NAVA: “Sarabe” è un vero e proprio richiamo del deserto

La prima volta che ho visto la serie tv Boris sono rimasta colpita, e forse ne ho anche riso troppo, dalla celebre battuta di Stanis La Rochelle del “troppo italiano e troppo poco anglosassone”. Il “troppo italiano” viene usato ironicamente, nella serie, per definire una produzione televisiva e cinematografica di scarsa qualità, rassicurante per lo spettatore ma allo stesso tempo qualitativamente scadente. Ecco, da un po’ di tempo forse questo concetto può essere applicato ad una buona parte della musica italiana. Sia chiaro, la produzione di qualità c’è ancora, ma una buona fetta della musica che esce da mesi – e ne esce parecchia, tanto che è difficile stare dietro tempestivamente a tutte le uscite – sembra essere la copia della copia, la ripetizione di una formula che forse un po’ di tempo fa funzionava ma che ormai è diventata stantia.

Non ho fatto mai mistero, infatti, che tra le produzioni musicali recenti, quelle più interessanti siano quelle italiane cantate in inglese.

Esistono vari esempi più o meno noti di cantanti e band italiane che cantano in inglese e che sono apprezzati più all’estero che in patria, ma un esempio che merita assolutamente di essere approfondito è quello di NAVA.

NAVA è un progetto musicale nato nel 2016 a Milano e composto dalla cantante persiana Nava Golchini, da Elia Pastori e da Francesco e Marco Fugazza. All’attivo hanno già due Ep, l’ultimo dei quali, Sarabe, è uscito lo scorso 12 giugno per l’etichetta canadese Nettwerk Music Group. Questo nuovo Ep, pubblicato a distanza di un anno da Body, è caratterizzato da un ritmo più soft e rilassato rispetto al precedente, pur non tradendo la cifra stilistica che contraddistingue il sound di NAVA.

Sarabe, il brano che dà il titolo all’ultimo Ep e che in persiano vuol dire miraggio, è un mix perfetto di elettronica sperimentale e suoni mediorientali ed evoca dimensioni oniriche e stupefacenti. Il pezzo termina con una frase in farsi: “In eshghe ma sarabe”. Anche il video rimanda al miraggio ed al deserto, ed è ambientato in delle cave nei pressi di Brescia.

NAVA, infatti, è un progetto artistico a trecentosessanta gradi, attento non solo alla musica ma anche al visual ed al design.

Lo dimostrano le copertine dell’Ep e dei vari singoli, ma anche il video del brano Skin, realizzato da Karol Sudolski. Il pezzo in questione tratta della nostra vulnerabilità di essere umani, di quanto siamo capaci di farci del male anche solo sfiorandoci o abbracciandoci. La vulnerabilità degli esseri umani è un po’ il filo conduttore dei testi di questo Ep. Ad esempio You è un pezzo che parla della difficoltà e del dolore che si prova nello staccarsi da alcune persone. Hold, invece, tratta della fragilità che ci caratterizza, del fatto che basta un nulla per crollare, anche quando pensiamo di essere invincibili.

L’impressione che ho quando ascolto produzioni musicali del genere è sempre la stessa: l’Italia è sia il loro quid creativo sia la loro condanna. Questo fa si che spesso all’estero ci invidino artisti che magari noi non conosciamo nemmeno. Non so se questo progetto “sfonderà”, ma so che qualità e quantità di ascolti molto spesso non vanno di pari passo. Quello che posso sperare, però, è che NAVA possa smentire questo assioma e riesca con la sua musica di qualità a fare un grande successo.

Ascolta qui “Sarabe” di NAVA

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