«Mi rincresce dire che questo non è il film che vedrete. Il film che state per vedere è estremamente sgradevole. Se desiderate vedere un film su un piccolissimo elfo, sicuramente ci sono dei posti liberi nella sala due. Tuttavia, se vi piacciono le storie di orfani astuti, e ragionevolmente gradevoli, di incendi sospetti, di sanguisughe carnivore, di cibo italiano e organizzazioni segrete, allora restate».

Quest’introduzione, tratta dal bellissimo film Lemony Snicket – Una serie di sfortunati eventi (Silberling, 2004), è calzante anche per la storia della canzone italiana che, come tutte le storie, ha avuto dei momenti bui: artisti dalle brevi vite che, come un bagliore, hanno illuminato piccoli e grandi cuori.

Il primo di questi è Rossano Attolico (1946-76)

Il cantante barese riscosse un discreto successo negli anni Sessanta, debuttando nel programma Settevoci, condotto da Baudo. Partecipò a Sanremo nel 1970, in coppia con Dori Ghezzi, con la canzone Occhi a mandorla, ma senza seguito; prese parte anche ad alcune pellicole cinematografiche. Sfortunato, si suicidò in una camera d’albergo di New York, forse per cause amorose. Ti voglio tanto bene è la sua canzone più famosa. C’è da aggiungere che Rossano nel ‘71 cantò Ho perso il conto, brano composto da Lo Vecchio e Vecchioni, che sarà modificato e re-inciso, un anno dopo, con il titolo Luci a San Siro, grande successo del Professore.

Rossano Attolico (1946-76)
Una fine davvero triste è quella che ha coinvolto la vita di Graziella Franchini, in arte Lolita (1950-86).

Cantante veronese, non riscosse mai grande fama; partecipò a Sanremo con la canzone Innamorata io?. Fu accoltellata nella sua casa di Lamezia Terme. Dietro il delitto, probabilmente amoroso, ci fu forse la mano della ‘ndrangheta. Per chi volesse approfondire e scavare nel torbido, si rimanda alla puntata del 15 dicembre ’89 di Telefono giallo, condotta da Corrado Augias.

Altra sorte, ugualmente tragica, toccò a Nelly Fioramonti (1939-73) morta per complicazioni di un parto. Portò a Sanremo canzoni come È l’amore o Se l’amore c’è. Godette di una buona popolarità assieme al marito Tony Cucchiara con il duo folk “Tony e Nelly”.

Tra le altre storie, più o meno celebri, ci sono quelle di Daisy Lumini (1936-93), suicidatasi assieme al marito, malato incurabile di tumore, di Dodi Moscati (1942-98) morta a causa di un’emorragia celebrale, e di Filipponio (1944-95), milanese coi folti baffi, la voce alla Paolo Conte e la splendida Pazzo non amore mio.

A queste si aggiungono celebri figure: Luigi Tenco, Dalida, Giuni Russo, Ivan Graziani, Andrea Parodi dei Tazenda, Mango, Pino Daniele, Fred Buscaglione, Gabriella Ferri, Fabrizio De André, Lucio Battisti, Pierangelo Bertoli, Augusto Daolio dei Nomadi, Mia Martini, Tony Astarita.

«Ti nasconderai dentro i sogni miei ma io non dormirò, mi dovrà passare». Comincia così Cambiare, la canzone più famosa di Alex Baroni (1966-2002) che vinse nel ’97 il premio come miglior voce del Festival di Sanremo. Morì in un incidente stradale – stessa sorte toccata a Rino Gaetano (1950-81), a Valentina Giovagnini (1980-2009) e a Roby Ferrante (1942-66), compositore di Ogni volta, portata al successo da Paul Anka.

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Alex Baroni (1966 – 2002)

Giorgia, compagna di Baroni, scrisse per lui, tra le altre, la canzone Marzo: «E tutto quello che è stato è già stato lo metteremo nel nostro passato; vieni con me, ti porterò sopra i deserti che ho scoperto con te. Vieni con me, ti condurrò per quegli abissi dove mi perderei e io sarò una regina, sarò l’estate e la nebbia di mattina, sarò il tuo miele, sarò le tue vele e per questo ti chiedo: amami».

I capelli biondi, gli occhi sottili, il viso dolce.

Questo è il ritratto di Alessandro Bono (1964-94) milanese timido, azzannato dalla critica per aver stonato nella canzone Oppure no, portata a Sanremo pochi mesi prima della sua morte. Un anno prima partecipò al Festival, in coppia con Mingardi, con la bella canzone Con un amico vicino. Collaborò anche con importanti artisti come Cocciante, De André, Vanoni, aprendo concerti di De Gregori, Paoli e Dylan. Malato di Aids, uscì dal giro della droga senza però salvarsi.

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In tempi recenti, anzi recentissimi, le morti di Cranio Randagio (1994-2016) e di Michele Merlo (1993-2021) hanno scosso, rispettivamente, il mondo giovanile del rap e del pop italiano.

È sempre un dispiacere quando un giovane muore – in letteratura si pensi ad Arthur Rimbaud, Carlo Michelstaedter e Sylvia Plath – a maggior ragione se si tratta di un artista: il mondo resta orfano due volte. Avendo cominciato con La Settima Arte, è giusto concludere con una frase sdrammatizzante dell’attore bolognese Nik Novecento (1964-87): «La bellezza conta fino a un certo punto; faccio affidamento – non dico sull’intelligenza, perché… – sulla perspicacia».

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