Linecheck e il valore della musica: intervista a Dino Lupelli

Da sei anni il Linecheck è un appuntamento fisso per chi segue la scena musicale italiana e non solo, quest’anno l’organizzazione ha dovuto fare i conti con una pandemia in atto e il tema centrale dell’intero festival è stato proprio il valore della musica.

Un valore artistico, ovviamente, ma anche economico, sociale, di industria e di filiera.

Quanto vale per noi un concerto streaming rispetto alla formula di concerti a cui eravamo abituati fino ad un anno fa? Quanto potere hanno le piattaforme digitali in un momento in cui l’attività live è completamente ferma?

Questi e altri interrogativi rimbombano da mesi nelle teste di tutti, o almeno di chi lavora in maniera diretta o indiretta con la musica. L’edizione del 2020 di Linecheck ha avuto come paese ospite il Regno Unito, dando così un respiro internazionale. La line-up italiana ha visto alternarsi nuovi scenari musicali e volti affermati, come: Birthh, Cecilia, Godblesscomputers, Kharfi, M¥SS KETA, Speranza e tanti altri.

In questo modo si sono aperte le porte di una nuova modalità di fruizione e produzione. Il contenuto è a disposizione del fruitore, riducendo così molti costi legati agli spostamenti e abbattendo ogni barriera. L’intento è di restituire alle città metropolitane un nuovo scopo: dare valore alle produzioni musicali allargando il mercato ed abbattendo i confini nazionali.

I temi principali di questo Festival sono stati: divario tra uomini e donne, abbattimento di ogni barriere sociale, culturale e economica, diritti dei lavoratori ad ogni grado della filiera e molto altro.

Ne abbiamo parlato con Dino Lupelli, General Manager di Music Innovation Hub ed ecco cosa ci ha raccontato.

Partiamo dal tema portante del Linecheck 2020: Sound Values, riportando al centro il valore della musica appunto. Cosa è successo in questi mesi e qual è il punto della situazione oggi per la musica in Italia alla luce anche della recente pandemia in atto?

Il futuro degli eventi – ormai è chiaro – è ibrido, soprattutto in una dimensione internazionale. Siamo stati molto contenti dei risultati di Linecheck. Attraverso una piattaforma molto funzionale abbiamo unito 6 diverse “piazze” europee e 1500 professionisti, con una significativa riduzione dei costi. Su questo modello rivedremo anche le future edizioni di Linecheck perché i vantaggi della tecnologia nel far incontrare persone distanti sono indubitabili.

Si parla spesso della differenza tra uomini e donne nel settore musicale, in tutti gli aspetti e a tutti i vertici della filiera produttiva. Ma ci sono anche festival e realtà che senza parlare più di gender equality, la applicano direttamente già da diversi anni sia nella line-up che nei meeting. Qual è l’atteggiamento che secondo lei bisogna avere di fronte a questa barriera sociale e culturale?

Già dal 2018 Linecheck aderisce a Keychange, una rete internazionale al lavoro sulla gender equality finanziata dall’Unione Europea. È una sfida globale che ha prodotto anche il risultato di stimolare molti operatori a rispettarne i principi anche senza aderire. Ma i dati sono ancora sconcertanti. L’unico atteggiamento possibile per modificare i dati oggettivi è darsi obiettivi concreti e rispettarli anche quando sembra una forzatura. Solo in questo modo porremo le condizioni per un’industria più inclusiva, non solo verso le donne, ma verso tutte le minoranze.

Come sta cambiando il modo che hanno gli ascoltatori di usufruire della musica e che ruolo hanno oggi le piattaforme di streaming? Soprattutto in un momento in cui non è possibile assistere alla musica dal vivo…

La rivoluzione è enorme, forse la più profonda mai conosciuta dai tempi della radio e del disco.
Cambiando i parametri di fruizione, l’approccio creativo si adegua. Non vedo particolari problemi in questo senso dal momento che storicamente abbiamo visto nuovi prodotti sostituire nell’immaginario collettivo quelli pre-esistenti al netto di una certa nostalgia per alcuni formati, come il vinile.

È indubbio che grazie alle piattaforme di streaming si sia creato un nuovo pubblico che non deve più chiedere il permesso ed i soldi ai genitori per ascoltare musica. Questo si riflette nelle classifiche sempre più gonfie di idoli di teenagers (o addirittura pre-adolescenti), che sono poi i consumatori dei live di domani.

La vera novità a mio avviso è proprio nel protagonismo di una generazione di ascoltatori un tempo passiva ed oggi in grado di dettare i trend anche perché ha a disposizione molte più ore per ascoltare musica.

Gli effetti possono essere tantissimi, nel 2020 l’artista più ascoltato su Spotify è il 19enne tha Supreme e non ricordo un fenomeno analogo nel passato dell’industria musicale italiana. Tra l’altro un artista assolutamente di altissimo livello a mio avviso.

Che consiglio sente di dare agli artisti, in particolare quelli emergenti, che in questi mesi e in quelli a venire, hanno programmato di pubblicare nuovi Ep, album, singoli? Bisogna fermarsi e aspettare tempi migliori o lo show può andare avanti?

Sono personalmente convinto che oggi gli artisti dovrebbero buttarsi a capofitto nella nuova sfida creativa del live-streaming. Consapevoli però che si possono a questo punto raddrizzare alcune storture di un sistema tecnologico che sinora li ha penalizzati dal punto di vista della redistribuzione delle risorse.

Serve poco ad andare online facendosi pagare dal pubblico, molto meno di quanto si pensi! Perché allora non raccogliere la sfida creativa pensando alle potenzialità infinite di uno strumento che non sostituirà mai il live, ma che è già un luogo di sperimentazione e fruizione di nuovi formati artistici? Sarà difficile, dopo il Covid19, rinunciare alla possibilità che oggi la tecnologia offre per entrare nelle case dei propri fan.

In copertina una foto di Linecheck 2017 by zero.eu

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