Pietro Roffi: “vi farò appassionare alla fisarmonica, è una promessa!”

Pietro Roffi, classe 1992ha girato il mondo con la fisarmonica in spalla ed è da poco entrato a far parte delal grande famiglia di INRI Classic.

Comincia a suonare questo strumento all’età di sei anni e si  laurea con lode e menzione d’onore al Conservatorio “Santa Cecilia” di Roma. Debutta poi come solista all’Auditorium Parco della Musica di Roma con l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia sotto la direzione di Carlo Rizzari. Arrivato a suonare per grandi nomi, sceglie la strada dell’elettronica per sperimentare un genere decisamente fuori dagli schemi. Il risultato è un mondo sonoro che non si riesce a collocare in un lasso temporale o in un genere preciso: ci sono le influenze della musica da film, quelle del folk, a tratti c’è perfino un po’ di techno.

Venerdì 20 settembre è uscito il suo primo lavoro discografico come compositore, si chiama 1999 ed è una raccolta di storie musicali che descrive alcuni tratti di questo viaggio che dura da vent’anni.  L’album è anche una fotografia inedita della vita di Pietro: una visione dello strumento che lo accompagna
da quando aveva sei anni e che qui si fonde con atmosfere elettroniche che si sono formate nel corso degli ultimi anni e delineate con più nitidezza tra la fine del 2018 e i primi mesi del 2019.

Ho scelto di fondere la fisarmonica – strumento esotico e dal sapore antico – con l’elettronica, proiettando il cosiddetto “organo dei poveri” nel mondo d’oggi e dentro un’ambientazione sonora che per me era assolutamente necessaria

Quando hai capito che la fisarmonica sarebbe stato il tuo destino?

Non ricordo il momento esatto in cui ne ho avuto la certezza ma credo di aver sempre saputo, dentro di me, che la fisarmonica mi avrebbe accompagnato ovunque. A volte sono anche scappato via da lei ma poi sono sempre tornato; anche se non credo nel destino mi piace pensare che il nostro incontro sia accaduto affinché io nella vita avessi una missione.

Che sogni aveva Pietro Roffi da bambino?

Il Pietro di venti anni fa sognava mondi lontani di cui non sapeva nemmeno il nome. C’era una roccia gigantesca in campagna dai miei nonni, che in una poesia e poi in un pezzo chiamo “roccia delle storie inventate”, su cui passavo interi pomeriggi sognando musiche nuove e viaggiando con la mente fino all’imbrunire. Da bambino ero spesso molto silenzioso ma avevo la fantasia accesa 24 ore su 24 e ricordo che una volta arrivai addirittura a pensare di voler suonare sulla Luna. Un giorno lo farò davvero.

1999 è il tuo primo album come compositore. Da quale influenze musicali nasce e cosa vuole raccontare?

Credo in questo album ci sia finito un po’ di tutto, tutta la mia storia musicale e la mia formazione: la musica folk italiana, la musica barocca, quella organistica, le atmosfere della musica da film e a tratti perfino un po’ di techno e di pop. 1999” è un omaggio ai miei 20 anni di musica, un omaggio all’estate in cui avevo 6 anni e, rimasto ammaliato dalla fisarmonica, decisi in totale autonomia di voler iniziare a suonarla. Sono storie musicali che raccontano a volte di viaggi in giro nel mondo, a volte fotografano cieli stellati di città lontane, altre fissano sguardi di persone incontrate lungo il percorso e altre ancora rievocano sensazioni spesso piene di saudade.

Est Ovest è una traccia del disco, un viaggio in auto. Ti va di raccontarcelo?

Gennaio 2018: io e una persona incredibile incontrata qualche giorno prima percorriamo in macchina i circa 300 km che separano la costa adriatica, dove ci eravamo incontrati qualche giorno prima, e la costa tirrenica, dove c’è l’Aeroporto di Fiumicino. In quei 300 km i miei sensi si immergono nella più variegata palette di colori che una persona mi avesse mai offerto prima d’allora. Torno a casa, mi metto allo strumento, e nasce Est Ovest, la mia prima composizione che poi ha dato il via a quest’avventura.

Sempre all’interno di 1999 troviamo due cartoline. Una dal Mar Adriatico e una dal passato. A chi sono indirizzate?

La prima cartolina, Postcard n.1, racchiude una melodia che, spinta dal vento del Mar Adriatico, prova ad arrivare alla stessa persona a cui è dedicato Est Ovest. La seconda, invece, ovvero la Postcard n.2, è come un’eco dal passato, un’eco da quella roccia delle “storie inventate” dove trascorrevo interi pomeriggi della mia infanzia.

Come ti è venuto in mente di fondere lo strumento per eccellenza del folklore con l’energia della musica elettronica?

Avevo bisogno di trovare uno spazio sonoro più ampio dove far esprimere il mio strumento. Mi è sempre piaciuta l’idea della contaminazione, della fusione e in questo primo lavoro ho cercato proprio di fondere gli elementi più concreti, esotici ed antichi della fisarmonica con quelli più eterei e futuristici dell’elettronica. Ho trovato la mia dimensione ideale e sto già lavorando a nuovi pezzi e a nuovi soundscapes.

Come ti poni davanti alla sfida di far arrivare il tuo mondo musicale ai giovani che oggi ascoltano la trap?

Non so bene come si faccia ad arrivare a più persone possibili, anche a quelle lontane dal tuo mondo. Anzi, a dire il vero mi piace l’idea di non avere strategie al riguardo per non viziare la mia musica e piegarla agli altri. La musica è la cosa più democratica e libera che ci sia e vi assicuro che in questi giorni ho avuto ottimi riscontri anche da persone che non hanno mai ascoltato un disco di musica strumentale. Il segreto, forse, è quello di abbattere il concetto di “genere”, di incuriosirsi sempre e di avere dalla tua parte un’etichetta (come i ragazzi di INRI Torino) che creda in un progetto così ambizioso e che lavori ogni giorno al massimo.
PS: anch’io a volte ascolto la trap! Adoro Ghali.

Un saluto ai lettori di Le Rane…

Ora che avete letto l’intervista andate a (ri)ascoltare 1999. Spero tanto di vedervi in giro nei miei live! Viva la musica.

Prossimi appuntamenti live per ascoltare Pietro Roffi:

3 ottobre, OSLO (Istituto Italian di Cultura)

13 ottobre, FIRENZE (Teatro della Compagnia, per il SeeYouSound International Music Festival)

2 dicembre, ROMA (Auditorium Parco della Musica)

(date in aggiornamento)

1 Comment

  1. Clafus 28/09/2019 at 1:14 pm

    Musica che distende, che incanta e fa cantare perché hai la libertà di poterlo fare, ogni volta che ascolti lo stesso brano, possono cambiare le tue parole.
    Mi è piaciuto molto l’articolo.


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