Buonanotte: l’album e i dolori di un giovane Gigante

Premo play e… bentornati anni ’70! Si tratta di Buonanotte: il nuovo album di Gigante, Ronny Gigante, che esce oggi per la Carosello Records.

Quest’album è stato preceduto dal suo primo album Himalaya nel 2018 che, a differenza del nuovo progetto, era auto-prodotto. Ascoltare i brani di Buonanotte significa essere catapultati in un tempo passato, di circa 40-50 anni, ma che riesce comunque a mantenere un collegamento ben saldo con i suoni e le armonie del presente.

Al suo interno troverete nove tracce, due delle quali completamente strumentali: la prima è Lontra che si propone di trasportare l’ascoltatore dalle melodie del primo album verso il contenuti del secondo. Da un inizio quasi psichedelico, entrano in modo prepotente le melodie degli anni passati. Il secondo invece è Cous Cous: ho sperato fino all’ultimo in una parodia dello Sku Sku trappese, ma niente. Mi sono goduta invece una base ritmica che presenta ritmi decisamente movimentati che si contrappongono a sprazzi di tranquillità, probabilmente per riprendersi durante un live nel quale credo che renda benissimo.

I brani restanti sono eterogenei dal punto di vista dei temi trattati: Gigante ci confida i momenti di un amore che sta finendo in Gomma Americana e La felicità a che ora arriva?… che se te lo chiedi forse questo amore è già finito da un po’ caro Gigante. Ti abbraccio forte – metaforicamente parlando, con sto virus in giro meglio non rischiare-.

Gomma Americana conquista già i primi secondi con il suo motivetto incalzante e nel resto del tempo riesce a mantenere dei movimenti avvincenti sui cui fare una piccola danzetta e i più timidi si accontenteranno di far oscillare la testa, ma è impossibile non tenere il tempo durante questo brano. La felicità a che ora arriva? invece ci fa ascoltare note dal retrogusto di rassegnazione piuttosto evidente, influenzando sia parole che melodia.

Copertina Buonanotte

Rettile mi ha colpito perché tratta un tema poco discusso in campo musicale, ovvero la disabilità. Lo fa senza giri di parole, senza edulcorare nessun concetto, fa un po’ male ascoltarla. Quindi credo che il messaggio che Gigante volesse trasmettere sia andato perfettamente a segno, purtroppo.

Tu che cadi ad ogni passo con le tue gambe di metallo e quella ruggine alle labbra che ti mordevi nell’oscurità, non esci mai dalla tua testa no, nemmeno un po’.
Torni a casa nella notte come se fossi un rettile in città con le tue mani tra i capelli per pettinare i tuoi pensieri, non esci mai dalla tua testa, no, nemmeno un po’.

Procedendo con le tracce, ascoltiamo Vene – che insieme agli ultimi due brani citati ha anticipato l’uscita di Buonanotte-, un brano che definirei cattivo. Cattiveria trasmessa più dalla chitarra elettrica e dalla ritmica che dal testo, che comunque non ci va leggero. Parla dell’affacciarsi al futuro e al viaggio verso nuove città, in un’ottica tutt’altro che ottimistica.
Una cattiveria più passivo aggressiva giunge con Il mare come sta?

Tua madre come sta? Ti cerca da sei mesi e non le importa se dicono che sei morto

Diciamo che Gigante quando non ha più contatti con qualche suo amico la prende bene.

Arrivano però Tempesta e Caucciù – che non è uno starnuto ma un materiale idrocarburico polimerico– a ridonarci la speranza verso il futuro che i suoi brani precedenti ci avevano strappato dal cuore a mani nude. Tra un ballo in un bosco che, ammettiamolo, sarebbe una figata e i versi

Se una tempesta ci avrà saremo crepati al suolo, ma poi più uniti, più forti ci risveglieremo, davvero.

Un po’ di fiducia nell’umanità riusciamo a riacquistarla, forse.

Ora la parte critica, che spiace sempre un po’ esporre, ma non riuscirei comunque a farla tacere dentro di me. Ritengo che Gigante sia riuscito a ritagliarsi un posto nel panorama della musica italiana costruendosi ad hoc uno stile che non era ancora emerso, grazie soprattutto alla sua creatività musicale. C’è da dire però, che l’originalità che lo contraddistingue non emerge anche come originalità tra un brano e l’altro. Il filo rosso che scorre tra le tracce ha preso il sopravvento raggiungendo lo spessore di una fune da caravella. Quindi l’album lo definirei senz’altro particolare e interessante, ma mi porta a un entusiasmo limitato e non brilla come potrebbe. Sono sicura però che col tempo Gigante mi sorprenderà anche sotto questo punto di vista.

Ascolta qui il secondo disco di Gigante

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