Claudio Coccoluto: “il dj è manipolatore dei suoni altrui”

Ogni qualvolta mi sono trovata accanto Claudio Coccoluto, ho avvertito la sensazione per cui tutte le certezze nella musica che avevo fino a quel momento, sarebbero svanite. Ma le certezze nella musica non le ha nessuno, né chi la produce, tantomeno chi ne usufruisce e basta. Anzi, pensare di averne è presuntuoso. Con Coccoluto però, apprendevo che quella musica di cui era un veemente portavoce, è di tutti. Non solo degli adulti che son cresciuti sotto le sue casse, ma anche e soprattutto di noi ragazzi che volevamo essere addestrati sulla cultura dei locali della notte.

Hannah Arendt diceva che “la società di massa non vuole cultura, ma svago

Così i club notturni sono diventati cultura. L’aspetto culturale dietro questa realtà è forse quello più sottovalutato nella platea comune e passiva della musica. È da qui che C.O.C.C.O. ha avviato la sua battaglia: perché limitarsi alla notte per ballare e vivere la musica?

Nel documentario del 2004 lanciato da Club Tv interamente dedicato alla sua figura, viene messa in scena l’importanza dell’aspetto culturale della vita notturna. Coccoluto mostra quanto questa non sia sinonimo di abuso di droghe e malavita, ma amore per una realtà vissuta intensamente e, soprattutto, sensatamente. Una realtà che scardina ogni convenzione creata dall’uomo, di una vita che rispetta le leggi sociali di giorno, e una che le infrange tutte di notte. Da qui la sua campagna per tenere i club aperti h24.

«La vitta notturna è più intensa e reale, per questo fa paura a chi vive di giorno.»

Il mondo della notte non te lo spiegano, lo vivi e basta. L’amore inizia quando scopri per la prima volta l’effetto su di te dei bpm che ti pulsano dentro. L’adrenalina ti trascina e ti porta sotto cassa. Inizi a ballare, male, ma non t’importa. Sudi, sfili la giacca e la leghi in vita, ti cadrà poco dopo e non accorgendotene ci ballerai sopra, ma di nuovo non t’importerà nulla. Torni a casa e non riesci a dormire: sei fatto di eccitazione, adrenalina, euforia, la musica continua a risuonarti in testa. Ti sembrano matti tutti quelli che dormono mentre tu vuoi continuare a ballare senza preoccupazioni. Sei cotto ormai, e nulla sarà come prima.

«La prospettiva di chi ama la notte è dilatare il tempo: rubare tempo al sonno per vivere più intensamente, vivere gli aspetti laterali.»

Coccoluto vive la notte e non teme il giorno, nonostante ci mostri come in esso si nascondano i demoni di una società contraddittoria. Lo affronta e non lascia sole le anime che scorrono tra la pseudo normalità sotto la luce del sole. Come quella volta in cui suonò tra i banchi del Mercato Esquilino.

«Il dj è manipolatore dei suoni degli altri»

La manipolazione di Claudio Coccoluto sta in due accezioni del verbo:

ma·ni·po·là·re: fig. indirizzare la volontà degli altri; in musica, ottenere particolari effetti sonori con strumenti elettronici.

Con Cocco nelle casse del club in cui lavoravo, ho imparato il significato della parola dj, che fino ad allora avevo sempre utilizzato e profanato per riferirmi a chi cambiava semplicemente le canzoni. Non sapevo ancora nulla: i club erano per me un’occasione per infrangere qualche regola da adolescente e sentirmi al passo con i tempi. La vita notturna era solo una fase che dovevo vivere per conoscere quello che il giorno non riusciva a darmi, per vederci meglio nel buio ed aguzzare la vista.

Pagavamo fior di quattrini per sentire David Guetta che riempiva il Cocoricò di gente che sveniva in piedi, per mancanza di aria e spazio dovuto ad assembramenti che ora neanche siamo più in grado di immaginare. Gente accalcata che voleva solo ballare, o gente come noi che voleva solo dire di aver visto il dj più conosciuto ai tempi di Sexy Bitch Titanium. E anche quella sarebbe stata cultura, se avessi provato a considerarla come tale. Al contrario, ho iniziato ad apprezzare Claudio Coccoluto quando ad una particolare serata, al calare del sole sul mare sud pontino, c’erano volutamente poche centinaia di persone. L’ho apprezzato ancor prima di ascoltare Belo Horizonti, il pezzo del 1997 che più lo rese noto, e questo perché ho avuto la fortuna di vederlo trattare la musica come materia prima.

Esattamente un anno fa, come esempio di una manipolazione storica e delicata, Coccoluto remixava il brano On the Run presente in The Dark Side of the Moon (1973) dei Pink Floyd, uno tra gli album più influenti della sua vita, il cui video è tra l’altro un gioco minimal di grafiche psichedeliche.

La sua causa da proteggere

Non è stato un semplice “manipolatore” seriale di suoni rubati e mixati emotivamente: Claudio Coccoluto è stato, è e sarà il portavoce italiano della musica. C’è quest’usanza di parlare dell’effetto musicale come sinonimo di ribellione contro qualcosa che non ci piace della società; un’usanza che oltremodo assegna un’accezione spesso negativa alla musica. Cocco è stato promotore di tante battaglie pro club quando del virus non si sospettava neanche l’esistenza, e pro club quando il virus ha chiuso i battenti dell’intrattenimento per eccellenza. “Music never dies” scriveva sui social prima di lasciarci. La differenza con i soliti battaglieri, attacca brighe o ribelli per finta, è che in tutte queste lotte non ha mai mostrato la musica come nemica di un male (la società) da sconfiggere, ma come l’unica causa da proteggere.

Con Coccoluto mi prendo l’onere e l’onore di poter parlare di colui che ha trattato la musica come materia prima, che è roba da pochi, a partire dall’amore sconfinato per i vinili. Non parliamo di un collezionista, ma di uno che ci ha costruito una cultura sopra. La musica con lui potevi toccarla.

Il primo vinile che ha acquistato è stato il 45 giri di Goats Head Soup, album del ’73 dei Rolling Stones. E ancora una volta rimando ai cimeli del rock, dopo avervi già accennato del suo profondo amore per i Pink Floyd con un album sempre del’73, per ricordarvi l’importanza della parola selezione.

Dalla selezione di un disc jockey parte la manipolazione dei suoni, che in Claudio Coccoluto consisteva nel proporre un effetto emotivo ed essenziale, inteso come invisibile agli occhi, della musica degli altri, e non solo.

Fonte immagini Gianfranco Annunziata

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