Spring Attitude 2023: come chiudere in bellezza un’estate di musica

“Odio l’estate” cantava Bruno Martino. Si prende l’arcobaleno emotivo delle persone nell’arco di tre mesi e scappa via, all’improvviso, quando ancora non hai tolto gli shorts dall’armadio. Come se non bastasse poi arriva la sindrome da rientro e in poche ore si cambia luogo, faccia, vita.

A Roma hanno trovato la formula per ovviare a tutto questo: un festival a Cinecittà con artisti di fama globale (ne abbiamo parlato qui), per dare un colpo di coda all’estate e allontanarne la fine. Questo è Spring Attitude.

Avere Verdena e Peggy Gou, Moderat e Lucio Corsi, tutti nello stesso festival sembra impensabile. Come far coesistere un pubblico così eterogeneo di fronte allo stesso palco? Invece c’è qualcuno che ha pensato che non fosse follia, ma un’ottima operazione di mercato.

Parliamo di palchi.

Dall’ingresso del festival si stagliano due grandi stage uno accanto all’altro. A primo acchito la scelta mi pare discutibile: come farà a sentirsi bene con due palchi attaccati e posti nella stessa direzione? Un lavoro, quello dei fonici e degli addetti agli stage, che spaccava il secondo nel far rimbalzare le performance a destra e a sinistra. Impressionante la precisione con cui si è rispettata la scaletta: mentre un artista chiudeva il set sull’uno, la gente si spostava agilmente di una ventina di passi ed era già pronta sotto all’altro palco.

Tolti gli intoppi in cui un primo giorno di festival può incappare – complice anche la mole di gente, molta internazionale, arrivata per Peggy Gou – c’è poco da recriminare a Spring Attitude.

Una presenza attiva del pubblico in ambo le giornate sin da metà pomeriggio, orario dell’apertura porte, con le performance di artisti emergenti quali Valentino, GIIN e Anna Carol. L’opulenza acustica degli Archivio Futuro svuotata dalla sincerità di Marco Fracasia e Ibisco, autore di una performance canora che ha stregato il pubblico sotto al palco Molinari. A cavallo tra Italia ed Europa con Parbleu e Maria Chiara Argirò. Nulla è sembrato casuale.

Il Day 1 si divide tra momenti di rock allo stato puro e balletti che solo la techno può acclamare.

Bud Spencer Blues Explosion e Verdena sconquassano Cinecittà per un paio d’ore con una scarica di chitarre elettriche, poi il cosiddetto switch. Con il calare del sole si inizia a danzare a ritmo dei dj set – e che dj set!

Per primo va citato il duo degli Acid Arab, in grado di far ondeggiare migliaia di persone nonostante le sonorità atipiche per un pubblico italiano. Da lì è un’escalation verso le principesse del dancefloor: Chloé Caillet prima e Peggy Gou dopo, le quali trasformano Spring Attitude in un festival internazionale a tutti gli effetti.

Il Day 2 è per un pubblico più intellettuale.

Inutile dire che l’attesa era tutta per i Moderat, nella speranza di riavvolgere il tempo e godere ancora di quel suono, anche in un mondo molto diverso da quello in cui era stato concepito. Prima del main event però vanno sottolineate alcune note di merito, in primis per la scena rap: Ele A da una parte e Studio Murena dall’altra hanno dimostrato come il rap oggi non sia solamente autotune e 808, ma che al contrario è in grado di dialogare con altri linguaggi musicali passati, presenti e futuri. Citofonare poi al bomber di casa: Tutti Fenomeni, poeta maledetto di una Roma che non ne vuole sapere di cambiare.

Accanto a questi due, altri due progetti italiani che hanno confermato un suono di caratura internazionale. La prima è Bluem, (apparsa anche sul palco dei Fuera per Considerando) affiancata da musicisti del calibro di Andre Dissimile e Pierfrancesco Pasini. Il secondo è Lucio Corsi, un ometto di a malapena 170 cm uscito direttamente da un sogno per divorarsi il palco. I commenti che giungevano da in mezzo alla folla iniziavano tutti con incredulità e finivano con ammirazione. Fra tutti gli artisti, forse quello che ha convertito più persone in ascoltatori.

I dj set del secondo giorno vengono inaugurati da Christian Löffler che con il suo suono minimale instaura un legame con la folla che svolta nell’emotivo. Per esperienza diretta, non stupiscono gli over 30 – ma anche over 40 – in lacrime nelle prime file.

Il gran finale passa dalla storia della sperimentazione musicale italiana, Meg, e HVOB (Her Voice Over Bodies), la techno suonata con la band. Per la felicità degli springers, bucano pure l’orario di chiusura, continuando a sgambettare sopra al palco come la gente sotto di loro nelle ultime 48 ore.

Al termine del loro set, nessuno riesce a credere che sia finita – fonici compresi. Due giorni che, per la portata degli artisti coinvolti, parevano una settimana. Spring Attitude è riuscito nell’incredibile impresa di far allungare le giornate nel periodo in cui il ciclo terrestre decide di accorciarle.

L’estate sarà anche finita, ma a Roma respirano ancora aria di primavera.

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