Questa non è una classifica di fine anno

Dutch Nazari – Alessandra Faccini

Ce lo chiede l’europa è per me forse il disco che meglio riflette “l’ultima generazione che ha sperimentato la distanza, quando tre mesi di vacanza erano sei mesi di mancanza”. Mentre adesso bene o male si è sempre connessi.

Siamo noi, che non sappiamo più cos’è che ci identifica: non il lavoro, “perché quello cambia ogni sei mesi”, non gli studi che talvolta arriviamo ad odiare, non il Paese in cui siamo nati  e nemmeno la squadra del cuore che alla fine “l’hanno comprata i cinesi”. Siamo noi che vogliamo andare in tutte le direzioni ma che poi all’estero ci “trattano peggio di qua”.

Noi, innamorati ma mai del tutto pronti. Siamo noi, spaventati perché piano piano i trenta si avvicinano e i conti si fanno sempre più rossi. Noi, che ci resta da riflettere sui contrasti e i messaggi che il mondo ci manda. E se anche non li capiamo, basta che qualcuno ce ne ricordi il motivo e allora sì, torniamo a fidarci di questo grande quadro astratto che è la vita. Tranquilla mamma, siamo tutti sulla stessa barca. Parola di Duccio.

Postino – Martina Quagliano

L’artista rivelazione dell’anno, per me, è Postino. Con il suo album d’esordio, Latte di soia, è riuscito a dar voce alle problematiche, ai dubbi ed alle incertezze della nostra generazione con un linguaggio diretto ma allo stesso tempo delicato.

Ha saputo raccontare la tristezza e la malinconia con precisione ma anche con romanticismo, servendosi anche dei suoi studi di medicina per rendere ancor più vive le immagini evocate dai suoi testi (ad esempio, il cuore blu che fa riferimento a problemi di circolazione). Il suo tour ha già toccato le principali città italiane e continuerà nel 2019. Un’occasione da non perdere per un’artista che ci darà parecchie soddisfazioni.

Auroro Borealo – Michela Angioletti

C’ho dovuto pensare molto: quale artista mi ha fatto più compagnia in questo lunghissimo 2018? I nomi erano veramente troppi e io non so mai scegliere. Ma all’improvviso, il genio. Non io, lui: Auroro Borealo, ex Il culo di Mario che nel 2017 esordiva con “Singoloni” e quest’anno mi conquistava definitivamente con “Sappi che ti ho sempre voluto bene”. Cover assurde, sonorità al limite del trash, voce sguaiata, poi le sue magliette brutte e la sua insana passione per lo stage diving. Tutto questo opportunamente fastidioso e fantastico.

Ecco, io scelgo Auroro che sulle note di “A chi mi dice” mi fa pensare che forse la mia adolescenza non è stata così male, e con “Trentenni pelati” mi ricorda che quel periodo è passato da molto tempo.

Il tutto stonando felicemente.

La Rappresentante di Lista – Sofia Levorato

Una mattina di dicembre, una mia cara amica mi manda un messaggio: “Fai parte di un movimento sotterraneo”. In allegato, c’era il video di “Questo corpo”, l’ultimo singolo della Rappresentante di Lista. Il 2018 è stato per me un anno irrequieto, fatto di scontri e ricerca ostinata. La complessità del mondo femminile, il rapporto con il proprio corpo, la ribellione e la perdita: sono tutti temi che ritenevo personali, e che, con piacevole stupore, ho ritrovato in Go Go Diva.

Nel loro terzo Album in studio, Dario e Veronica sono riusciti a comunicare perfettamente un messaggio ambizioso e quanto mai attuale, attraverso la loro musica trasversale e visionaria. Singoli come Maledetta tenerezza, Giovane Femmina e Woow sono la dimostrazione che la Band ha conservato un livello musicale alto e sperimentale, accompagnato da testi suggestivi e ricercati.

La Rappresentate di Lista ha dato prova di non aver paura di mettersi a nudo, regalandoci uno dei migliori album italiani dell’Anno. A dimostrazione che le risposte che arrivano tardi, spesso, sono le più incisive e rivelanti.

TeduaAlice Govoni

Parlando di album e di 2018 è impossibile non citare quello che ritengo sia uno dei migliori rapper italiani: Tedua. Il 2 marzo esce “Mowgli”, un album al quale sono affezionata non solo per motivi personali, ma anche perché rappresenta una svolta importante nella carriera dell’artista.

Canzoni legate da un filo rosso: la giungla, l’habitat con il quale Tedua si ritrova a fare i conti sin dall’infanzia. Per chi conosce la sua storia è difficile non lasciarsi abbandonare al sentimentalismo più puro ascoltando pezzi come “Vertigini”, “Acqua (Malpensandoti)”, o empatizzare con le più effervescenti “La legge del più forte” o “Fashion week”.

Insomma, un disco carico di pathos, adatto a qualunque stato d’animo l’ascoltatore si trovi.

Copertina a cura di Matteo Bresaola di Dischirotti.

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