Lelio Morra, il mare intorno, la genovese e tre live per ripartire

 

Lelio Morra è un cantautore semplice. È uno di quelli per cui scrivere una canzone è gesto naturale. La penna tra le sue dita scorre guidata da una connessione diretta con il suo immaginario e il suo bagaglio di ricordi. La notte gli è complice durante l’atto creativo: è un artigiano, fabbrica scrigni in cui mette da parte e custodisce ogni dettaglio, ogni discorso, gli sguardi, gli odori di ogni sua singola storia.

Così è stato costruito “Esagerato”, il disco che ha segnato il suo esordio da solista e chi ha permesso di essere tra i 5 finalisti del Premio Tenco 2020 per la miglior opera prima. L’impressione che si ha ascoltando è quella di trovarsi in un momento preciso della storia di Lelio Morra: i giorni successivi alla fine di una storia d’amore. Ogni brano come un lungo flashback riporta a galla dettagli del passato, quelle situazioni a cui vorremo tornare per dire ciò che non abbiamo avuto il coraggio di dire. Non è facile affrontare i postumi di una relazione, per questo motivo “Esagerato” sa essere a suo modo catartico. Rimembrare il passato, rimuginando, aiuta a esorcizzarlo facendo compiere una sorta di percorso verso l’accettazione.

Lelio Morra in concerto

Lelio Morra avrebbe dovuto portare questo lavoro in giro in un tour primaverile. Dopo quattro date ha dovuto interromperlo a causa della pandemia. Il tour ripartirà domani: infatti ha annunciato le prime tre date di un nuovo tour:

31/7 Milano – Ride w De Rubertis

3/8 Napoli – Chiostro di San Domenico w Blindur

22/8 Rionero – Terra Amara

Per l’occasione oltre ad aver fatto quattro chiacchiere con lui, abbiamo il piacere il presentarvi in esclusiva il videoclip del singolo “Il Mare intorno”, estratto da suo disco “Esagerato”.

Ho ascoltato “Esagerato”, confesso, un po’ in ritardo e incuriosito dopo aver letto il tuo nome tra i finalisti del Premio Tenco per la miglior opera prima. L’ho trovato estremamente gradevole soprattutto perché ha la capacità di stemperare dei ricordi un po’ nostalgici a cui sono legati certi brani. Ho letto della numerologia legata al 9 ma ti chiedo: cosa c’è di “esagerato” in questo disco?

Ciao Nembo e ai lettori de Le Rane!
Ti ringrazio per la lettura che hai avuto del disco – chi tardi arriva 🙂 – e per questo spazio, il Tenco è stato un bel riconoscimento si.
Il grosso delle canzoni scritte fino ad oggi hanno sempre avuto attinenza ad esperienze toccate con mano, quelle magari più intense e che hanno “meritato” un posto, a mio percepire, in una canzone.

Di recente ho scritto provando a mettermi nei panni di qualcun altro, è un esperimento nuovo per me e mi sta piacendo.
Con “Esagerato” ho provato a raccontare uno spaccato di questi ultimi anni, divisi tra Napoli e Milano e cercavo una parola semplice che potesse strappare un sorriso e lasciare intendere il mio dividermi tra queste due città, nel quotidiano, nello stato d’animo e quindi poi nelle canzoni.

Alcune differenze sono oggettive, specie in termini caratteriali, se si appartiene ad una o l’altra città. Mi considero un musicista nell’accezione che comprende anche il viaggiare come un presupposto importante, quindi da dove vengo, dove vivo e dove vivrò non fa differenza, mi auguro possa sempre arricchirmi, ma di certo a Milano se dico “esagerato” usandolo tipo un intercalare come faccio a Napoli qualcuno che storce il naso lo trovo.

Torni live con tre date dopo aver dovuto interrompere il tour causa pandemia. Come saranno strutturati questi concerti? Hai dovuto ripensare lo spettacolo dal vivo? Raccontaci

Il disco è uscito ad Ottobre, dopo un po di showcase nei negozi e capodanno a piazza del plebiscito a Napoli (che meraviglia a pensarci) l’anno sembrava di quelli con le spalle larghe, ma delle prime trenta date del Tour Esagerato ne ho fatte 4 e poi il signor Covid ha lasciato tutti a casa.

È stata tosta perché il tour avrebbe rappresentato il reale inizio di un lavoro iniziato a pianificare due anni fa, ma purtroppo – e specie all’intera filiera dello spettacolo – ci siamo tutti ritrovati ginocchia a terra. Scrivere cose nuove mi da una finestra per guardare oltre questo periodo e non vedo l’ora di ritornare su un palco e suonare per un pubblico.

È stata una bella risorsa quella delle dirette, ma a volte ti sentivi in 1984.

Le prime tre date saranno in acustico, e saranno un viaggio nel mio percorso da canzoni di Esagerato a quelle degli scorsi giri di boa. La chiave acustica, intima, mi piace molto e le location sono stimolanti. La prima a Milano il 31 Luglio al Ride (location messa su da Vox Concerti che sta dando belle energia in questo periodo) con il maestro De Rubertis (che ho avuto il gran piacere di ospitare nel mio disco e con cui collaboro quando si riesce in scrittura).

La seconda il 3 Agosto a Napoli al Chiostro di San Domenico con Blindur e ne sono particolarmente felice perché da molto non condividiamo il palco, storie e risate – c’è stato un periodo in cui abbiamo fatto un bel po di concerti insieme. Anche lui è nel mio disco in “(ogni volta che)” ELENA”.

La terza in Basilicata, il 22 Agosto a Rionero in Vulture, insieme ad Alessio Nelli al piano, è un evento organizzato da Terra Amara e si terrà nella corte di un palazzo antico. So contento!

Con questa intervista oltre che invitare i nostri follower ad assistere a uno dei tuoi live, abbiamo il piacere di mostrare in esclusiva il videoclip di un brano estratto dal disco, ovvero “Il mare intorno”. Raccontaci un aneddoto legato a questo brano.

Ho approfittato di qualche giorno a Napoli per cogliere al balzo l’assist del mio amico Fabio Persico che mi dice “Lelio Morra, è da troppo che non pubblichi un video, su su vai e riprendi Napoli by the sea ed io monto le immagini“. Fabio è una bomba di energia positiva e consiglio a chi ci legge di fare un salto sul suo Instagram perché racconta con una certa eleganza il quotidiano in chiave 2.0 e anche qui per me è una gran fortuna poterci collaborare.

Quando l’ho scritta, Il mare intorno, credevo che la comunicazione, la destinazione, fosse chiara, sai quando parli a qualcuno di specifico in una canzone (tipo in Giganti è così). Poi mi son reso conto che per certi versi il racconto è vicino a Shiver dei Coldplay (che è un capolavoro) perché sembra parli a qualcuno ma in realtà va verso quello che ti auguri, che non hai e che vorresti. Di certo se non fossi nato e cresciuto a Napoli non l’avrei mai scritta, il mare ci appartiene ed è presente anche quando ci sei distante centinaia di chilometri.

Pino Daniele diceva “chi tene o’mare ossaje, porta na croce” o “nun tene niente“. È quella consapevolezza di avere una costante nostalgia che sorride con te. Ricordo che c’era un carillon, da cui veniva fuori un faro con il suono del mare.

Siamo di Napoli tutti e due, il mare lo abbiamo intorno, per sopra, per sotto, nelle vene. Qual è il tuo rapporto con la nostra città? Come mai non hai scelto di cantare in napoletano?

Io Napoli la amo, ne amo la gente, quella portatrice sana di napoletanità che considero un gran valore, quella a cui credo di appartenere.
Poi c’è il marcio e le contraddizioni che colorano l’altra faccia della medaglia con cui puoi imparare a convivere, puoi rinnegarla e sai che sarà difficile da debellare ma è un discorso delicato e molto ampio.

Negli ultimi anni, in cui vivo a Milano, il mio rapporto è stato “occasionale” e la crescita oggettiva della città non l’ho vissuta con costanza ma tipo ogni 3/4 mesi tornavo e trovavo novità. Da un certo entusiasmo alla strabordanza di turismo. A volte non so come leggere il fatto che la città in alcuni aspetti diventi “europea” – vedi le molte zone calde della città che hanno spostato il business sui bad & breakfast, il che non suona male – ma dal’altra parte vai a mangiare in un posto a te caro e trovi la qualità che scende, i prezzi che salgono ma senti parlare 4 lingue diverse.

Ci alcuni posti invece che non sento più miei, ma anche qui il discorso è lungo: sembra comunque esser diventata meno anarchica.

Stando alle canzoni, ho iniziato da ragazzino in inglese, poi in italiano con la mia prima band (gli “Eutimìa“) coscienti di Pino Daniele ed i Beatles ma mossi prima di tutti in quel periodo da De Andrè. I tre dischi ad oggi (con gli Eutimìa, i JFK e a mio nome) son stati scritti in italiano per una semplice esigenza comunicativa.

Di recente ho avuto qualche esperienza di cui sono molto contento, con La Zero (artista conosciuta a Piazza Del Plebiscito a Capodanno, anche lei napoletana – Sanremo giovani due anni fa e di recente vincitrice di Musicultura) con cui ho avuto modo di provare a scrivere in napoletano. Ad esempio abbiamo scritto un brano che si intitola “Sirene” ed è stato emozionante. Sarebbe bellissimo un giorno la incidesse: è stato bello cogliere il suo invito a scrivere insieme con la nostra lingua. Oltre al fascino e la felicità ho riconosciuto un certo senso naturale nel farlo, come mi appartenesse. Bell!

Ho sempre pensato che la scena napoletana tranne alcuni casi sia un po’ chiusa in sé stessa, forse per mancanza di un pubblico ben nutrito e aperto alle proposte nazionali, o forse perché manca un po’ la cultura da club, il cosiddetto “clubbing”, non saprei. Tu che ne pensi, visto che hai vissuto a Milano e quindi puoi comparare in qualche modo due realtà molto diverse?

Ci sono realtà che ammiro molto che si esprimono in napoletano oggi (oltre al bel rapporto umano e di confronto). Penso a La Maschera, band che ha un potenziale incredibile secondo me specie nelle canzoni di Roberto e il suo essere anche un grande interprete.

È vero che la “scena” vive principalmente in campania, ma è vero pure che ho visto loro o i Foja a Milano al Serraglio e, ok magari la stramaggioranza del pubblico era napoletano, ma il locale era pieno come non l’ho visto per band milanesi e questo lascia riflettere. Ma credo in positivo.

Spesso mi è risuonata da amici, colleghi o addetti ai lavori la frase “Napoli è una piazza difficile“, il che può essere vero ma siamo in un periodo (catastrofico il più recente se pensiamo a quanti locali in tutt’italia hanno chiuso negli ultimi 4 mesi) dove la digitalizzazione ha creato danni e benefici. Spotify ha un ruolo importante sulla scena italiana e ti aiuta a diffondere la musica e ritrovare pubblico nei locali.

Paradossalmente grazie al cielo io ho lo zoccolo duro a Napoli – nel senso che i concerti con maggior affluenza e risposta ci son stati lì – ma se vai sul mio Spotify Napoli è al quinto posto tra le città dove sono maggiormente ascoltato. Questo lascia intendere tutto e niente. Se ci fermiamo un attimo, una cosa in cui credo è che il napoletano sia una lingua, una cultura e che abbia una storia di un certo peso, allora può avere senso che si alimenti principalmente intorno alla città.

È dai 24 Grana che una band napoletana non si impone sul clubbing italiano, da Pino Daniele sul mercato nazionale e intenzionale, mo vediamo che succede.

Ad esempio, nei nuovi linguaggi, che non mi sento di definire trap e neanche “espressione meramente napoletana”, ho trovato l’album degli Psicologi uno spaccato interessante di ventenni che in parte appartengono al centro storico della città e, per quanto mi dicono, stia formando una nuova generazione. Oppure penso ai Nu Guinea che hanno fatto un’operazione notevole che da luce alla città e di certo a molti musicisti della “scena”.

Ultimamente si sciolgono molte band e spesso il frontman intraprende la carriera da solista, un po’ come è successo a te con i JFK & la sua bella bionda. Quali sono le motivazioni che spingono un artista a intraprendere questa strada? Quali sono state le tue? Rifaresti quella scelta?

Recente la notizia dei Canova, progetto che ho visto nascere e con cui ho un bel rapporto dai miei primi periodi a Milano. Mi è dispiaciuto molto perché loro davvero hanno sempre avuto e dato la sensazione di una band vera. E so persone di cuore. Mi è dispiaciuto molto leggere della loro rottura e credo di certo le ragioni siano più vicine a valori della vita che ai soldi. Avete Ragione Tutti è stato un disco importante per questa generazione di nuova canzone italiana.

Per me con i JFK è stato abbastanza naturale. Ho quasi sempre raccontato di esperienze personali anche nelle canzoni firmate JFK & La Sua Bella Bionda. È stata di certo una band, ma forse ancora prima un nome dietro cui mi sono nascosto perché non avevo ancora la corazza forte da mettermi a nudo con le canzoni e col mio nome. Quando ho scritto Elena, nella frase “dove sono andati i tempi andati ? forse li ho perduti quando sono passati” per certi aspetti è come se con un sorriso avessi voltato pagina, sapendo di essere compreso dalle persone a me vicine, ma pur sempre dello stesso libro.

Dai, allora magari ci si becca il 3 agosto per il tuo live a Napoli insieme a Blindur (a cui abbiamo fatto un’intervista che uscirà nei prossimi giorni). Salutiamoci parlando di cibo: consiglia ai nostri lettori che magari vengono da fuori tre cose si dovrebbe per forza assaggiare una volta messo piede a Napoli.

Saremo felicissimi di averti dei nostri al Chiostro!! In quanto a cibo non finiremmo mai di parlare! Ti dico solo che quando è uscito il disco ho cucinato per 50 persone una genovese (per chi non sapesse cos’è, documentatevi! ) proprio per lasciar intendere che era un fatto esagerato!

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