Emilya ndMe: “Ho imparato ad usare le critiche come energia positiva”

Lauretta Grechi Galeno aka Emilya ndMe è un’artista Indie rock, Electro-Pop genovese. Appassionata di musica fin dalla tenera età, Emilya ndMe si avvicina inizialmente alla musica Jazz  e alla musica Swing. Il suo nuovo album dal titolo Thank you for your Complaints esce nel cuore della primavera, a maggio 2020.

Se penso al mio disco penso alla natura, al vento, al ghiaccio e al mare dell’islanda. Penso alle foreste e alle nuvole del cielo che si muovono velocemente. Ho voluto mettere nella musica i colori, i suoni e i rumori che mi ricordano la vita all’aria aperta, suoni che invadono i miei sensi e che mi fanno annullare la dimensionalità del mio essere.

Il disco è autoprodotto da Lauretta Grechi Galeno, mixato da Gabriele Pallanca di Genova Records e Masterizzato da Valgeir Sigurðsson (collaboratore storico di Björk, Sigur Rós, Brian Eno e Damon Albarn) negli studi della Greenhouse Studios. L’album si compone di 7 brani che non trovano una collocazione precisa a livello spazio-temporale. Canzoni senza tempo che non si rispecchiano in una precisa atmosfera o stagione, pensate per poter toccare il cuore delle persone e lasciare un segno nell’animo. Un disco fluido, orecchiabile e rilassante, pieno di sonorità e musica rarefatta e dispersa che ti prende e ti risucchia in un tornado. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere ed ecco cosa ci ha raccontato…

Partiamo da una domanda di rito, ma necessaria, per imparare a conoscerti meglio. Partiamo proprio dal nome d’arte che hai scelto per il tuo percorso artistico, perché proprio Emilya ndMe?

Emilya ndMe è un nome ispirato al rapporto tra mia madre e me. Lei si chiamava Emilia e questo mio progetto solista è nato un po’ con l’idea del suo ricordo e con la voglia di dedicarle la mia musica. La sensibilità al mondo dell’arte è una sua eredità e per questo le sarò sempre grata.

I tuoi primi amori possiamo dire che sono stati la musica jazz e la musica swing. Come è avvenuto poi il passaggio ad un electro pop più marcato?

Non è stato un passaggio o un’evoluzione a dire il vero. In realtà ho iniziato ad ascoltare e studiare il jazz già più adulta. La musica che mi ha formata da bambina è sicuramente stata quella rock e pop per cui più vicina a ciò che è Emilya ndMe. Ho sempre ascoltato moltissima musica e sono una grande frequentatrice di concerti e festival per cui le influenze e le contaminazioni sono sicuramente più di quelle che riconosco in modo cosciente.

Emilya ndMe
Parliamo adesso del tuo nuovo album dal titolo Thank you for your Complaints, c’è stato nella tua vita qualcuno che con le sue critiche ti ha insegnato davvero qualcosa? E che ruolo pensi che abbiano le critiche nella vita di ognuno di noi?

Le critiche mi hanno insegnato a non mollare, a tirar fuori una determinazione che da bambina non possedevo o non riuscivo ad esprimere. Ho speso un po’ di tempo a capire chi fossi davvero e sicuramente l’arroganza altrui in realtà è stata fonte di ferite ma ha sortito un effetto molto positivo su di me perché mi ha fatto venire voglia di fare in modo di non dover dipendere dai giudizi di nessuno. Anche oggi se incappo in qualche personaggio “negativo” che non conosce la differenza tra l’essere costruttivi o distruttivi, so cosa fare e come trarne carburante per volare un po’ più su. Penso che le critiche costruttive siano utilissime e fondamentali e che quelle distruttive vadano tramutate in energia rinnovabile come si fa con i rifiuti.

Ha per caso qualcosa a che fare con il mare d’Islanda?

Le sonorità del disco, i colori che evoca fino all’editing di copertina sono sicuramente riconducibili alla realtà musicale del nord europa e sì come ispirazione per questo album ho attinto senza dubbio alla naturalità del paesaggio Islandese, ghiacciato e verde, nero e vulcanico, freddo e ventoso, affascinante.

Questo disco sembra un percorso catartico per ritrovare se stessi, per venire a contatto con la natura e dunque con la parte più vera del nostro essere, ti è capitato mai di dover resettare tutto e partire da zero? Se sì, come hai affrontato i cambiamenti?

Hai centrato l’idea che sta dietro a questo disco. Anche a livello sonoro, ho fatto uso di loops e reverses perché, ho voluto dar voce a quella sensazione di trovarsi incastrati in giorni, mesi anni della propria vita restando bloccati. Sono quelli i momenti in cui un reset è necessario per ripartire e quando mi è successo, probabilmente anche più di una volta, tornare alla semplicità,  alla bellezza della natura è stata certamente fonte di forza.

Ai cambiamenti non mi ci abituerò mai con leggerezza, ho sempre paura di lasciare andare , di voltare pagina. Ci metto davvero tanto tempo ma nel momento in cui decido sono sicura di aver fatto già tutto il possibile per capire se quella scelta sia giusta per me e non ho poi grandi rimpianti.

Ain’t Planet B è un brano dedicato al nostro pianeta ma è anche una critica nei confronti dell’umanità che non sa rispettarlo. Che rapporto hai tu con l’ambiente che ti circonda e cosa cerchi di fare nel tuo piccolo per migliorare la situazione?

Ho un rapporto molto bello, empatico. Cerco di fare tutto ciò che posso per evitare di utilizzare sostanze nocive per me e per l’ambiente e di sprecare risorse. Ho sempre cercato di sensibilizzare le persone intorno a me così come sono stata cresciuta, attenta a certe problematiche. Penso che sia l’unico modo possibile di abitare il nostro pianeta, quello volto al rispetto.

XOXO invece é la traccia più elettronica del disco, un titolo ironico e frivolo che mette in luce un aspetto delle relazioni moderne costruite su conversazioni virtuali, che ci fanno spesso perdere il senso con la realtà. Che rapporto hai tu con i social in generale (sia per lavoro che per la tua vita privata)?

Per lavoro uso moltissimo i social e penso siano davvero utili. Per quel che riguarda la vita privata, trovo i social networks un buon calendario per i compleanni di cui non riuscirei a ricordare mai la data. Infine cerco di utilizzare il mondo social molto poco per quel che riguarda il privato.

Il tuo è un disco autoprodotto e mi preme ricordarlo perché nel 2020 non è così scontato sapere fare musica in maniera quasi del tutto indipendente. Quali sono le difficoltà che hai incontrato e quali invece le soddisfazioni che ti sei tolta?

Grazie di ricordarlo, è motivo di orgoglio anche per me. Le difficoltà sono molte: in primis trovare le risorse economiche e per farlo ho dovuto sempre lavorare in settori anche distanti da quello musicale. E se per alcuni musicisti questo è quasi sinonimo di non professionalità musicale io trovo invece che ci sia molto rispetto da riservare a chi fatica il doppio degli altri per poter realizzare i propri progetti. Pensa a quanto poco tempo libero io abbia nella vita: è come se
perennemente facessi due lavori e dovessi far consigliare mondi diametralmente opposti.

C’è da dire che vivere così insegna a non perdere tempo, ad ottimizzare le risorse e a cercare di collaborare sempre con eccellenze. Anche io come tutti a volte faccio e ho fatto scelte sbagliate, l’importante è non portarsi dietro zavorre che rallentino il proprio flusso. Ecco a volte la difficoltà è anche questa: umanamente non è semplice mai lasciar perdere alcune collaborazioni perché di contro ci può essere stima e simpatia nonostante non si sia in linea rispetto alle esigenze del progetto. Ma fa parte del gioco: chi si auto produce gestisce tutto da solo, nel bene e nel male. La soddisfazione più grande è il mio disco, bianco e puro così come la musica che fa suonare, esattamente come desideravo fosse.

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