Giorgieness, dai! Rilassati e parlaci un po’ di te

Reinventarsi e aggiornarsi sembra un’impresa incredibile: Giorgieness è una dei pochi artisti che riesce a farlo. In attesa del prossimo disco Giorgia D’Eraclea si tiene impegnata. Riflette su nuove sonorità, su nuove canzoni e sulla sua vita. Quello di cui è sicura è che si trova in un momento di transizione e il punto d’arrivo è sicuramente una Giorgia più matura, che sfocerà fisiologicamente nella sua musica. Anche per questo motivo Giorgieness (senza Giorgieness) ha deciso di dar vita a un tour acustico, Essere Me, accompagnata solo dalla sua chitarra.

In giro per l’italia la cantautrice porta le sue canzoni, lasciando spazio anche a un inedito, Questa Città, incluso nell’ep Nuove Regole uscito ad ottobre scorso e prodotto dagli statunitensi Bryan Senti e Justin Moshkevich.
L’ho incontrata proprio in occasione di uno di questi concerti e abbiamo fatto un bel po’ di chiacchiere, partendo dall’ep per arrivare ad un’analisi della situazione attuale in cui si trova la società.
Qui sotto trovate l’intervista e fino a maggio avete la possibilità di trovarla in tour!

Il tour acustico che porti in giro in questi giorni non promuove un disco nuovo, ma l’ep “Nuove Regole” che riprende alcuni tuoi brani un po’ più vecchi in chiave acustica.

In realtà dei pezzi dell’ep ne suono solo due, l’idea è nata più che altro dal fatto che sono arrivate delle richieste per il live, ma non era il momento per fare un tour elettrico con tutta la band, perché stanno cambiando la mia scrittura e la mia idea di musica. Mi andava di asciugare sia le mie orecchie, che quelle dell’ascoltatore.

È un tour per rientrare in contatto con le persone che ci sono sempre state e che sono arrivate negli ultimi sette anni.
Sicuramente questo ep dà già un’idea del fatto che il sound sta cambiando. Ci abbiamo lavorato con questi ragazzi americani conosciuti per vie traverse tramite il mio ex manager, ci siamo trovati davvero molto bene. Da questa collaborazione ho capito che effettivamente avevo voglia di cantare un po’ di più ed essere meno sommersa da tutto il resto degli strumenti.
Il primo anno di Giorgieness era chitarra e voce, io e basta. Riconosco non solo l’importanza ma anche la voglia di circondarmi di persone che suonassero con me.

Allo stesso tempo ho giocato anche col nome del tour, Essere Me, che riprende la canzone, perché anche io mi sto mettendo alla prova e mi ricordo di cos’è “essere me”.

Ad oggi ho nuove necessità, voglio una melodia diversa e un buon modo per creare questo momento di passaggio in cui sto scrivendo il terzo disco mi è sembrato quello di andare in tour in acustico, che è una grossa sfida anche per me, perché come chitarrista sono molto limitata e il mio strumento di solito è la voce. La chitarra è lo strumento che uso per scrivere e che mi accompagna da quando ero piccola.

Sta succedendo una cosa molto bella perché nonostante questi limiti le persone hanno capito il senso di questo tour, perché io sono quel tipo di musicista che lontano dal palco non ci sa stare. In più è una sorta di regalo per chi c’è sempre stato.
Suono anche due o tre pezzi nuovi, cosa che mi serve perché ho un riscontro immediato sulle nuove canzoni. Sta andando bene, anche se mi spaventava molto.

Com’è lavorare con due produttori americani? Mi ha fatto ridere il fatto che dicevi “mi avevano chiesto di andare a Los Angeles ma non è proprio dietro l’angolo”. Siamo circondati da persone che potrebbero andarci, ma in realtà fare musica il più delle volte è così!

Con la musica ci devo vivere! Non vengo da una famiglia ricca, ci sono i locali in cui bevo gratis, concerti in cui non pago, ma per il resto delle cose… Ho l’affitto da pagare, le bollette, mia madre mi aiuta in alcuni mesi perché ha investito invece che sullo studio (avrei voluto finire filosofia, ma non aveva senso spendere tutti quei soldi quando io volevo fare altro). Los Angeles rimane, mi piacerebbe tantissimo andare anche solo per vederli in faccia e perché mi hanno fatto una bella proposta, ma non è dietro l’angolo…

Con loro ci siamo conosciuti tramite il mio ex manager e da lì ci siamo “innamorati”.
Teoricamente dovevamo fare un pezzo insieme, Questa Città, ma poi per una comune presa bene è stato deciso di lavorare anche a dei pezzi vecchi, che ho mandato così come sono stati registrati e loro li hanno remixati. È uscita una cosa interessante perché si sono concentrati soprattutto sulla voce.

Del nuovo disco leggevo che senti stia cambiando la sonorità, qualcuno ti diceva che ti stai buttando sul pop e tu giustamente rispondi che puoi anche dare la definizione “dark pop” ma alla fine…

Alla fine bisogna ascoltarlo!
Penso che come terminologia “dark pop” possa funzionare, per me il dark pop è quello di Lana del Rey, Dua Lipa su alcuni brani, è un qualcosa che rimane fuori dal canone del pop (per quel che mi riguarda anche Lady Gaga fa dark pop) perché rimane a metà fra il mainstream e una musica alternative più suonata,
perché a me quello che preme è che il disco sia suonato, per quanto possa esserci dell’elettronica. Una delle forze del progetto è il live e non mi voglio ritrovare ad esibirmi sulle basi.

Leggevo che sarà più melodico però.

Sì perché ho scoperto che in realtà tutti i miei pezzi hanno molta più melodia di quello che pensavo e questo anche scrivendo in contesti diversi. L’esperienza che ho avuto con Sony a Bari, dove ho fatto questo camp di scrittura in qualità di autrice, mi ha fatto confrontare con autori che scrivono per Emma, Mengoni e altri dello stesso genere. Questo mi ha fatto scoprire un lato melodico, vorrei che il disco fosse molto di più verso Questa Città, Dare Fastidio, pezzi che riescono a mettere insieme con sonorità anche più moderne se vogliamo, perché non voglio rimanere legata agli anni 90 – che tra l’altro neanche mi appartengono ma mi sono arrivati addosso per una predisposizione naturale, mettiamola così.

Sono molto felice dei miei dischi, ma c’è anche una promessa che mi sono fatta: non voglio che i miei dischi siano uno uguale all’altro, questa cosa è stimolante per me in primis.

Ora che cresco come persona la mia rabbia si declina in maniera diversa rispetto ad urlare nel microfono, è molto più riflessiva.

Sono comunque una persona che gestisce la rabbia in una maniera particolare, ma adesso ho imparato a farlo, nonostante viviamo in un periodo storico che ti porta a sentirti spesso impotente, spesso pazzo anche, però anche il modo di scrivere cambia.

Prima era molto un “io” che parla con un “tu” che è un “tu” solo e l’esigenza mia di scrivere era “voglio parlare con quella persona allora scrivo le canzoni altrimenti quella persona non mi ascolta”. Ora cerco di mettermi in gioco molto di più, cerco di parlare di qualcosa che possa riguardare me e anche altre persone.

Queste sono cose che succedono o non succedono.

Ho molti altri interessi, ho una visione diversa, banalmente anche l’aver scoperto che si può avere una relazione che sia allo stesso tempo passionale, viscerale ma non per forza distruttiva. Questo è uno switch fortissimo che poi per forza finirà nella scrittura.

Continuerò a parlare di esperienze che mi toccano in prima persona ed è il motivo per cui spesso evito o parlo di determinati argomenti anche sui miei canali social. Perché di base sono del partito che devi parlare di cose che conosci bene, sia che le hai studiate, sia che le hai vissute, però non voglio essere “generalista”. Ci sono dei temi di attualità che mi toccano ma sarà sempre in modo velato perché per essere universale io credo che tu debba essere particolare. Che cosa resta, che è uno dei miei pezzi che piace di più – ma che non è il mio preferito – effettivamente è riuscito a toccare più persone parlando di cose mie personali.

E sono cose della scrittura che negli anni ho imparato. È un lavoro di costante ricerca.

Nei periodi morti continuo a scrivere, poi penso a quello che mi piace. Poi semplicemente ti prendi cura di te stesso. Proprio una cosa su cui sto ragionando in questo periodo e che poi finirà sicuramente nella scrittura è proprio il tempo che passa. Mi rendo conto che trovo il viso di una donna o di un uomo molto più interessante da una certa età in poi… Ad un certo punto della tua vita cominciano a non esserci i paletti che ti ponevi prima (sono brutta/sono bella, sono all’altezza?), comici a godertela un pochino e trovi pace anche in cose un po’ più piccole.

Uno degli ultimi pezzi che ho scritto parla proprio di questo

Nonostante tutti i casini che ho vissuto, ad oggi mi basta sentire un’ambulanza che passa sotto casa ma sapere che tutti i miei cari stanno bene, sono dove devono essere e sembrano cose a cui a 20 anni neanche ci pensi, poi cresci… Anche la famiglia è un altro dei miei hobby di questo periodo. Riscoprire che i tuoi genitori non sono dei supereroi e averci un rapporto diverso.

Io sono andata via di casa a 18 anni per l’università quindi sono cresciuta presto, ma questa cosa mi ha cambiato tantissimo: cerco di viaggiare tantissimo, di godermi il tempo in casa, mi impongo di non scrivere se non me la sento.
Quando uno inizia a maturare… può succedere presto o tardi, sento che a me sta succedendo adesso.

Giorgia D’Eraclea

È proprio quello che pensavo… ma c’è qualcosa che può averti dato l’input o comunque c’è stato un momento della tua vita in cui hai detto “ok sta cambiando qualcosa”?

È stato quando ho capito che le cose mi stavano andando davvero male e avevo davanti un bivio: o continuare a distruggermi o volermi bene. C’è molto più coraggio nel cercare di volersi bene ed è un percorso davvero difficile, ma penso che quando ho capito questa cosa è stato proprio lo switch. Ho molti amici che si sono persi per i quali sono molto preoccupata, ma per certi punti di vista la loro vita mi affascina perché mi dico che loro si lasciano andare in balia delle proprie emozioni. Allo stesso tempo, per me una delle più grandi conquiste è stata proprio di riuscire a gestire queste emozioni.

E per quanto la mia vita sia più “noiosa”, so che ogni giorno scelgo di stare bene e che ogni giorno potrei ricadere nelle mie vecchie abitudini (non pensare chissà che).

Ho deciso di invecchiare e quindi di non rincorrere più un mito di qualcosa (ovviamente non consciamente), una rincorsa a chi sta peggio. Per quanto sia durissimo è stato uno shock perdere delle persone care perché io non riuscivo più a dargli niente o vedere i miei genitori e chi mi stava attorno veramente preoccupati per me. Non sono ancora a quel punto “ok le supererai”, ma in quel punto in cui bisogna essere onesti con se stessi.

Leggevo che tu scrivi quando sei contenta (o non scrivi quando sei triste).

Solo Che Strano Rumore è stata scritta quando ero davvero molto molto triste! Vivi tanto e vivi tante cose quando stai male, ma io oggi non ho più quella lucidità per scrivere quando sto male, quindi più che altro scrivo quando sono tranquilla. Perché secondo me quando sei in un periodo leggermente più sereno riesci a dire meglio le cose che hai vissuto. Ti concentri di più, come quando litighi con una persona, vale il famoso “conta a 10 prima di parlare”.

Ci tieni molto al contatto umano, quanto credi che nella vita possa aiutare la musica (ma non solo, anche sui social cerchi di mandare buoni messaggi)? Una volta ho chiesto ad alcuni cantanti se la musica ha il ruolo di “educatore” e mi hanno risposto che la musica non deve necessariamente educare, tu come la pensi?

Io sono esattamente di questo partito. È un discorso peraltro molto attuale, è anche uscito questo documentario su Michael Jackson. Credo che non sia richiesto a un artista di essere un esempio morale e non è richiesto neanche che il messaggio sia per forza positivo o per forza giusto. Io non mi drogo perché un musicista mi dice di drogarmi così come non divento una brava persona perché un musicista mi dice di esserlo. Credo che lì stia tanto alla persona, il lavoro che fa su se stessa. Se io ascolto “siamo pieni di droga” de L’officina della camomilla mi diverte, non mi porta a drogarmi. Se mi porta a drogarmi è perché già mi piace farlo.

Quando leggo i commenti sotto Sfera Ebbasta, che non è una roba che ascolto tutti i giorni, penso io sto facendo musica, non sono un educatore.

Poi discorsi più complessi sono “l’artista è la persona?”. Oggi stavo leggendo Alice nel paese delle meraviglie e stavo facendo proprio questo discorso: anche su Carrol ci sono prove molto lampanti, ma qualunque tipo di artista. Allora dovremmo togliere anche Caravaggio perché era un criminale o la metà dei filosofi greci che andavano con i ragazzini… Smooth Criminal non diventa una brutta canzone perché Michael Jackson era un pedofilo (se lo diamo per vero), sicuramente ti crea un dilemma morale tuo, ma solo la persona può decidere se continuare ad ascoltare o meno.

Anche io spesso scrivo cose che poi faccio o mi capita di conoscere artisti e dire ma come è possibile che questa persona abbia scritto canzoni così belle, è semplicemente che ha la capacità di farlo ed è bello che lo faccia.

La musica ti deve dare forza o sfogo, qualunque tipo di emozione, quello è il ruolo della musica.

Non sempre la persona equivale al musicista, in un mondo come quello di oggi in cui sei costantemente sui social. Io ho deciso di usare negli ultimi tempi i social così come sono nati, cercando di non essere un’influencer, cercando di non avere quel tipo di immagine (le cose perfette), perché non mi interessa e mi distoglie dall’idea che devo scrivere canzoni. Poi è normale che l’immagine conta, ma è diverso dall’essere un social media manager, che è un lavoro dignitosissimo, idem essere un’influencer.

Io sono del partito che la Ferragni è stata un genio ma capisco anche chi dice è una cretina. Personalmente mi fa molta tenerezza, la vedo una persona molto gioiosa e non mi dà fastidio vederla: penso che se ti dà fastidio è solo perché ti dà fastidio che lei abbia quel tipo di vita… anche a me piacerebbe avere l’aereo che mi porta a Dubai, non posso farlo e va bene cosi uguale.

Nella comunicazione ho cercato di essere il più sincera possibile.

Sto evitando non nella totalità ma nel particolare di condividere tutta la mia vita, anche se sembra che io lo faccia, ho scelto determinate cose. Mi arrivano messaggi “mi fai vedere la casa nuova?”, la vedrai nel momento in cui mi faccio la foto nella casa nuova ma non vi tengo aggiornati sul trasloco.
Noto che i social delle artiste che seguo io hanno un approccio più simile a questo, anche perché te lo devi sapere gestire. Io quella sono e quella rimango, che poi è anche la filosofia dei dischi fatti fino ad oggi, che erano sinceri.

Per chiuderla, l’artista è artista perché va contro la morale comune, è andato oltre nel bene e nel male. Michael Jackson diamo per vero che era un pedofilo, è anche la persona che ha fatto più beneficienza nella storia.

Io sono d’accordo, ma se io fossi Sfera Ebbasta io mi direi che oggi i ragazzini purtroppo cercano l’idolo non più nel’opera, ma nella vita vera o sui social…

Questo è vero, però io ultimamente ho fatto un post sulla politica, essendo persona particolarmente informata fin da piccola, in un periodo storico come questo mi sento in dovere quantomeno di dire qualcosa. Non faccio mai post perché non credo la politica si faccia su Facebook, ma nello stesso tempo sono stata talmente male… oggi sul treno un ragazzo di colore ha tipo calpestato il piede ad una ragazza (non ho visto quel momento) e lui gli ha chiesto scusa in qualche modo e lei ha iniziato ad urlargli “in italiano!”. Questo ragazzo le ha detto “sono italiano, non devi dirmi così” – per quanto si sentisse che non parlava bene italiano- e questa ha continuato ad urlargli addosso.

Un’amica ha cercato di chiudere la situazione e lei ha urlato contro l’amica “tu non ti devi mettere in mezzo questo è a casa mia”. Si è alzato un altro ragazzo amico della ragazza, è andato a far brutto a lui che si era seduto per i cazzi suoi e cercava di lasciar andare la cosa (ovviamente non si è fatto mettere i piedi in testa), questa ha continuato a toccarlo e a dirgli “tu sei in casa mia non ti devi permettere di minacciarmi”.

Io ero talmente incazzata, ero con un’altra persona sul treno che mi ha detto “Giorgia non ti muovere se no scoppia una rissa”, mi son messa a piangere dalla rabbia mi sono sentita impotente su una situazione del genere.

Io credo che un clima di odio di questo genere possa portare solo cose tremende, io ho paura e adesso per come sono io mi sono sentita in dovere di fare un post. Posso però capire anche un artista che queste cose non le sente, non gliene frega e quindi non ne parla. Credo che chiunque abbia una voce in capitolo è giusto che ne parli, ma di qualunque tipo di argomento che possa fare la differenza, almeno per sentirsi meno soli.

Domanda di chiusura: tour acustico con i tuoi pezzi in una nuova chiave. Qual è quello che ti piace di più o che crea più condivisione con il pubblico?

Non Ballerò, che faccio senza amplificazione, che diventa come l’avevo pensata. Quando l’ho scritto avevo appena visto una puntata di American Horror Story in cui alla fine c’era una sorta di canto gospel che facevano tutti insieme. Sono tornata in camera e me lo sono immaginato molto gospel. Quindi quest’atmosfera in cui tendenzialmente tutti cantano è molto bella perché è una canzone triste, ma non finisce male. Sentirla cantata dalle altre persone mi commuove.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *