Ho cercato di fondere il “legno” più classico con sonorità più innovative. E contemporaneamente sto “studiando” i cantautori italiani davvero: cito solo Battisti e la sua grande sperimentazione. La collina dei ciliegi, ad esempio, credo si avvici molto alle sensazioni che ricerco e mi appartengono, con tutta la potenza della lingua italiana. Sto facendo un percorso che mi sta facendo scoprire tanto e mi sta togliendo un po’ di “pippe mentali”. Sono sempre io, solo in un altro habitat, ma con le stesse radici. Questo discorso vale anche per la doppia lingua. Non credo che una escluda l’altra: ho scritto diverse colonne sonore in inglese e mi piacerebbe continuare a lavorare anche in quell’ambito.

A proposito di colonne sonore: il singolo Killer è stato inserito nella colonna sonora della serie Netflix Baby, hai scritto Shoulders per il film Il premio di Alessandro Gassman e quattro tuoi brani hanno fatto parte della serie Rai Tutto può succedere. Cos’hanno le tue canzoni di così attraente per il piccolo e grande schermo?

Penso che, in questo senso, la scelta della lingua inglese mi abbia aiutato molto: i brani facevano da cornice e non interferivano con i dialoghi ma completavano bene la scena, creando sensazioni sognanti ed evocative. Addirittura, hanno scelto un mio pezzo in Giappone! Per me è una soddisfazione enorme. Dopo Netflix, poi, il numero degli ascolti è cresciuto tantissimo e un sacco di persone hanno ricondiviso il pezzo.

Il tuo rapporto con i social e i tuoi fan è positivo quindi?

Boh Instagram dice che ho un largo seguito e mi è appena arrivata la notifica, quindi ero già influencer e non lo so sapevo! (Ride) Scherzi a parte, spesso la gente mi tagga nelle stories in treno, postando un mio pezzo, o commenta quello che faccio. Lo trovo un bel modo per confrontarsi. Non posso che apprezzarlo: in tanti aspettavano i nuovi singoli e mi fa piacere vedere come la gente reagisce. Gli ascolti, tra l’altro, stanno andando benissimo.

Dopo questi pezzi quali sono gli altri progetti futuri? Hai in mente qualcosa di emozionante come il concerto al Castello Sforzesco di Milano dello scorso anno, dove hai duettato con ospiti importanti come Dardust?

È presto per parlare del nuovo disco e di uscite certe ma ci stiamo lavorando. Sicuramente per l’estate ci saranno delle novità. E visto che hai nominato Dardust…

Un’ultima curiosità. Hai spesso detto che Wrongonyou è la storpiatura dell’espressione “Wrong about you”, per sottolineare un ulteriore errore. Ma quando dici wrong, cioè sbagliato, intendi rispetto a cosa?

Mi piace che il nome che ho scelto sia un po’ uno scaricabarile. Può essere sbagliato a seconda di chi lo pronuncia, in una frase o un determinato contesto. È un po’ come tutte le cose della vita: ti sei sbagliato, hai fatto un errore. Quante volte capita quando ti fai un’idea o guardi velocemente una cosa? Ecco, è proprio questo il messaggio: non è detto che qualcosa di sbagliato sia necessariamente un errore. O almeno, per me, in questi anni di musica è stato così.

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