Mai Stato Altrove presto o tardi suonerà al Festival di Sanremo

Mai Stato Altrove risponde al nome di Gabriele Blandamura, torna sulla scena musicale dopo l’uscita nel 2016 di HIP HOP ed un tour che ha toccato le principali città italiane. Conclusa l’esperienza con i Thegiornalisti (con cui ha suonato per 3 fortunatissime stagioni), Gabriele, oltre al progetto MSA, è anche speaker radiofonico: tutti i giorni conduce una trasmissione mattutina sui 90.7 dell’emittente romana Radio Sonica.

Dentro un ricordo è il nuovo singolo di Mai Stato Altrove, in uscita il 5 giugno per Bravo Dischi. Dopo il ritorno con I Dischi, brano che rappresenta l’inizio di un nuovo capitolo discografico del cantautore romano, ecco un’altra anticipazione del nuovo album previsto per l’autunno.

Dentro un ricordo è il modo di Mai Stato Altrove di relazionarsi alla nostalgia, un sentimento tanto affascinante quanto pericoloso. Parlarne infatti non significa soltanto il rimpianto di tempi in cui le cose erano più pure e semplici; significa piuttosto aprire un confronto, spesso spietato, tra passato e presente, tra aspirazioni e realtà. Guardare così dentro i ricordi, con il rischio di essere trascinato al loro interno.

Ecco cosa ci ha raccontato…

Hai dichiarato di aver scelto questo nome “per provare a raccontare il fatto che dopo tanti anni forse ho fatto pace con l’idea di fare musica”. Puoi spiegarmi cosa intendi?

Per me non è mai stato scontato ammettere, prima di tutto a me stesso, che avevo ed ho bisogno di scrivere canzoni. Anzi, non solo di scrivere canzoni, ma di vivere la musica in maniera pubblica e addirittura di entrare a fare parte di un mercato legato alla musica. Mi è capitato più volte di provare una specie di senso di colpa a riguardo e di chiedermi se non avrei fatto meglio a dedicarmi ad altre professioni, magari ad una delle tante ritenute più normali. Ecco, ho scelto il nome Mai Stato Altrove per ricordarmi che una parte di me è sempre nella musica o che la musica è sempre in una parte di me. Oggi a volte mi pare una scelta un po’ naif, ma quando mi è venuto in mente il nome mi sembrava davvero molto azzeccato e penso che un briciolo mi abbia aiutato.

Il 5 giugno è uscito il tuo nuovo singolo “Dentro un ricordo”, c’è stato un episodio in particolare che ti ha ispirato?

Non mi capita spesso di scrivere canzoni ispirate ad un episodio singolo. Al contrario mi fisso su delle idee o su dei sentimenti ed inizio a pensarci in maniera abbastanza ossessiva: una canzone per me è un po’ una sintesi di tutti questi pensieri. In Dentro Un Ricordo ci sono sicuramente degli elementi autobiografici, è una canzone in qualche modo dedicata ad una persona speciale eccetera, ma la cosa che più mi interessava era provare a raccontare come/quanto il ricordo possa essere presente, sia in maniera bonaria (a chi non piace ogni tanto sguazzare nei bei ricordi?), sia in maniera diciamo più problematica se non addirittura pericolosa.

Io di mio ho sicuramente una grossa difficoltà a lasciare andare le cose, fosse per me avrei ancora i quaderni delle elementari di cui obiettivamente non mi frega niente: Dentro Un Ricordo parte da tutti questi dati di realtà e prova a frullarli costruendo una situazione in cui non ci sia praticamente niente altro che ricordo, con tutte le controindicazioni del caso.

Nella tua esperienza di musicista hai avuto modo di suonare con i Thegiornalisti, che tipo di esperienza è stata?

Nuova e bella. Nuova perché, a quel tempo, non avevo mai preso parte ad un progetto musicale in cui non fossi protagonista a livello di scrittura e composizione. Bella perché mi sono divertito molto, ho conosciuto tante persone ed ho acquistato molta più sicurezza come musicista. Il ricordo più bello che mi porto dai tour è probabilmente legato alla prima volta che ho pensato: “Ok, mi sembra di essere all’altezza di questa situazione.

Mi sembra di avere il diritto di stare su un palco e provare a fare la mia parte”. Un concetto che, come ti ho detto prima, non ho mai dato per scontato e non do mai per scontato troppo a lungo. Anche perché salire su un palco è sempre un gesto parecchio pesante, ha a che fare con l’idea abbastanza mitomane di avere delle cose da dire e quindi non credo vada mai preso con troppa leggerezza. Detto ciò, forse sono una persona che ogni tanto si arrovella un po’ troppo.

Parliamo del tuo primo singolo del 2019, si chiama “I dischi” e in qualche modo apre questo nuovo capitolo della tua musica. Fammi una fotografia di questo brano..

Un brano synth pop che è diventato una specie di gospel. Credo che I Dischi rappresenti perfettamente chi sono e cosa mi piace fare: ascoltandola ovviamente è impossibile immaginare che all’inizio aveva tutt’altra veste, ma sto pensando seriamente all’idea di fare uscire il brano anche nella sua prima versione. Mi piacciono le canzoni ritmate, mi piace l’RnB e mi pace pensare che una canzone riuscita si possa costruire su 4 elementi di numero.

Tornando alle fotografie, I Dischi prova ad essere un’istantanea di tutte queste cose. Per il resto volevo giocare un po’ con il luogo comune secondo cui la musica salva la vita. È un modo di dire che ho intercettato tante volte e che mi è sempre sembrato un po’ troppo superficiale, quindi ho pensato di cantare l’esatto contrario: che magari a volte la musica non serve proprio a niente e che a volte finita una canzone ti ritrovi esattamente con gli stessi problemi. Ovviamente per me i dischi comunque servono altrimenti non spenderei tempo ed energie per farli o ascoltarli.

Sei socio fondatore di Bravo Dischi, un’etichetta che negli ultimi anni ha coltivato artisti del calibro di Colombre ma anche emergenti molto promettenti come Maru e Chiara Monaldi. Che consiglio senti di dare a chi vuole intraprendere il tuo stesso percorso?

Mi sento di dare un consiglio un po’ noioso da discografico indipendente quale sono: consiglio a tutti gli artisti che cercano un’etichetta di pensare seriamente a cosa sia un’etichetta e a cosa possa fare per loro. Le etichette non regalano il successo agli artisti, semmai succede il contrario. Al tempo stesso resto convinto che relazionarsi ad un gruppo di persone esterne alla band o al singolo artista sia il modo migliore per crescere, forse l’unico, quindi consiglio anche a tutti di non accontentarsi mai di se stessi, della propria opinione o di quella di persone in qualche modo vicine. Fate sempre valutare la vostra musica ad orecchie realmente esterne e se vi rispondono che non è un granché, valutate seriamente la possibilità che abbiano ragione. È l’unico modo che conosco per migliorare ed arrivare a tirare fuori pezzi che lascino un piccolo/grande segno.

Che idea ti sei fatto del mercato musicale attuale in Italia?

Bah come è giusto che sia ci sono delle mode, ci sono degli artisti che hanno lanciato un certo modo di fare musica e scrivere e c’è l’impressione, ovviamente sbagliata, che questo sia l’unico modo possibile. Non è mai così, c’è sempre spazio per una proposta nuova e c’è sempre spazio per una bella canzone. Il primo fenomeno “diverso” e di successo che ricordo, per questioni anagrafiche, è quello delle Luci della Centrale Elettrica. Poi è arrivato Niccolà Contessa con I Cani, poi sicuramente i Thegiornalisti, Calcutta eccetera.

Chiaramente questi artisti fanno scuola, a volte vengono copiati e a volte le copie sembrano un po’ povere da un puto di vista dell’invenzione. Oggi l’indie di successo non sembra poi così lontano pop e quindi probabilmente la vera sfida è ricreare una musica alternativa che sia sostenibile a livello di costi. Detto in altre parole, una musica alternativa che abbia suoni ed idee diversi e che però faccia pubblico, venda copie, macini streams eccetera. È anche vero che, e qui dico una banalità colossale, tutto è relativo e tutto ha il timer: magari tra 5 anni avremo solo musica alternativa di successo lontanissima dai canoni del pop mainstream, saremo tornati in un periodo in cui l’ermetismo è l’unica via percorribile e rimpiangeremo nuovamente quel bel pop un po’ più spensierato che andava di moda negli anni 16/19 augurandoci nuove canzoni indie da cantare col sorriso a 32 denti.

Nei prossimi mesi cosa dobbiamo aspettarci da te?

Sicuramente un disco e con lui tutte le date che sarò fisicamente in grado di fare. Aggiungo una mia speranza vera, da realizzare nel breve o nel lungo periodo: presto o tardi devo assolutamente andare a Sanremo, così mia madre scoppia in lacrime come si deve e si indebita per televotarmi fino all’esasperazione.

Un saluto ai lettori delle Rane..

Ciao e grazie per avermi letto. Voi però come state? Volete dirmi qualcosa? Fatemi sapere.

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