Moci e i suoi pensieri bellissimi (o forse no)

Disponibile dal 24 Marzo per Sbaglio Dischi, Pensieri bellissimi è il singolo che anticipa l’esordio discografico di Moci. Cantautore romano classe ’97, ha iniziato a conquistare progressivamente il pubblico suonando in vari locali della capitale. La sua scrittura, realistica e onirica allo stesso tempo, racconta una possibile fuga da un trauma post-adolescenziale che in-segna e rovina, che lascia lo stordimento ma non la possibilità di uscire.

Ascoltare Moci significa affrontare contrasti tra testo e musica, bellezza e caos. Sarà forse lo specchio di un viaggio interiore? Di certo, si tratta di un brano spontaneo e liberatorio. Da cantare a voce altissima, quasi vertiginosa.

In ogni caso dopo aver ascoltato questo brano, vedere un marciapiede sarà foriero di “pensieri bellissimi”.

Nel brano “Pensieri bellissimi” affronti ed esorcizzi sentimenti angoscianti della vita. Quali sono le esperienze che ti hanno portato a questa scelta?

Niente di speciale, cose che capitano a tutti o meglio che a un certo punto per un fatto di probabilità devono capitare. Il senso d’abbandono, un grosso ed ingiustificato senso di colpa verso chi ti vuole bene che ci si porta sulle spalle dalla fanciullezza ed il traumatico approccio di un bambino con la morte, quella “normale” e quella “a sorpresa”.

I Pensieri bellissimi sono l’esatto contrario di quelle tre o quattro cose orrende che ti vengono in mente ogni volta che cerchi di sganciare il cervello dal collo: le brutte consapevolezze prima di addormentarti, la paura di non essere abbastanza durante un orgasmo, le paranoie stordite del Sabato sera o la paura di schiantarsi giù dal cavalcavia della Salaria per uno starnuto alla guida.

Guarda il videoclip del nuovo singolo di Moci

Il tuo sound è in equilibrio fra il pop psichedelico alla Mac De Marco e l’itpop contemporaneo. Com’è nata quest’attitudine trasversale?

Mac De Marco e tutto quel filone là (King Krule, Uknown Mortal Orchestra, Peach Pit ecc.) hanno aperto un mondo a me ed Alessio Leo (il mio chitarrista e “braccio destro” fin dall’inizio); inizialmente con un’ attitudine come la nostra, proveniente dall’alternative e dal rock psichedelico, riuscire a dare un sound personale alla roba che scrivevo con la chitarrina in balcone era molto difficile: finivamo sempre  a suonare pezzi che sembravano i Verdena più brutti. Ma sin dall’inizio abbiamo avuto la fortuna di lavorare con Matteo Iacobis alle produzioni, che aveva sicuramente le idee più chiare di noi.

Ascoltare “2” di Mac De Marco ci ha aperto un mondo. In seguito c’è stato il momento dal quale non abbiamo più perso la fiducia in quello che proponiamo.

Se la cover del tuo singolo fosse una figura retorica, probabilmente sarebbe un ossimoro, una contrapposizione fra bellezza e caos. Ce ne parli?

In teoria hai appena spoilerato l’intero concept del disco che deve uscire, in pratica ti dirò “ottima osservazione, in effetti tutto il brano gioca su contrapposizioni, tra la strofa sospesa ed oscillante ed il ritornello acido e liberatorio, tra gli elementi forti e crudi del testo ed il significato dolce e protettivo del testo, per non parlare del grosso contrasto tra la trama del videclip e della canzone! Ottima osservazione, non ci avevo fatto caso!”.

Se ti chiedessi di descrivere la tua musica con il titolo di un romanzo, quale sarebbe?

Ho alzato lo sguardo verso la mia libreria per risponderti, mi sono trovato davanti a “L’uomo Ragno”, la prima trilogia di Zerocalcare e “Capitan Mutanda – Il Principe delle caccole II”, forse hai fatto una bella domanda alla persona sbagliata, ma ti risponderò con l’ultimo romanzo che abbia letto e che mi sia piaciuto, “La peste” di Albert Camus.

In una società iper-connessa, che ruolo ha secondo te la musica come strumento di comunicazione, aggregazione, catarsi?

Trovo che al momento il ruolo della musica sia abbastanza legato all’individuo: proprio perché siamo iper-connessi, tutto è alla portata di tutti e video-giochi, vite degli altri, sesso ed enciclopedie infrangono completamente il concetto di spazio e tempo, creando una nuova dimensione in cui tutto è istantaneo e viaggia alla velocità di un segnale ottico all’interno di Km di cavi per tutta la città.

La musica non serve a niente, di tutte le arti è probabilmente quella con meno scopi pratici (musicoterapia a parte), eppure chiunque ne ha bisogno ad un certo punto, per un motivo o per un altro. Per questo dico che il ruolo cambia, soprattutto ora che arriva subito, senza supporti fisici ed altre sovrastrutture. Poi oh, che te lo dico a fare, tra 100 anni quando faranno tutti i robot, i cinesi controlleranno il mondo e si mangerà solo pizza-kebab, a parte la musica, di umano non ci rimarrà altro, quindi staremo a vedere.

Quanto e come la città di Roma ha influito sulla tua crescita musicale?

Sono molto legato a Roma, soprattutto ai quartieri dove sono cresciuto, umanamente e musicalmente. L’infanzia nella borghese Piazza Vescovìo, l’adolescenza tra la periferia del Tufello e le case dei ricchi a Talenti ed i Sabato sera a conoscere facce da tutto il mondo mentre faccio il fonico Pigneto, tutti pezzi di me che mi porto dietro, nel modo di vestire, di pronunciare le vocali e ovviamente di scrivere canzoni.

C’è un brano nella storia della musica che avresti voluto fosse stato scritto da te? Perché?

C’è un pezzo di De Gregori molto corto che sta alla fine di uno dei suoi primissimi dischi, si chiama Souvenir, è un gioiello che arriva subito evocando un paio di immagini di una bellezza e di una dolcezza indescrivibili. L’idea di poter dire così poco ma di trasmettere così tanto, con poche note e pochissime parole è un po’ un sogno che ho da sempre, come quello di cancellare “By This River” di Brian Eno dalla memoria collettiva e di spacciarla per mia.

Presto vedrà la luce il tuo esordio discografico. Da dove derivano le immagini e le informazioni incastonate nei tuoi brani? Ti ispiri al passato o ti affidi all’immaginazione?

In questo disco ci sono solo istantanee, spesso brevi storie ed immagini legate allo stato attuale di quando ho scritto i vari pezzi, dal più vecchio nel 2017 a Pensieri bellissimi scritta ormai un anno fa. Sono tutti brani scritti per necessità, in momenti in cui ho sentito il bisogno di descrivere la fase in cui mi trovavo, che fosse positiva o negativa, attraverso immagini, metafore e contrasti; teste che si aprono, lacrime che diventano cascate di mascara, maglioni che si ribellano ai padroni soffocandoli e storie d’amore tra creature sottomarine.

Grazie.

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