Liberarsi dalle dipendenze e dalla pressione del mercato: il caso di Junior Cally

Il rapper romano Junior Cally si è aperto sulle proprie dipendenze pochi mesi fa. Nello stesso momento è giunta una decisione per lui molto importante: l’isolamento e la cura in riabilitazione. Ad accompagnare questa presa di consapevolezza, c’è stato, poi, l’annullamento della pubblicazione dell’album.

Il caso di Junior Cally, però, non è isolato.

Sono molti gli individui che soffrono di alcuni disturbi come dipendenze e d.o.c. che non sono in grado di parlarne e, dunque, non in grado di scegliere cos’è meglio per la propria salute. Questo per via degli enormi pregiudizi che vigono sulle malattie mentali, che andrebbero normalizzate tanto quanto quelle fisiche.

Qui prendiamo in analisi l’esempio di un rapper che non si è fermato di fronte alla paura del giudizio. Soprattutto, non si è fermato di fronte ai tempi dettati dal mercato musicale, quando, in concomitanza con l’inizio della rehab, ha deciso di non pubblicare più il suo album “Un passo prima”. Insomma, una scelta indubbiamente sacrificata per gli sforzi economici e non, il numero di persone coinvolte e gli accordi pattuiti con la propria etichetta, la Sony.

La scelta per un artista di andare in riabilitazione può indurlo, inoltre, a temere sfiducia da parte dei suoi fan e dal pubblico in generale. In particolare nel suo caso, ricordando bene quando due anni fa è stato accusato di istigazione alla violenza sulle donne per aver scritto un testo di un brano un po’ ambiguo. Parrebbe proprio che, agli occhi più superficiali e svelti della gente, il suo percorso sia già abbastanza complicato e ricco di insidie personali.

Eppure, per noi, il percorso dell’artista in questione è un mero esempio di cosa significhi fare musica, con tutte le decisioni del caso, con tutte le prese di coscienza e di posizione, libere da giudizi e imposizioni commerciali.

Junior vs Junior

Junior Cally: un rapper, un semplice rapper

Come quelli che raccontano storie di strada, di tragedie, di abusi e di violenza. Come quelli che strafanno con il linguaggio fino a renderlo così impuro che, se non fosse per le rime, sarebbe difficile da digerire.

Un semplice rapper che dall’oggi al domani sbatte la verità in faccia a mezza Italia, in faccia a chi se ne importa di lui, e a chi no, senza troppi peli sulla lingua. Perché in fondo, che “peli” vuoi avere quando ammetti al pubblico di essere dipendente da alcol e sesso e soffri di un disturbo ossessivo compulsivo. Eppure, ci stupirà realizzare che in realtà non importa da chi o da cosa è data la propria dipendenza, dacché alla gente la parola “dipendente” non piace a priori. È qui che nasce – o muore, nei casi migliori – il pregiudizio.

La dipendenza

La dipendenza è quella forma tanto umana quanto malefica che ci pone agli occhi degli altri, e ai nostri stessi infimi occhi, come deboli individui. Se ci si lascia sopraffare da questa sensazione poi, si rischia di finire ancora più giù, nel baratro. C’è un lato positivo, però, nell’avvertirsi deboli di fronte alle proprie dipendenze: la reazione. Temere di percepirsi fragili perché dipendenti, è comunque un modo di reagire. Dimostra che alla nostra mente non piace quella condizione e che, dunque, vogliamo cambiare.

Lo scorso 15 luglio quel “semplice” rapper in arte Junior Cally e di nome Antonio Signore, ha ammesso al pubblico attento del web di essere dipendente (puoi leggere il post qui). E proprio come siamo abituati a vedere nei test rap, ha presentato i suoi nemici: l’alcol, il sesso e il d.o.c. Pochi giorni dopo ha iniziato la sua riabilitazione, salutando per un po’ amici, parenti e cellulare.

Ma la cosa non stupirebbe tanto se non fosse che, a pochi giorni dall’uscita del suo nuovo album, l’autore ha deciso di non pubblicarlo più. Perché? Perché non si sente più rappresentato dal suo stesso lavoro, fatto, pensato e inciso prima della riabilitazione. Non è un caso, infatti, che l’album sia stato chiamato “Un passo prima”, per cui il rapper stesso spiega che ha deciso di fermarsi prima che sia troppo tardi, e dunque, di pensare alla propria salute mentale.

Ecco perché fin dal principio di questo articolo sto affidando a Junior Cally l’appellativo di “semplice”. E no, non è una provocazione.

Un passo prima

Perché Junior Cally è “un semplice rapper”

Dovrebbe essere così “semplice” e naturale pensare a se stessi, alla propria salute mentale e fermarsi prima che succeda l’incurabile, anche se la gente ha riposto delle aspettative in noi, anche se abbiamo lavorato duro ad un progetto molto grande.

E dovrebbe essere normalizzato e reso “semplice” il gesto con cui ha informato il proprio pubblico di una sua stessa volontà così semplice e pura.

Purtroppo, sappiamo tutti che non è semplice, anzi, non lo è per niente. Che ammettere i propri problemi, abbandonare un proprio lavoro, e pensare prima alla propria salute, e poi ai piaceri, non è facile. Sia perché l’essere umano per natura fatica a fare ognuna di queste cose – figurati tutte insieme -, sia perché ci sono sempre delle aspettative e delle regole che ci aspettano al vaglio. Ma più di tutto, sappiamo bene che non è per niente semplice ammettere i propri disturbi mentali di fronte agli altri.

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Sogno un’Italia, un Europa, un Mondo in cui ammettere di avere dei disturbi mentali diventi una cosa semplice e naturale, così come dire di avere un raffreddore. Sogno una realtà in cui il verbo “ammettere” smetta di essere rilegato ai propri problemi, giacché, usandolo, sembra che questi siano una colpa al punto da doverli ammettere.

Ho portato all’estremo questo verbo (ammettere) con l’intento di farvelo disprezzare. Perché in situazioni come queste, quelle di “piccoli intoppi” mentali personali, non c’è proprio nulla da ammettere. Al massimo c’è qualcosa da raccontare.

Le polemiche e il lockdown

Junior Cally è stato al centro delle polemiche quando, due anni fa, qualcuno ispezionò letteralmente il testo del suo vecchio brano Strega. Questo avvenne prima che si esibisse sul palco sanremese, e da lì, i media non hanno smesso di assalirlo. A incriminarlo è stato il linguaggio e i contenuti espressi nel testo, in cui sembra incitare la violenza sulle donne. L’artista si è spiegato, giustamente, dicendo di aver scelto di parlare di un tema violento usando la violenza. Un metodo che, in effetti, a volte viene utilizzato specialmente dai rapper.

Superato l’evento per il pubblico, ma non per lui, il lockdown ha inciso sui suoi malesseri latenti. Come credo sia avvenuto per la maggior parte di noi. Inutile nasconderci. Il problema è quando sei obbligato a vivere 24 ore su 24 con i tuoi nemici, chiuso in quattro mura e senza possibilità di uscita. Non scappi e neanche puoi costruirti l’alibi di nasconderti. Bene, è qui che i suoi nemici sono diventati più forti, dall’alcolismo alla d.o.c.. Ed è esattamente alla fine del lockdown che a questi se ne è aggiunto un altro: la dipendenza dal sesso. È avvenuto più o meno questo: soffri di disturbo ossessivo compulsivo, l’alcol ti aiuta a non compiere azioni compulsive, ti inibisce e ti estranea dalla realtà, fino a ritrovarti ogni giorno con una donna diversa.

La presunta leucemia

Ma la vita di Antonio Signore ha iniziato a farsi tremendamente complicata già all’età di 15 anni, quando io avevo da poco smesso di giocare con le bambole e i problemi ancora non esistevano. I dottori gli avevano detto che avrebbe di lì a poco rischiato di morire con una leucemia in corso. A 18 anni, quindi dopo tre anni di calvario, arriva la diagnosi giusta: non è leucemia e Antonio non morirà.

Fatico a immaginare cosa possa significare vivere un solo giorno con una diagnosi letale, sbagliata, figurati tre anni. Quelli dell’adolescenza, poi. Quelli essenziali.

Antonio diventa grande, cresce e, con lui, il sogno di fare il rapper. È difficile venire fuori, però, in un paesino con due mila anime appena, con in braccio un sogno importante e non da tutti compreso. Allora si indossa una maschera, letteralmente, e si inizia a rappare. Il successo arriva. Antonio scopre che perfino i suoi compaesani lo ascoltano, ma ancora non sanno chi è realmente. Decide, così, di mostrare il suo vero volto, fino ad essere consapevolmente Junior Cally.

Consapevolmente Junior Cally

Oggi Junior Cally ha terminato il suo percorso di riabilitazione, ha raccontato la sua storia, quelli che sono i suoi problemi, e ha deciso di non pubblicare più un disco che non lo rappresenta.

Ha dato esempio su quanto sia importante e semplice che un artista si spogli dei propri abiti e delle proprie maschere, per mostrare a tutti cosa racconta davvero la propria musica. Oggi un cantante, che spesso è di ispirazione a migliaia di ragazzi, ha mostrato cos’è la vera forza d’animo. Ammettere a se stessi i propri limiti, raccontarli agli altri, denudarsi, e ripartire per salvarsi.

Che aspettino le major, che aspettino gli addetti ai lavori coinvolti nella produzione di un album e del tour che ne consegue. Che aspettino parenti, amici, fan e stampa. Qui c’è molto altro in ballo, ed è la vita di una persona.

Quanta musica c’è nel gesto di Antonio Signore?

Tanta, tutta. La musica racconta e si racconta sempre, così come Junior Cally non ha dovuto ammettere nulla, ma si è semplicemente raccontato. Proprio come la musica insegna. Raccontarsi nella maniera più pura possibile è l’unico vero modo di fare musica. Per un rapper, poi, che è solito parlare di problemi importanti nei propri testi, un passo come questo è stato un esempio di coerenza.

Il significato della musica sta proprio qui: non temere di dover rispondere a dei canoni imposti dal mercato musicale, non temere di poter restare indietro. Semplicemente attendere che si è in condizione di farsi rappresentare dalla propria stessa musica.

Gli artisti di oggi soffrono, e questo nessuno lo dice, di una leggera ansia da prestazione post lockdown. Il mondo non si ferma, bisogna continuare a produrre e fabbricare, anche quando si tratta di musica. Ma per l’arte non dovrebbe esserci un tempo prestabilito, non si può imporre a un artista quando e come raccontarsi.

Ecco perché nel passo indietro di Junior Cally c’è tutto il vero significato di musica. Che prima si denuda dai propri limiti e delle proprie sofferenze, poi si mostra libera e sincera agli occhi degli ascoltatori.

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